“Da studente seguivo scrupolosamente le lezioni. Prendevo appunti e rileggevo ciò che avevo scritto. I principi fondamentali e la maggior parte delle cose si apprendono in aula dai docenti, per questo non ho mai perso una lezione. Ero diligente, ma all’epoca eravamo in pochi, forse era più facile stare al passo con i tempi”, il prof. Carmine Donisi, Maestro di Diritto Civile, si racconta alla vigilia del suo pensionamento – Mario Rusciano e Raffaele Perrone Capano, docenti rispettivamente di Diritto del Lavoro e di Diritto Finanziario, gli altri due professori in quiescenza da novembre – Parte dai suoi ricordi di studente. “Mi sono laureato in Giurisprudenza nel 1963, ero allievo del prof. Leonardo Coviello, Maestro a cui devo tutto. All’epoca nei confronti dei docenti si nutriva quasi un timore reverenziale, c’era un grande distacco, a stento riuscivamo ad avere contatti”. Per questo, aggiunge il prof. Donisi, “Mi colpì molto la figura del prof. Coviello. Seppur nella sua severità, mostrava disponibilità, era sempre aperto al confronto, ascoltava con attenzione i suoi studenti. Tutti riconoscevamo il suo equilibrio, il suo carattere ben disposto, e avevamo profonda ammirazione nei suoi confronti”. Dopo un primo incarico all’Università di Camerino, “come docente di Teoria dell’Interpretazione presso la Scuola di Specializzazione”, ottiene la cattedra di Diritto Civile e poi di Diritto Privato presso la Facoltà di Scienze Politiche. Successivamente, il prof. Donisi si trasferisce a Salerno, come ordinario di Diritto Civile. “Sono ritornato a Napoli nel 1978, insegnavo di Diritto Privato. Alcuni anni dopo sono diventato titolare della cattedra di Diritto Civile, insegnamento che mi ha accompagnato per più di trent’anni”. Che professore è stato in questi anni? “Ho cercato di imitare gli insegnamenti del mio Maestro, mostrando sempre un forte impegno nei confronti della disciplina. Inoltre, credo di essere stato estremamente corretto nei confronti degli studenti. Da docente non ho mai dimenticato cosa significasse essere al di là della cattedra, ho sempre avuto un enorme rispetto per tutti i ragazzi”. Anche perché: “Il professore non è un detentore di potere, ma una persona che esercita un servizio, un dovere nei confronti della comunità. Per questo ho trattato con dignità tutti i miei allievi. Anche lo studente meno preparato va rispettato, ne va rispettata la dignità. Agli esami non ho mai fatto scenate pubbliche, non ho mai umiliato nessuno. Il docente non deve essere solo maestro di scienze, ma anche maestro di vita”. Una volta smessi i panni del docente, “avvertirò una forte nostalgia – ammette – La Facoltà è stato un luogo in cui mi sono arricchito, soprattutto sotto un profilo umano. E parlo non solo di ciò che mi hanno dato i colleghi ma anche dei ragazzi. E’ stato bello il confronto con persone da temperamenti ed idee diverse. A loro modo, tutti mi hanno dato qualcosa”. Ma cosa farà il prof. Donisi da “pensionato”? “La parola pensionato non fa per me – sorride il docente – Nella nostra attività, chi fa ricerca ha una specie di demone. Continuerò a studiare, senza recidere completamente il legame con l’Università. Parteciperò a dibattiti, convegni, insomma sarò a disposizione della scienza”. E poi: “Finalmente avrò maggior tempo da dedicare ad alcuni temi che mi stanno particolarmente a cuore. Riprenderò – me ne sono già occupato anni fa, quando ero Direttore del Dipartimento di Diritto Civile – gli studi di bioetica. Coltiverò la passione per il bio-diritto, mettendo a confronto il progresso biomedico, con le esigenze dei pazienti. Mi occuperò degli aspetti civilisti collegati al progresso scientifico. Dal rifiuto delle terapie, ai limiti sulla sperimentazione umana, ai progressi della genetica”.
Susy Lubrano
Susy Lubrano