Continuano le proteste contro la legge Gelmini, approvata a tappe forzate il 23 dicembre e firmata dal Presidente della Repubblica nonostante i tanti dubbi che l’accompagnano. “Ribadisco la mia totale indisponibilità a tenere corsi e a svolgere attività non dovute. Non voglio più essere complice di chi distrugge l’università pubblica”, diceva Antonino Squillace, ricercatore ad Ingegneria, durante l’assemblea interateneo del 20 dicembre a Monte Sant’Angelo nell’ambito di due intense settimane di manifestazioni, occupazioni e cortei che si sono svolti a Roma e nelle principali città italiane, talvolta con scontri violenti come quelli del 14 dicembre nella capitale e del 22 a Palermo. Non solo violenza, ma anche colore. A Napoli, ad esempio, un gruppo di studenti di Ingegneria Meccanica della Federico II nei giorni della discussione in Parlamento si è presentato in aula indossando una maglietta bianca con scritte anti-Gelmini. L’ultima speranza di limitare ancora i danni è affidata all’autonomia statutaria. La possibilità di un’azione concreta ha rafforzato l’unità fra i ricercatori, che hanno deciso in larga maggioranza di continuare a mantenere l’indisponibilità a ricoprire incarichi di docenza, e parte dei professori associati, orientati a non impegnarsi per un numero di ore superiore a quelle previste. Decisioni che, inevitabilmente, avranno delle ripercussioni. Le situazioni più gravi si registrano nelle Facoltà di Ingegneria, Agraria e Architettura, dove tanto la consistenza numerica dei ricercatori quanto il loro impegno didattico sono notevoli. “Con una lettera aperta in cui richiameremo i punti del suo stesso programma elettorale, chiederemo al Rettore la nostra partecipazione alla Commissione che redigerà il nuovo Statuto di Ateneo”, conclude Squillace.
(Si.Pa.)
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