Gabriella e Claudia raccontano un anno a Kobe

Vivere per un anno in Giappone e praticarne la lingua studiando presso un prestigioso Ateneo: è l’esperienza che accomuna Gabriella Buonpane e Claudia Puorto, rispettivamente 27 e 24 anni. Entrambe hanno conseguito da poco meno di un mese la Laurea Magistrale in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa come naturale prosieguo della Triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, conseguita anch’essa presso L’Orientale, e raccontano i dettagli dell’anno trascorso a Kobe, sullo sfondo di nitidi ricordi e un pizzico di nostalgia. 
In che modo sono organizzati gli studi in Giappone?
Claudia: “In due semestri, durante i quali viene chiesto di seguire un determinato numero di lezioni e superarne gli esami per acquisire i crediti necessari al conseguimento della laurea. Prima di iniziare a seguire i corsi veri e propri lo studente può partecipare a lezioni introduttive per valutare se prendere o meno parte alla classe”.
Gabriella: “Durante un semestre, vengono svolte varie presentazioni in classe da parte degli studenti che andranno a formare il voto finale dell’intero corso, insieme alla percentuale di presenze in classe e alla valutazione di un report finale, presentato in forma scritta a fine corso. Durante tutto l’anno vi è anche la possibilità di partecipare ad attività extra-scolastiche sia sportive che artistiche. Si tratta dei famosi ‘club’ giapponesi”. 
Com’è la vita universitaria a Kobe?
Claudia: “Quest’esperienza permette di frequentare gli stessi corsi che seguono gli studenti giapponesi e di sperimentare in prima persona il sistema universitario locale. Ciò non significa che non vi sia un ambiente multiculturale, anzi l’Università di Kobe offre anche dei programmi specifici per stranieri, e il numero di studenti provenienti da tutto il mondo è elevatissimo. Bisogna mettersi in gioco completamente, ma la soddisfazione al termine dell’avventura è impagabile”.
Gabriella: “Sono stata la prima a prendere parte a questo progetto, perciò non sono mancati problemi e piccole incomprensioni iniziali. Ammetto che l’impatto è stato piuttosto brusco, soprattutto perché il mio livello linguistico non mi permetteva di comunicare al 100 per cento con l’amministrazione e i docenti. Dopo essermi ambientata, però, le cose sono decisamente cambiate”. 
E cosa accade al di fuori dell’orario accademico?
Claudia: “Di questo soggiorno porto con me un bagaglio di esperienze notevole in fatto di amicizie, viaggi e crescita personale. Inoltre, si ha tutto l’appoggio e l’aiuto necessari. Le Università giapponesi cercano anche di organizzare dei gruppi di studenti locali, i ‘tutor’, che seguono i ragazzi stranieri in tutti i passaggi burocratici e, in caso di emergenza, li aiutano a sistemarsi”.
Gabriella: “Le classi di Master sono composte da circa 10-15 studenti, quindi ci si conosce un po’ tutti e capita anche di andare ad alcune cene fuori con studenti e docenti. In Giappone è molto comune che i propri superiori offrano cene o drink a colleghi e studenti. Oltre alle attività didattiche, avere la possibilità di vivere in un dormitorio studentesco e svolgere attività in un Campus è stata davvero una bellissima esperienza”. 
Come è attrezzato il Campus?
Gabriella: “La Kobe University comprende 4 campus principali, spostarsi da uno all’altro è come attraversare una piccola città in miniatura. All’interno del complesso vi sono anche varie mense e negozi, nonché aule studio, palestre e laboratori. Le lezioni si svolgono talvolta fino alle 18.50, non è raro usufruire della mensa. Lì ho sempre trovato una vasta scelta di cibi a prezzi davvero convenienti. Ho partecipato ad un club scolastico, quello di volleyball, ed ho verificato che anche le palestre sono tutte tenute benissimo”. 
Quanti esami avete sostenuto lì? E cosa cambia nel metodo di insegnamento?
Claudia: “Per completare il programma bisogna sostenere almeno 10 esami. Il numero non deve spaventare, perché il rapporto tra crediti giapponesi e italiani è di 1:2. In pratica, dodici esami giapponesi equivalgono a sei italiani. Ho cercato di seguire quanti più corsi possibile in giapponese, limitando quelli in inglese che comunque sono disponibili”.
Gabriella: “Il metodo di insegnamento è seminariale, in classe si ha sempre la possibilità di ascoltare le opinioni degli altri studenti riguardo un topic scelto per la lezione. Grazie a uno scambio di idee e informazioni, basati su più punti di vista, si riesce ad ottenere una visione più ampia su un dato argomento e a riflettere su aspetti che magari non sarebbero venuti fuori da un’analisi personale. È un lavoro di interscambio di opinioni, approfondimenti e ricerche che ho trovato davvero molto efficace”. 
