“Ragazzi, quando mandate un curriculum evitate di indirizzarlo a «Cara azienda», oppure «Spettabile Gruppo Nazionale»; fa tanto Fantozzi e non si capisce chi lo debba leggere. Capita anche questo, posso assicurarvi. Firmate in inchiostro blu, perché dà una idea di freschezza e non dimenticate, alla fine, la liberatoria per il trattamento dei vostri dati personali, ai sensi della legge sulla privacy”. Scivola via tra consigli utili, una buona dose d’ironia ed autoironia che aiuta a non prendersi troppo sul serio l’incontro di Rosanna Santocito con i duecento studenti i quali la ascoltano nella Sala Conferenze, nell’ambito della giornata di orientamento universitario promossa a Monte S. Angelo da “Il Sole 24 ore” mercoledì 22 marzo.
Al 50% milanese ed al 50% siciliana, la giornalista del principale quotidiano economico nazionale ha scritto un libro interamente dedicato alle dritte ed ai suggerimenti utili quando ci si proponga per un lavoro tramite curriculum. “Scrivetelo al computer e non a mano, sia per chiarezza, sia perché la vostra grafia potrebbe essere sottoposta a perizia grafologica da parte dell’azienda. In Italia sarebbe illegittimo, perché occorre il consenso dell’interessato, ma molti lo fanno. Se poi vi chiedono esplicitamente un testo scritto a mano, allora sedetevi alla scrivania con calma, mettete un foglio sotto per evitare una grafia dura e fate attenzione agli errori. Se invece scrivete al computer stampate e poi controllate eventuali errori su carta, perché al video – ve lo dico per esperienza diretta di giornalista – sfuggono. Non lesinate sulla carta, eventualmente correggete al terminale, e fate una seconda stampata”. Capitolo foto. “Regola generale: non va allegata. Se la chiedono, mandate una foto tessera a colori. Evitate panze in fuori, improbabili pose sexy, abbigliamenti adamitici e foto di gruppo con l’amicone che vi indica con il dito. Peraltro devo anche dire che conosco un personaggio del Politecnico di Milano il quale continua a mandare foto faxate ed assicura che lo convocano”.
Ma cosa è un curriculum vitae? Lucidi alla mano, Santocito ne illustra le caratteristiche principali: “è il biglietto da visita del candidato ed il vostro autoritratto. L’obiettivo è catturare l’attenzione del selezionatore e mostrare le più appetibili caratteristiche ed i punti di contatto tra la vostra esperienza ed il profilo ricercato. Insomma: farvi chiamare per il colloquio di selezione. Deve essere succinto, ma non striminzito; semplice, ma non arido; dettagliato, ma non pignolo”. Prosegue: “se avete un cellulare mettete il numero, ma poi tenetelo acceso. Se indicate il recapito di un amico o di un parente, avvertitelo, per evitare scene come quelle del film «Cresceranno i carciofi a Mimongo», nel quale il protagonista fa tutto quello che non bisogna fare quando si cerca un lavoro, ma poi finisce con il trovarlo. Non imitatelo, però, perché quello era appunto un film. Indicate anche la vostra E mail, se ne disponete. Evitate dizioni tipo «ore pasti e serali», perché danno l’idea di uno che cerca lavoro per hobby”. Titolo di studio: come indicarlo? “Per carità, saltate elementari e medie e partite senza indugio dal tipo di diploma e dal voto conseguito alla fine delle superiori. Indicatelo comunque, anche se è trentasei, perché se manca nel curriculum il selezionatore capisce lo stesso che è un trentasei o giù di lì. Chi è già laureato indichi il voto, la facoltà e l’anno. Del nome del professore non frega a nessuno; il titolo della tesi può essere utile se è attinente al settore di attività nel quale opera il destinatario del curriculum”. Secondo Santocito deve essere di due cartelle ed impostato per sezioni: dati personali, studi, corsi di perfezionamento, esperienze professionali, aspirazioni, interessi extraprofessionali. “In altri paesi, per esempio negli Usa, il curriculum ideale è di una sola cartella”. A titolo di esempio mostra quello del segretario di stato americano Madeleine Albright.
