Idee imprenditoriali originali, tecnologicamente e contenutisticamente valide, volte ad apportare un significativo beneficio all’utenza di riferimento. I partecipanti a Start Cup Campania 2020 hanno dato il meglio di sé. Ecco alcuni dei progetti imprenditoriali premiati. EHPO (Energy Harvester Power Optmizer) è il progetto vincitore della competizione, premiato con una somma di 5mila euro. Il capogruppo è il prof. Alessandro Lo Schiavo, docente di Elettronica dell’Università Vanvitelli. “Insieme a me – precisa – un collega di Elettrotecnica, un assegnista di ricerca e un economista che si occupa di consulenza e marketing”. Il progetto nasce proprio dall’attività di ricerca condotta presso l’Ateneo e ha beneficiato anche delle “nostre collaborazioni scientifiche con Virginia Tech, importante Politecnico degli Stati Uniti, e Hitachi Rail”. L’idea imprenditoriale alla base di EHPO riguarda l’alimentazione dei dispositivi utilizzati per l’IOT, l’Internet of Things, che sono sempre più diffusi, ad esempio, nel monitoraggio industriale, nei trasporti ferroviari o nelle applicazioni per le smart cities. “Come tutti i dispositivi elettronici, hanno bisogno di alimentazione per funzionare – prosegue il prof. Lo Schiavo – La soluzione più utilizzata è quella delle batterie, con due problematiche, una relativa ai costi di manutenzione poiché vanno periodicamente sostituite, l’altra all’impatto ambientale per lo smaltimento”. Per alimentare questi dispositivi in maniera alternativa, più sostenibile e a costi più bassi, si possono utilizzare i sistemi di energy harvesting che recuperano energia dall’ambiente, ad esempio, dalle vibrazioni dei treni, da piccole fonti di luce o dal vento. “Questi sistemi possono sostituire le batterie, però sono in grado di generare poca potenza. Il nostro progetto è relativo, quindi, alla creazione di un sistema elettronico in grado di aumentare l’estrazione di energia dai sistemi di energy harvesting affinché possano alimentare dispositivi più potenti e si possa ridurre il numero di harvester per i dispositivi che li impiegano già”. Un prototipo è stato già realizzato: “abbiamo sottomesso la domanda di brevetto internazionale e ricevuto anche il primo report da parte dell’Ufficio Brevetti Europeo che ha espresso il massimo giudizio positivo”. Braille Cube, sviluppato da un gruppo de L’Orientale in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, è il vincitore di un premio speciale da 1.500 euro per l’innovazione culturale e sociale ed è stato valutato come miglior progetto d’impresa sviluppato nell’area delle discipline umanistiche. La capogruppo è Marta Maria Sommella, dottoranda del 33esimo ciclo presso il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati. Con lei, la prof.ssa Fabiana Sciarelli, l’ing. Luigi Abruzzese, socio della 081Lab, e gli studenti Andrea, Oumaima e Luigi che parteciperanno alla fase di testing. “L’idea di partenza era differente da quella presentata a Start Cup – precisa Marta – Volevo, infatti, realizzare un audiolibro ad energia solare per non vedenti e ipovedenti. Il mercato di riferimento sarebbe stato quello relativo a paesi svantaggiati che non possono beneficiare delle moderne tecnologie e dove manca anche l’energia elettrica”. Dopo una serie di confronti, il gruppo è arrivato a Braille Cube, “un dispositivo che vuole facilitare l’apprendimento del Braille, il sistema di lettura e scrittura tattile a rilievo, per non vedenti e ipovedenti. Sarà dotato di un software in grado di utilizzare le tecnologie di machine learning in modo che gli utenti possano beneficiare di un percorso di apprendimento personalizzato del braille”. Braille Cube andrà posizionato sulla punta dell’indice della mano destra, “replicherà i singoli caratteri in braille in modo da sviluppare o affinare la capacità tattile del soggetto. Il processo di apprendimento è gestito da un algoritmo capace di adeguare la strategia di insegnamento in base all’effettiva risposta dell’utente nel tempo”. Il primo prototipo è in fase di progettazione e verrà testato presso l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Il campo di studi di Marta è, in realtà, tutt’altro: “Sono una dottoranda del prof. Alberto Manco e, un giorno, durante un esame scritto di Linguistica Generale, mi è capitato di osservare una studentessa non vedente. Ho cominciato a pensare a tutti i problemi che, nel quotidiano, affrontano non vedenti e ipovedenti, ma anche persone con altre difficoltà”. A questo punto “ho iniziato a studiare per approfondire la questione. Pensiamo anche alla situazione che queste persone hanno dovuto gestire durante la pandemia. In questi mesi ho sentito spesso dire nei discorsi pubblici ‘Nessuno resterà indietro’. Ed è questo il nostro obiettivo”. SWeeP (SeaWeed Polisher) è il progetto, con capogruppo Giorgia Salsano, vincitore di un premio del valore di 500 euro destinato ad un gruppo composto da soli studenti. Il team arriva dall’Università di Salerno, quattro studenti di Ingegneria Gestionale e tre di Ingegneria Meccanica. Illustra l’idea, partita da un progetto universitario per un esame di Marketing e Sviluppo Prodotto, Martina Napoli: “Sweep è anche una parola inglese che significa pulizia. Il nostro prodotto è un macchinario che serve per separare dalla sabbia la posidonia, una pianta acquatica che, a causa delle ancore o dell’uomo, viene strappata, muore ed è portata riva dalla corrente. Finché è presente in piccole quantità non è un problema, ma su alcune spiagge se ne creano delle montagne che emanano cattivo odore e attirano animali”. Per rimuoverla, “vengono generalmente impiegate le ruspe che danneggiano la spiaggia poiché portano via anche grandi quantità di sabbia. La posidonia, inoltre, può anche essere riutilizzata e, su questo tema, ci stiamo informando in maniera più approfondita”. Il gruppo ha anche un prototipo in scala, “che abbiamo testato ad Agropoli presso alcuni lidi, molto soddisfatti del risultato, e che ci hanno invitato a tornare con il prototipo in dimensioni reali, quando lo avremo. Al momento stiamo continuando le nostre ricerche e lavorando per ampliare il business plan”.
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