Cosa colpisce di più della vita in Giappone? 
Claudia: “L’impatto iniziale può destare alcune preoccupazioni. Un esempio riguarda la difficoltà dei giapponesi nel conversare in inglese al di fuori dei più importanti siti turistici. Anche se inizialmente l’insicurezza data dal parlare per la prima volta la lingua locale può prendere il sopravvento, trovo che ci voglia davvero poco ad ambientarsi. Forse ciò dipende anche dall’estrema disponibilità che in genere il popolo giapponese dimostra. In particolare, ho notato che apprezzano molto gli studenti stranieri che parlano la loro lingua e perdonano qualsiasi tipo di errore grammaticale”. 
Gabriella: “Conoscevo già il Giappone prima di questa esperienza, quindi a livello pratico non ho avuto sorprese. Un Paese straordinariamente ordinato, pulito e immediato. Anche il vivere da soli non si rivela problematico. Nei supermercati e nei convenience store aperti h24 si trova tutto ciò che serve. Il costo di una cena fuori e dei divertimenti è moderatamente basso. Non si avranno mai problemi di spostamento: treni, metro e pullman sono estremamente diffusi e super precisi”.
Quali sono gli step necessari per la procedura di tesi?
Claudia: “Lo studente sceglie l’argomento prima di partire e la tesi può essere redatta in lingua giapponese o inglese. In Giappone si tende a lavorare in gruppo. Sin dall’inizio dell’anno accademico, infatti, ogni settimana vi è una specifica lezione chiamata ‘research guidance seminar’, durante la quale si riuniscono intorno a un grande tavolo il docente e tutti i suoi tesisti. Ognuno presenta il proprio tema, i propri obiettivi e chiede importanti consigli a tutti i presenti”.
Gabriella: “La discussione della test avviene proprio durante uno degli appuntamenti del seminario collettivo, tra gennaio e febbraio, mentre la cerimonia di proclamazione si svolge verso fine marzo”. 
Una particolare cerimonia di laurea…
Claudia: “La cerimonia è unica e organizzata in una sola giornata per tutti gli studenti dell’Ateneo, indipendentemente dalla Facoltà di appartenenza. E si tiene in un palazzetto dello sport allestito per l’occasione. È piuttosto solenne, con migliaia di persone presenti, tra laureati e parenti o amici. Solitamente i ragazzi indossano un vestito elegante, mentre le ragazze possono decidere di indossare un abito, che si indossa solo per la laurea, chiamato ‘hakama’, insieme a un kimono. Presso l’Università si possono trovare degli stand nei quali è possibile prenotarlo o prenderlo a noleggio”.
Gabriella: “Anche io ho indossato l’abito tradizionale giapponese. Il servizio di noleggio degli abiti da cerimonia prevede anche la ‘vestizione’ vera e propria e la possibilità di farsi acconciare i capelli in loco. L’agenzia aveva fittato un intero piano di un hotel adiacente l’edificio in cui si svolgeva la cerimonia e ha provveduto a preparare tutti grazie al numeroso staff. La cerimonia effettiva dura poco più di un’oretta. Dopo i discorsi, le particolari premiazioni per merito e l’intonazione dell’inno universitario, gli studenti sono liberi di andare a festeggiare con amici e parenti e possono ritirare il diploma di laurea”. 
Cosa farete adesso? In quale ambito vorreste specializzarvi?
Claudia: “Vorrei specializzarmi nell’ambito aziendale, magari lavorando per un’azienda giapponese o per una italiana che abbia contatti con il Giappone. Sono poi molto affascinata anche da ambasciate, consolati e organizzazioni internazionali. Ho già avuto la possibilità di svolgere un tirocinio presso un Consolato, il che mi ha permesso di coniugare la passione per le lingue con gli studi di Scienze Politiche. Spero senza dubbio di riuscire a tornare in Giappone, stavolta per lavoro”.
Gabriella: “Sono stata selezionata per uno stage in Olanda presso una start up locale e mi piacerebbe provare a lavorare in un ambiente nuovo e dinamico. Ho da poco terminato uno stage a Tokyo presso la Mitsubishi Fuso, nel settore di Marketing e Comunicazione per attività di Training. Sono sempre molto aperta a nuove opportunità per migliorare. Ma in Giappone ci tornerò sicuramente, ho molti amici sul posto ed è un Paese eccezionale dove vivere”.
- Advertisement -




Articoli Correlati