Ingegneria Biomedica attrae studenti ma attende un riconoscimento normativo della figura professionale

Un bagaglio di conoscenze solido e multidisciplinare spendibile in tutto il settore cosiddetto dell’Health Environment, sviluppo di tecnologie per la salute, e, al tempo stesso, progettazione e gestione delle attività organizzative ed economiche inerenti. Questi i tratti distintivi di chi studia Ingegneria Biomedica. In oltre dieci anni, tutti gli Atenei italiani hanno avviato Corsi di Laurea in questo campo ma, a fronte di iscrizioni talvolta di gran lunga superiori ai settori tradizionali dell’Ingegneria, le possibilità d’inserimento per questi laureati in campo sanitario sono ancora esigue, un dato in controtendenza rispetto all’Europa ed agli Stati Uniti. Per questo, gli Ordini professionali provinciali e la Commissione Nazionale per l’Ingegneria stanno mettendo a punto strategie comuni di promozione dei laureati in questo settore. “Le resistenze sono diminuite, ma è necessario coordinarsi a livello nazionale, per mettere in campo azioni che consentano l’inserimento de facto dei laureati in Ingegneria Biomedica”, sottolinea il prof. Marcello Bracale, già Presidente del Corso di Laurea della Federico II ora in pensione, tra i fautori di una vasta azione di sensibilizzazione.
GLI STUDENTI. Ma cosa spinge tanti ragazzi a scegliere questo percorso di studi? Negli ultimi due anni, alla sola Facoltà fridericiana, le preimmatricolazioni ad Ingegneria Biomedica sono state circa seicento e lo scorso anno più di trecento ragazzi si sono immatricolati definitivamente presso il Corso di Laurea. “Non è fredda e distaccata come gli altri percorsi. Chi sceglie Ingegneria vuole progettare qualcosa e allora perché limitarsi ad un ponte, quando puoi agire direttamente sul corpo umano, ancora così pieno di misteri? – dice al riguardo Melania Matera, studentessa al secondo anno che vorrebbe specializzarsi nel campo delle valvole cardiache – Il nostro sapere può dare un contributo concreto nell’alleviare tante forme di sofferenza e la sola idea di applicare un’apparecchiatura meccanica o informatica come un by-pass, al nostro organismo, mi attira molto”. “Si tratta di un percorso più vicino all’Informatica ed alle nuove tecnologie, che sembra offrire più sbocchi rispetto ai settori classici. Inoltre, è gratificante pensare che una protesi ben progettata possa aiutare persone disabili, ma sono anche preparata all’evenienza di dovermi dedicare, in futuro, ad attività completamente diverse. Per ora, sono contenta e più andiamo avanti, più diventa interessante, perché si approfondiscono le materie specifiche di quest’ambito”, commenta la collega Giuseppina Vertullo. Con queste aspirazioni, l’inizio può non essere dei più entusiasmanti, ammettono gli studenti. Nei primi tempi devono affrontare materie fondamentali, come la Matematica e la Fisica, indispensabili per sviluppare impianti, dispositivi, circuiti ed esoscheletri robotici a basso costo, come quelli che immagina Alessio Maraucci, anche lui iscritto al secondo anno: “il bello di essere in un settore d’avanguardia, in continua evoluzione, è che ti apre sempre nuove prospettive, il brutto è che in Italia il nostro ruolo non è ancora stato pienamente riconosciuto. Penso sempre che, forse, un giorno dovrò andarmene”. “Sebbene sia minima, c’è una percentuale di studenti che si avvicina al Corso con idee sbagliate – avvertono infine gli studenti – considerandolo un percorso alternativo a Medicina. Deve essere chiaro che la Biomedica è sì una seconda scelta, ma la prima deve essere comunque Ingegneria, altrimenti mancano le motivazioni per andare avanti. È una delle prime cose chiariscono i professori in aula”. 
Simona Pasquale
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