Il monito agli studenti di Lingue: “studiare le culture diverse per accoglierle”

Dopo ben 40 anni di dedizione all’attività didattica e di ricerca, la prof.ssa Maria Cristina Pisciotta, sinologa dalle origini marchigiane, va in pensione. “L’insegnamento è stato la mia vita. Ho insegnato a Venezia dal 1975 fino al 1995 e a L’Orientale dal 1995 a oggi. Oggi vivo a Roma, dove mi sono laureata, ma adoro Napoli e continuerò a
venirci molto volentieri”. La docente confessa sin da subito un forte attaccamento nostalgico alla città partenopea e soprattutto ai suoi studenti: “Sono diversi da tutti gli altri, perché hanno una mentalità elastica. Sono dei creativi,
forse meno regolari nel rendimento e meno diligenti nello studio, però con un senso dell’umorismo fuori dal comune”. Una passione smodata per la Cina, civiltà millenaria, cominciata già ai tempi del liceo e rinfocolata dal fascino di precoci letture dal gusto orientale: “Cominciai ad appassionarmi prima alla letteratura. Allora era difficilissimo trovare traduzioni di romanzi cinesi. Alcuni li ebbi in regalo. Neanche maggiorenne, presi a radunare tutte le informazioni che c’erano sugli studi di sinologia e venni a conoscenza di un corso di Lingua Cinese alla Sapienza di Roma. Mi iscrissi alla cieca. Della lingua poco sapevo, ma questo era l’unico strumento per arrivare alla letteratura”.
4 anni in Cina durante la Rivoluzione culturale
Un bagaglio immenso di ricordi porta con sé la docente, esperienze che sono divenute il tramite di condivisione tra lei e gli studenti: “Ho vissuto 4 anni in Cina durante un periodo straordinario. Ai tempi della Rivoluzione culturale, quando gli studi all’Università si alternavano ai turni di lavoro nelle comuni popolari e nelle fabbriche, questo ha cambiato il mio modo di accostarmi alla cultura”. Aver vissuto dei momenti di singolarità storica nel Paese “resta un filtro che gli studenti sentono fortemente. Ne sono affascinati. Allora non c’era nessun occidentale in Cina. Siamo in pochi, una generazione fortunata direi, ad aver visto in quell’epoca un paese in trasformazione, dal feudalesimo alla modernità”. Un punto d’osservazione importante che ha lasciato dei segni indelebili nella memoria della docente orientandola ben oltre la lingua: “È questo che ho sempre voluto trasmettere: il senso della diversità. Studiare le culture diverse per accoglierle. Superare le differenze non è facile al giorno d’oggi, è il problema della globalizzazione, ma non basta un atteggiamento mistico o sentimentale di disponibilità verso l’altro. Bisogna capire le lingue nel profondo”. Da diverso tempo, infatti, la prof.ssa conserva l’abitudine di viaggiare in Cina ogni anno. “Oggi la Cina è a un passo da noi. Rispetto a quando ho studiato io è cambiato moltissimo. Allora eravamo un gruppo sparuto di studenti giudicati stravaganti, eremiti. Adesso c’è moltissima competitività, tanti iscritti, più mezzi,
borse di studio e convenzioni. Ma un paese più raggiungibile vuol dire anche più concorrenza”. Nessun segreto per riuscire nello studio, solo il giusto mezzo tra impegno e costanza. “Chi si iscrive deve mettersi in testa che non si può imparare il cinese in poco tempo e in maniera superficiale. Deve essere un lungo studio, motivato e accorto”. Pertanto, non prendere sottogamba il percorso di apprendimento. “A volte si sprecano anni su due esami e non
si fa mai un salto di qualità, perché non si studia abbastanza. È complicato, lo so, perché la logica della lingua cinese è completamente diversa dalla nostra. Dovete sbarazzarvi delle categorie legate alle lingue occidentali e aprirvi ai sistemi ideografici”. Insieme ai viaggi, le lezioni restano il momento più amato: “Instaurare un rapporto vivo, dialogare con gli studenti, suscitare la loro attenzione, leggere insieme: mi mancherà moltissimo tutto ciò”. Negli anni di confronto con i discenti di Cinese, “ho sempre cercato di fare lezioni sperimentali, interattive, mai piatte, inventandomi dei metodi alternativi per farli appassionare. Il problema è che nel tempo gli studenti sono cambiati moltissimo, mentre i metodi sono sempre gli stessi con le lezioni frontali, vecchie e antiquate”.
Il Laboratorio teatrale
In questa miriade di iniziative proposte sotto il segno dello scambio reciproco, l’eredità maggiore lasciata dalla sinologa è sicuramente l’esperienza col teatro contemporaneo, grazie a un Laboratorio di Sperimentazione nell’ambito dei Corsi di Lingua e Letteratura Cinese (a partire dal secondo anno in poi) da lei ideato circa 10 anni fa. “Un progetto al quale sono molto affezionata e che ha avuto molto successo sul piano accademico, teatrale
e mediatico. Non si tratta affatto di un corso regolare, bensì di una sperimentazione didattica legata alle altre attività formative previste dall’Università per il conseguimento dei crediti”. Spettacoli inediti, tradotti dal cinese, che non si propongono come obiettivo il canone teatrale o la formazione attoriale, quanto piuttosto il ravvicinamento dei due mondi. “Spesso per fare questo è inevitabile il ricorso a una commistione di lingue, alla recitazione sia in cinese che in napoletano. Là dove i testi sono scritti in dialetto, perché ci sono personaggi che provengono da varie province della Cina, sfruttiamo i dialetti nostrani e in verità così facendo i ragazzi recitano molto meglio”. Un’ulteriore risorsa linguistica quella dell’approccio bilingue, che non va sottovalutato come mezzo per passare dalla teoria alla pratica. “In poco tempo, non si può insegnare a recitare, né questo è il nostro scopo. Si studia sempre la letteratura sui libri. I testi teatrali si leggono e si immagina la messinscena. In questo modo, invece, gli studenti diventano a loro volta protagonisti entrando nel vivo della letteratura”. Una collaborazione già rodata quella con il regista romano Lorenzo Montanini, responsabile degli adattamenti e specializzato nel teatro del multilinguismo, che si rinnoverà nei mesi di aprile e maggio per la nuova rappresentazione in scena al Teatro Galleria Toledo dal titolo ‘Rosa Bianca, Rosa Rossa’. “Quest’anno porteremo in scena l’opera di una grande scrittrice di nome Zhang Ailing. Recentemente, un’altra grande commediografa cinese ha scritto un testo teatrale riprendendo i nodi centrali del romanzo originale e noi esploreremo questa rivisitazione”. In particolare, la trama della pièce “è interessante perché ci consente di attraversare la psicologia femminile, i problemi dell’inconscio, poiché il testo è interamente strutturato sulla doppia personalità della donna. Forse la trasformeremo, ancora non si sa”. Intanto, un’infinità di progetti e ricerche vedranno a breve nuovamente coinvolta la docente. “Finché le forze me lo consentiranno, continuerò a studiare. Sto completando due libri che avevo lasciato a metà e non avevo mai tempo di terminare”. Uno affronta la storia del teatro e l’altro è un’antologia ragionata di testi letterari, durante le ultime tre generazioni in Cina. Nel frattempo, “l’Università di Macerata mi ha chiesto di tenere dei corsi nel primo semestre e poi nel secondo insegnerò presso l’Università di Lingue di Pechino. Qui a Napoli manderò sempre avanti il Laboratorio teatrale. Ormai il grosso è fatto, ma sento di avere ancora tanto da dare”.
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