Formazione e strutture per la didattica interattiva: la lettera a Babbo Natale del prof. Catalanotti

Formazione per i docenti e spazi per una didattica interattiva sono i primi due punti della letterina a Babbo Natale che avrà come mittente Bruno Catalanotti. Ricercatore di Chimica farmaceutica, materia che insegna a Biotecnologie del Farmaco, e membro del Senato Accademico, si sta impegnando nell’attuazione e nella promozione di una didattica interattiva che affianchi alla lezione frontale tradizionale esercitazioni al computer su programmi che consentono di vedere in 3D le molecole studiate e di esercitarsi, in aula e a casa, connettendosi ad una macchina virtuale targata Microsoft. Didattica interattiva. Perché? “Il problema era: come faccio a semplificare il corso e a dare un’idea generale della materia? Negli anni ho apportato modifiche per cercare di dare di più. Ci troviamo di fronte alla necessità di fare corsi che siano proporzionati ai crediti erogati. Un insegnamento come quello di Biotecnologie farmaceutiche avrebbe bisogno del doppio dei crediti attuali (6 CFU) per poter essere trattato in maniera tradizionale. Non è possibile. Credo fermamente che noi dobbiamo imparare a usare i crediti in maniera corretta. Non mi piace come sistema, ma esiste, e bisogna adeguarsi, soprattutto adesso che gli studenti sono chiamati a pagare le tasse in funzione dei crediti”. Come si sviluppa il corso? “L’obiettivo è dare delle chiavi di lettura. Una prima parte è su aspetti di carattere generale, erogati in maniera classica. Per lo studio dei farmaci veri e propri cerco di far ragionare gli studenti direttamente sulle strutture. L’idea è di essere il più interattivi possibili. Il processo di apprendimento viene rovesciato. Non è più fruizione passiva da parte dello studente, ma passa per una collaborazione attiva. Gli studenti sono partecipi, in classe ho l’80% di presenze”. Utilizzando spesso il laboratorio informatico. “Ho bisogno dei computer. Inoltre, vorrei che il lavoro a casa fosse dello stesso tipo di quello svolto in aula. Negli anni precedenti ho fatto scaricare un programma gratuito. Da quest’anno, con il programma completo ci sono più funzioni e posso monitorare a distanza quello che fanno”. Di che programma si tratta? “Ho approfittato di un’occasione: l’Ateneo sta facendo una sperimentazione con Microsoft per lo sfruttamento di macchine virtuali per fini didattici e di ricerca. Abbiamo creato una macchina virtuale (attraverso Microsoft Azure, la piattaforma che offre servizi di cloud computing) adatta a far funzionare i programmi che ci servono. A ogni studente è stata assegnata una macchina. Qualsiasi computer utilizzano possono collegarsi a essa e lavorare. In linea teorica, possono usare anche tablet e cellulari, ma i programmi che utilizzo necessitano dell’uso del mouse”. Gli studenti sembrano soddisfatti di questa nuova modalità di lezione. Lei lo è? “L’anno scorso non sono stato molto contento, ma era il primo anno. Sto promuovendo questa modalità di lezione in maniera graduale. Sto facendo la stessa cosa in maniera più radicale in un corso a scelta di Chimica dei recettori a Biotecnologie per la salute. L’anno scorso ho avuto solo cinque studenti. I risultati sono stati spettacolari. I ragazzi hanno capito bene, lavorando con i propri computer da casa perché non adottavamo ancora la macchina virtuale. Hanno compreso ampiamente il funzionamento dei recettori”. Cosa la spinge al cambiamento? “Vedo una grandissima difficoltà di comunicazione. Io avevo un’ora di tv al giorno. Ora, in qualsiasi momento, si è in grado di vedere qualsiasi cosa in ogni momento. Gli studenti sono cresciuti in un sistema con dei processi di apprendimento diversi dai nostri. A noi tocca intercettarli”. In cosa si può migliorare? “Se avessi un aiuto da esperti sarebbe l’ideale. Vado avanti per intuizioni, ma non ho mai studiato pedagogia o metodologie di insegnamento. C’è l’attenzione dell’Ateneo alla questione. Per me ci sarebbero delle soluzioni. Alcune riguardano la formazione, su base volontaria, dei docenti. Si potrebbero sfruttare anche esperienze ben consolidate come l’Apple Academy. Si parla molto della didattica che si tiene lì, dove hanno creato delle aule apposite per una didattica di tipo interattivo. Ovviamente c’è un docente che fa da tutor. Avere un supporto in aula non sarebbe male perché seguire cinque studenti è un conto, seguirne trenta è un altro. Altro aspetto fondamentale riguarda le strutture. Nei poli universitari servono dei luoghi dove poter fare una didattica del genere. Formazione per i docenti e strutture adeguate per la didattica interattiva: questa è la letterina per Babbo Natale”.
Ciro Baldini
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