Risponde ad alcune domande: “l’attività di volontariato, soprattutto oggi che è generalmente professionalizzante, va senz’altro indicata. Tra gli interessi extraprofessionali selezionate quelli utili ai vostri scopi. Se mi candido per un lavoro che richiede calma, capacità di riflettere e di concentrazione la passione per gli scacchi la devo indicare. Evitate autogol: un ragazzo che aspirava a lavorare in un’agenzia di banca ha esplicitato così la passione della sua vita: «andare tutte le sere in discoteca». Ok, non metto in dubbio che saprà anche gestirsi, ma non è il caso di far sorgere perplessità. Soprattutto, non esagerate; il curriculum è come lo Zen, vuole equilibrio. Un giovane, il quale aveva conseguito la laurea breve in Ingegneria, nel curriculum indicava tra gli interessi extraprofessionali le arti marziali. Perfetto; solo che poi si dilungava ad indicare una per una. Praticamente dava l’idea di un brutalone che trascorreva tutto il suo tempo in palestra”. Un’altra domanda: “chi non ha ancora fatto il militare può inviare curriculum”? Risponde: “in realtà per le aziende, ai fini dell’assunzione, è determinante che siate militesenti. Chi di voi non lo è ancora e non sta per partire, però, può mandare un curriculum di candidatura agli stage. Sono utili perché si fa esperienza in azienda in maniera morbida, senza un eccessivo carico di responsabilità”. Interviene uno dei ragazzi presenti: “consiglia di indicare tutte le precedenti esperienze lavorative? Se sono a nero come si fa”? Replica affermativamente: “direi di metterle, perché anche aver lavorato in un bar od in un villaggio turistico indica al datore di lavoro alcuni elementi a vostro vantaggio. Che vi siete già relazionati con un datore di lavoro e con i colleghi, per esempio. Se avete lavorato in nero consiglierei l’eufemistica dizione: «rapporto di lavoro non di tipo continuativo»”. Un trucco giornalistico: “un curriculum inviato ad una persona precisa, con nome e cognome, fa sempre un altro effetto. Per sapere chi sia il direttore del personale oppure il responsabile della selezione basta telefonare in azienda e dire: «buona sera, dovrei mandare un fax al direttore del personale oppure al responsabile della selezione; mi manca il nome, può darmelo». Novantanove su cento ve lo dà”. Prosegue: “il curriculum va inviato con una lettera di accompagnamento, scritta generalmente al computer. Serve a specificare il motivo per cui inviate il curriculum; se rispondete ad un annuncio nella lettera specificate la testata e la data dell’inserzione; lo stile deve essere semplice e colloquiale. Badate che il curriculum si conserva, la lettera si getta via. Dunque, non indicate al suo interno dati essenziali, che invece devono essere contenuti tutti nel curriculum”.
Tra gli errori da evitare, oltre a quelli ricordati in apertura: non copiare modelli già pronti, ma adattarli sempre a sé, non usare un linguaggio burocratico – Santocito consiglia l’uso della prima persona – non mandare a tutti lo stesso curriculum o peggio in fotocopia, non dire bugie. “Si scoprono sempre – sottolinea la giornalista- per esempio la conoscenza delle lingue. Se scrivete ottima per l’inglese il minimo che possa capitarvi è che vi organizzino un colloquio di lavoro in quella lingua. Se però scrivete “scolastica” sappiate che il selezionatore pensa subito che a stento siate in grado di esprimervi per cercare un alloggio e per mangiare. Il che, per chi cerca un lavoro di qualifiche medio alte, è penalizzante. Dunque l’inglese va studiato bene”.
Al 50% milanese ed al 50% siciliana, la giornalista del principale quotidiano economico nazionale ha scritto un libro interamente dedicato alle dritte ed ai suggerimenti utili quando ci si proponga per un lavoro tramite curriculum. “Scrivetelo al computer e non a mano, sia per chiarezza, sia perché la vostra grafia potrebbe essere sottoposta a perizia grafologica da parte dell’azienda. In Italia sarebbe illegittimo, perché occorre il consenso dell’interessato, ma molti lo fanno. Se poi vi chiedono esplicitamente un testo scritto a mano, allora sedetevi alla scrivania con calma, mettete un foglio sotto per evitare una grafia dura e fate attenzione agli errori. Se invece scrivete al computer stampate e poi controllate eventuali errori su carta, perché al video – ve lo dico per esperienza diretta di giornalista – sfuggono. Non lesinate sulla carta, eventualmente correggete al terminale, e fate una seconda stampata”. Capitolo foto. “Regola generale: non va allegata. Se la chiedono, mandate una foto tessera a colori. Evitate panze in fuori, improbabili pose sexy, abbigliamenti adamitici e foto di gruppo con l’amicone che vi indica con il dito. Peraltro devo anche dire che conosco un personaggio del Politecnico di Milano il quale continua a mandare foto faxate ed assicura che lo convocano”.
