Giurisprudenza si mobilita e insorge anche per la riforma dell’accesso all’avvocatura

Giurisprudenza si mobilita. Martedì 28 ottobre circa 500 studenti hanno dato vita ad un dibattito forte, ma dai toni pacati, sul decreto Gelmini, archiviati gli episodi che hanno generato gli scontri il giorno precedente tra studenti del movimento e quelli di destra. 
La Facoltà sembra divisa in due. Se al primo piano del Palazzo di Vetro in via Porta di Massa si svolge l’assemblea di studenti, ricercatori e qualche docente, dal secondo piano in su tutto sembra tranquillo e le aule studio e i dipartimenti sembrano funzionare come in un giorno qualunque. Ma un giorno normale non è. Al piano terra, raccolgono firme contro il decreto, si distribuiscono volantini informativi che sintetizzano i motivi di tanta resistenza. Oltre ai tagli previsti per tutti gli Atenei, gli studenti si concentrano sulla recente proposta di riforma al sistema di accesso all’avvocatura: l’obbligatorietà della scuola di specializzazione post-laurea a numero chiuso, la limitazione all’accesso per l’esame di abilitazione alla professione; un numero massimo di tre tentativi oltre i quali viene preclusa la possibilità di accedere alla professione; il limite di età per sostenere l’esame fissato ai 50 anni quando attualmente non è previsto alcun limite. “E’ inammissibile – spiega Carla prima che l’assemblea abbia inizio – che in uno stato democratico non si possa decidere liberamente del proprio futuro. Vuoi fare l’avvocato? Allora oltre alle conoscenze giuste devi avere anche risorse monetarie. Si sta andando verso un’università per pochi, per i pochi che se la possano permettere”. Nell’aula gremita, come primo input, non poteva mancare un breve cenno agli scontri verificatisi il giorno prima. “Quello che è successo – spiega Claudia, portavoce della protesta – è frutto di provocazioni da parte di alcuni gruppi studenteschi di estrema destra che hanno ostacolato il nostro diritto ad avere un’assemblea democratica e pacifica come quella di oggi. Un episodio che non può assolutamente oscurare e denigrare il lavoro fin qui svolto”. Poi il via agli interventi. “Il decreto Gelmini – illustra Roberto leggendo alcuni frammenti della riforma – comporterà un drastico taglio di fondi e il blocco delle nuove assunzioni (una sola assunzione ogni cinque pensionamenti nei prossimi tre anni)”. Mario, ricercatore universitario: “il mondo della ricerca è in forte crisi tanto da incentivare sempre di più la fuga dei cervelli all’estero. Siamo bistrattati dalle università, snobbati dalle istituzioni, mentre il nostro è un lavoro rilevante e di peso, senza la ricerca andiamo tutti a casa ed il mondo non ha possibilità di evolversi. Il futuro del paese è nelle nostre mani, non ci faremo tarpare le ali attraverso contratti precari e frammenti di stabilità. Siamo in tanti, l’università si regge sul nostro lavoro e su quello di molti altri precari”. Roberta sottolinea: “no alle università come Fondazioni private, perché in questo modo aumenteranno le tasse universitarie e vi sarà una maggiore ingerenza di finanziatori privati; le aziende alla fine chiederanno la loro parte in tema di didattica e ricerca. Abbiamo paura non solo per il nostro futuro ma anche per quello dei nostri fratelli, la lotta passa attraverso il presente e il passato”. Alcuni fischi e qualche scaramuccia verbale quando alcuni ragazzi appartenenti al Blocco studentesco di destra hanno distribuito volantini all’interno dell’aula. I volantini sono stati ritirati e la polemica è rientrata. Antonio Mollo, rappresentante del Blocco, dice “la protesta non deve avere colore politico ma un fronte unico verso cui muoversi all’unisono. Destra e sinistra si devono unire come accadde a Valle Giulia nel ’68, i nostri diritti devono avvalersi di entrambe le forze politiche”. 
Intervento acclamato quello del prof. Carlo Amirante, ordinario di Diritto Costituzionale: “l’università ha subito molte modifiche a seconda dei governi che si sono succeduti, passando dalla riforma Zecchino del 3+2 alla riforma Moratti. Sono qui per i precari e per gli studenti, abbandonata l’idea del posto fisso non rimane nemmeno più quella di un contratto a tempo indeterminato. Sono con i ricercatori e i loro contratti frammentari, con le nuove leve che cercano invano di farsi spazio e, perché no, io sono qui anche per i miei figli che hanno difficoltà a trovare posto nel mondo del lavoro. Le aziende cercano persone specializzate in nuovi settori, ma senza fondi come si fa a dar vita alla specializzazione? Fermare la ricerca vuol dire anche fermare l’economia del nostro paese”. 
“Non bloccheremo le attività didattiche – spiega Bruno – ma la nostra voce dovrà sentirsi. Parteciperemo alle varie manifestazioni ed assemblee che sono previste nel mese di novembre. Stiamo preparando un progetto di riforma che ci permetterà di salvaguardare il nostro futuro ed è per questo che siamo pronti a lottare mantenendo fede ai principi di eguaglianza e libertà sanciti dalla nostra Costituzione”.
Il 5 novembre, mentre andiamo in stampa, sono previste lezioni all’aperto in Piazza San Domenico Maggiore tenute dai professori Cavaliere e Moccia di Diritto Penale e De Sena per Diritto Internazionale.
Susy Lubrano
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