Fiocco azzurro a Scienze Sociali: il Museo Antropologico Multimediale è realtà

La Federico II arricchisce di un prezioso gioiello la propria offerta museale online. Ha preso definitivamente forma il Museo Antropologico Multimediale (www.mamunina.it), la creatura virtuale nata dalle mani del prof. Alberto Baldi, docente di Antropologia, e dal suo team di giovani interamente formati nel contesto federiciano. L’obiettivo, ambizioso, è stato raggiunto: dare nuova linfa al patrimonio audiovisivo di beni demo-etno-antropologici dell’Italia centro-meridionale e di aree del Mediterraneo già custodito dal Dipartimento di Scienze sociali, e rimpinguarlo di altri interessanti documenti tutti da scoprire. “Si spazia dalla storia dell’antropologia, con focus sugli esordi del ’700 e dell’800, a settori classici come la dimensione magico-religiosa, la religiosità popolare; senza dimenticare il teatro di animazione popolare meridionale nato a Napoli nel ’700, per il quale ho speso dieci anni di ricerca. Dal passato si arriva quindi alla contemporaneità, rispetto alla quale abbiamo toccato temi contingenti e drammatici come i flussi migratori, sempre analizzati e interpretati attraverso una comunicazione audiovisiva”, racconta entusiasta Baldi. Dunque nove vetrine: nove macrosezioni figlie di passione e metodo certosino che eccitano la curiosità dell’utente e gli schiudono le porte di un patrimonio iconografico smisurato. Il tutto rispondente ad una chiara esigenza di fondo: “la fonte primigenia dell’antropologia è il visus, la visualità”. Ragion per cui il museo interattivo “non si esaurisce nel sito, dove le vetrine sono solo la punta dell’iceberg. Il visitatore è chiamato ad andare oltre, finanche a contattarci, per approfondire le proprie conoscenze attingendo all’enorme serbatoio di cui disponiamo”. Ma già immergendosi nei colori vivi della piattaforma progettata da Giovanni Spanò, ancor più accattivante nella versione per smartphone, si incontrano immagini che letteralmente parlano e rispondono, perché, cliccandoci, “possono essere interrogate”. In più, a testimonianza del rigore scientifico sotteso al lavoro svolto, a disposizione per ogni ingresso un testo introduttivo, una cospicua bibliografia e (deliziosa chicca) dei veri e propri documentari che “abbiamo ideato per alleggerire l’utente e catturarne l’attenzione. La comprensione deve essere dinamica”, ancora il docente. Insomma, un’offerta profonda che rende merito al lavoro svolto nell’arco di anni. Già, perché il M.A.M. non nasce oggi: “abbiamo faticato sottotraccia per molto tempo – spiega il docente, direttore del Museo ormai dal 2016 – dovevamo organizzare il materiale preesistente ereditato dalle teche che afferivano al Centro dipartimentale di ricerca audiovisiva, successivamente chiuso. Per non perdere il lavoro fatto da me e altri e per dare continuità, con il rettorato, il Direttore Generale dott. Francesco Bello e il prof. Raffaello Mazzacane ci siamo rimboccati le maniche per realizzare questo sbocco multimediale. Ci tengo anche a sottolineare che l’intero progetto è stato portato avanti da nostri laureati Triennali, Magistrali e Dottori di ricerca. Abbiamo cercato le competenze sempre all’interno dell’Ateneo, anche per dar modo ai giovani di professionalizzarsi”.
Le vetrine del M.A.M.
Esplorando il sito, lungo una linea orizzontale si presentano subito le sezioni tematiche, che al loro interno dispongono di un ulteriore menù utile a richiamare contenuti più specifici. Si parte con due aree intimamente legate tra loro, “Stampe sacre e santini” e “Edicole in ceramica”, entrambe curate dalla dott.ssa Domenica Borriello, che indagano l’origine e il rapporto di devozione nei confronti del sacro, con tutte le sfumature antropologiche del caso. Particolarmente evocativa poi è “Teatro d’animazione”, la vetrina opera dello stesso Baldi che recupera la tradizione dei pupi e le successive evoluzioni in guarattelle prima e burattini poi. “Napoli ne è l’origine – ci tiene a precisare il docente – anche se generalmente si crede che tale espressione artistica appartenga alla Sicilia, che è solo stata più brava a tramandarla alle generazioni successive”. Di grande impatto, nella sezione, le animazioni in 3D, che “servono a sopperire alla mancanza di pubblico e a replicare lo sguardo attonito di chi allora vi assisteva. Proprio per questo abbiamo immaginato un sipario che lentamente si alza e poco alla volta plana in un deserto entrando nell’accampamento dei pupi”. Spazio anche al tema del “Mare” nel suo incontro con l’uomo, curato ancora da Baldi e dalla dott.ssa Valentina Calabria, all’“Antropologia dell’est”, a firma della dott.ssa Tamara Mykhaylyak con “il ricco e articolato folklore delle molte genti della Russia da un lato e dall’altro lo stigma razziale”. Per giungere poi alle sezioni che si stringono attorno alla contingenza, pur gettando sempre un occhio alle spalle: “Identità migranti” della dott.ssa Milena Greco, dove il focus è sul “successo dei percorsi e dei progetti migratori, considerando le dimensioni dell’abitare, del tempo libero, della tecnologia e l’acquisizione di ruoli professionali”, si legge su mamunina.it; “Foto di Famiglia” ancora a firma del docente responsabile e “Fotoreportage” della dott.ssa Paola Pisano, una raccolta di scatti ottenuta in giro per il mondo e spalmati lungo un ampio lasso di tempo, che vuole immortalare la quotidianità nelle sue accezioni più disparate. Dulcis in fundo, verso il tratto finale del M.A.M, “Lezioni e Documentari”, che “accoglie i trailer di lezioni, lectio magistralis, testimonianze e documentari su tematiche innanzitutto demo-etno-antropologiche le cui versioni integrali sono custodite nelle teche della struttura”. Vera ciliegina sulla torta della vetrina (sempre a cura Baldi) una lezione inedita di Amalia Signorelli, antropologa formatasi sotto l’egida di Ernesto De Martino, che partecipò “alla famosa spedizione nel Salento, in cui s’indagò l’origine del tarantismo pugliese”, racconta con partecipazione Baldi, che conclude svelando un aneddoto sulla compianta accademica: “ho dovuto faticare a lungo per convincerla a registrare la lezione, che ora è materiale del museo. Era schiva, ma un bel giorno entrò nella mia stanza e acconsentì. Così in fretta e furia mettemmo su tutto l’apparato utile per catturare questo gioiello (che termina con una sorpresa)”.
Claudio Tranchino
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