Ma cosa è un curriculum vitae? Lucidi alla mano, Santocito ne illustra le caratteristiche principali: “è il biglietto da visita del candidato ed il vostro autoritratto. L’obiettivo è catturare l’attenzione del selezionatore e mostrare le più appetibili caratteristiche ed i punti di contatto tra la vostra esperienza ed il profilo ricercato. Insomma: farvi chiamare per il colloquio di selezione. Deve essere succinto, ma non striminzito; semplice, ma non arido; dettagliato, ma non pignolo”. Prosegue: “se avete un cellulare mettete il numero, ma poi tenetelo acceso. Se indicate il recapito di un amico o di un parente, avvertitelo, per evitare scene come quelle del film «Cresceranno i carciofi a Mimongo», nel quale il protagonista fa tutto quello che non bisogna fare quando si cerca un lavoro, ma poi finisce con il trovarlo. Non imitatelo, però, perché quello era appunto un film. Indicate anche la vostra E mail, se ne disponete. Evitate dizioni tipo «ore pasti e serali», perché danno l’idea di uno che cerca lavoro per hobby”. Titolo di studio: come indicarlo? “Per carità, saltate elementari e medie e partite senza indugio dal tipo di diploma e dal voto conseguito alla fine delle superiori. Indicatelo comunque, anche se è trentasei, perché se manca nel curriculum il selezionatore capisce lo stesso che è un trentasei o giù di lì. Chi è già laureato indichi il voto, la facoltà e l’anno. Del nome del professore non frega a nessuno; il titolo della tesi può essere utile se è attinente al settore di attività nel quale opera il destinatario del curriculum”. Secondo Santocito deve essere di due cartelle ed impostato per sezioni: dati personali, studi, corsi di perfezionamento, esperienze professionali, aspirazioni, interessi extraprofessionali. “In altri paesi, per esempio negli Usa, il curriculum ideale è di una sola cartella”. A titolo di esempio mostra quello del segretario di stato americano Madeleine Albright.
Risponde ad alcune domande: “l’attività di volontariato, soprattutto oggi che è generalmente professionalizzante, va senz’altro indicata. Tra gli interessi extraprofessionali selezionate quelli utili ai vostri scopi. Se mi candido per un lavoro che richiede calma, capacità di riflettere e di concentrazione la passione per gli scacchi la devo indicare. Evitate autogol: un ragazzo che aspirava a lavorare in un’agenzia di banca ha esplicitato così la passione della sua vita: «andare tutte le sere in discoteca». Ok, non metto in dubbio che saprà anche gestirsi, ma non è il caso di far sorgere perplessità. Soprattutto, non esagerate; il curriculum è come lo Zen, vuole equilibrio. Un giovane, il quale aveva conseguito la laurea breve in Ingegneria, nel curriculum indicava tra gli interessi extraprofessionali le arti marziali. Perfetto; solo che poi si dilungava ad indicare una per una. Praticamente dava l’idea di un brutalone che trascorreva tutto il suo tempo in palestra”. Un’altra domanda: “chi non ha ancora fatto il militare può inviare curriculum”? Risponde: “in realtà per le aziende, ai fini dell’assunzione, è determinante che siate militesenti. Chi di voi non lo è ancora e non sta per partire, però, può mandare un curriculum di candidatura agli stage. Sono utili perché si fa esperienza in azienda in maniera morbida, senza un eccessivo carico di responsabilità”. Interviene uno dei ragazzi presenti: “consiglia di indicare tutte le precedenti esperienze lavorative? Se sono a nero come si fa”? Replica affermativamente: “direi di metterle, perché anche aver lavorato in un bar od in un villaggio turistico indica al datore di lavoro alcuni elementi a vostro vantaggio. Che vi siete già relazionati con un datore di lavoro e con i colleghi, per esempio. Se avete lavorato in nero consiglierei l’eufemistica dizione: «rapporto di lavoro non di tipo continuativo»”. Un trucco giornalistico: “un curriculum inviato ad una persona precisa, con nome e cognome, fa sempre un altro effetto. Per sapere chi sia il direttore del personale oppure il responsabile della selezione basta telefonare in azienda e dire: «buona sera, dovrei mandare un fax al direttore del personale oppure al responsabile della selezione; mi manca il nome, può darmelo». Novantanove su cento ve lo dà”. Prosegue: “il curriculum va inviato con una lettera di accompagnamento, scritta generalmente al computer. Serve a specificare il motivo per cui inviate il curriculum; se rispondete ad un annuncio nella lettera specificate la testata e la data dell’inserzione; lo stile deve essere semplice e colloquiale. Badate che il curriculum si conserva, la lettera si getta via. Dunque, non indicate al suo interno dati essenziali, che invece devono essere contenuti tutti nel curriculum”.
Tra gli errori da evitare, oltre a quelli ricordati in apertura: non copiare modelli già pronti, ma adattarli sempre a sé, non usare un linguaggio burocratico – Santocito consiglia l’uso della prima persona – non mandare a tutti lo stesso curriculum o peggio in fotocopia, non dire bugie. “Si scoprono sempre – sottolinea la giornalista- per esempio la conoscenza delle lingue. Se scrivete ottima per l’inglese il minimo che possa capitarvi è che vi organizzino un colloquio di lavoro in quella lingua. Se però scrivete “scolastica” sappiate che il selezionatore pensa subito che a stento siate in grado di esprimervi per cercare un alloggio e per mangiare. Il che, per chi cerca un lavoro di qualifiche medio alte, è penalizzante. Dunque l’inglese va studiato bene”.
Fabrizio Geremicca