Ingegneria racconta i 195 anni della sua storia

Ingegneria racconta la sua storia e le sue gloriose origini. E lo fa a suo modo, mescolando cultura, tradizione, passione e quel pizzico di ironia che non guasta mai. Ironia affidata al prof. Luigi Verolino, responsabile dell’orientamento, perfetto moderatore e superbo traghettatore, a suon di battute e proverbi dialettali, nella memoria di una delle più importanti Facoltà del Federico II. La cerimonia del 9 marzo, nell’ambito di Porte Aperte, è stata inaugurata dal Rettore Guido Trombetti. “Siamo lieti di ospitare questo evento, nell’ambito di Porte Aperte. Un’occasione unica, perché ci offre la possibilità di raccontare a coloro che vorranno iscriversi in questa facoltà, l’immenso universo che si cela dietro a questa storica e nobile sede. Io posso dirvi con certezza, dati alla mano, che questa facoltà rappresenta, realmente, un patrimonio importantissimo per lo sviluppo della cultura universitaria di tutta Europa. Oggi, tutti voi vi renderete conto del prestigio di questa sede, qui si respira cultura, qui si fa veramente ingegneria”. “Proprio per questo, però – ha concluso il Rettore rivolgendosi ai giovani in sala- vi consiglio di ponderare bene la vostra scelta, perché qui si studia veramente”. Concluso il saluto e la testimonianza del Rettore, sottolineata con un bel “ma comm’ parl’ ben’ stu’ Rettore”, da parte del prof. Verolino, la serata ha celebrato il suo omaggio alla facoltà. “Il termine ingegnere ha origini storiche e molto affascinanti – ha detto il prof. Verolino- Anticamente, la definizione di ingegnere designava la destrezza, l’abilità, il talento che gli ufficiali dovevano avere per inventare, per dar vita ad un qualcosa di nuovo e straordinario. Verne, nell’isola misteriosa, identificava l’ingegnere, come un uomo colto, che dava vita all’attività della mente e del corpo. Un eroe del suo tempo. Oggi, l’ingegnere non è più considerato un eroe, c’ mancass pur’, ma resta comunque una figura di primo piano nel panorama culturale e professionale. L’ingegnere accompagna lo sviluppo, viaggia di pari passo con lui. Questa facoltà è stata una delle prime sedi di Ingegneria d’Italia. Una facoltà che nel corso degli anni, ben 195, si è saputa sempre imporre e rinnovarsi, grazie all’appoggio di uomini validi e volenterosi”. La Facoltà è nata ai tempi di Gioacchino Murat, il 4 marzo 1811, il quale diede vita alla prima scuola napoletana di costruzione di ponti e strade. “All’epoca, i requisiti per essere ammessi erano: Matematica, Statistica, Latino, Francese, ovviamente Italiano e Disegno. Penso che se questi requisiti fossero rimasti immutati anche ora, credo che in questa facoltà resteremmo in pochi”. Subito dopo, si rivolge al Preside Edoardo Cosenza, e gli chiede: “Preside, ma oggi, rispetto al passato, quali sono i requisiti essenziali per questa facoltà?”. “Si tratta di requisiti molto diversi, che rispecchiano i cambiamenti ed il progresso –risponde il Preside- Io, però, vorrei soffermarmi ancora un po’ sulla storia di Ingegneria. Questa facoltà, infatti, ha avuto il merito e l’onore di avere illustri e storici laureati, che a loro volta, hanno fatto la storia dell’ingegneria italiana. Su tutti, vorrei ricordare uno dei primi laureati, un certo Luigi Giura. I suoi lavori hanno rappresentato una svolta epocale nel mondo delle costruzioni, basti ricordare quella che, sicuramente, è stata l’opera più importante della sua carriera, la costruzione del ponte sul Garigliano. Primo esemplare di ponte sospeso, costruito in Italia. Questo, e tanti altri, sono gli esempi che ci inorgogliscono”. E aggiunge: “nel 2011, festeggeremo ben 200 anni. Sfido chiunque ad avere una tradizione ed un passato glorioso come il nostro”. Poi si rivolge ai suoi futuri studenti: “noi garantiamo prospettive sicure, ma voi dovete garantire il vostro impegno, ed il vostro studio, altrimenti è inutile. Qui, in molti si iscrivono ed in pochi si laureano, pensateci bene!”. Una frase secca, che sicuramente avrà messo più di un dubbio nella mente degli studenti. Poi la parola passa  al prof. Alfredo Buccaro, il quale conduce i presenti ad un nuovo tuffo nel passato. “L’ingegnere è una figura molto popolare, sin dai tempi antichi. Basti pensare che l’architetto era perlopiù una figura estrosa in voga tra gli aristocratici, mentre l’ingegnere era chiamato dal popolo. C’erano poi degli esempi singolari e straordinari, come Luigi Vanvitelli, ingegnere e architetto allo stesso tempo. I suoi lavori ed i suoi scritti sono sempre stati frutto delle intuizioni di entrambi i campi, senza alcuna distinzione”. Nell’intervento di Buccaro si scoprono interessanti notizie. Si citano i nomi di grandi uomini che hanno calcato queste stesse aule universitarie. “Tutti noi ricordiamo, il grande ingegnere De Fazio, di cui si sono sempre apprezzati gli schemi e le teorie di costruzione, come i progetti sul porto di Nisida”, fino ad arrivare al ricordo delle prime sedi, come quella altrettanto gloriosa e ricca di fascino, di via Mezzocannone. Una cronologia di eventi e vicissitudini unica, ripresa poi, anche dalle testimonianze del prof. Salvatore D’Agostino, docente di Scienze delle Costruzioni. “La Facoltà descritta da Buccaro è molto diversa da quella di oggi. Modifiche dovute essenzialmente ad un cambiamento della società e delle sue esigenze. Oggi l’ingegnere, tanto per fare un esempio, non potrebbe mai essere relegato ad un semplice ruolo di costruttore di strade e ponti. Ma, senza andare troppo a ritroso nel tempo, vorrei raccontarvi un simpatico aneddoto che riguarda la mia pur lunga permanenza in questa facoltà. Ricordo, per esempio, il primo calcolatore elettronico comprato dall’università e posizionato nella sede di Mezzocannone. Dico posizionato, perché occupava ben due stanze dell’edificio. Una cosa che, nonostante per l’epoca rappresentasse il massimo della tecnologia, era una vera schifezza. Brutto, lento e, a volte, neanche preciso. Spesso mi capita di ricordare quel calcolatore, specie quando lo confronto ai portatili o alle complicatissime calcolatrici. Bene, questo confronto spesso mi aiuta a capire, non solo che sto invecchiando ma anche che questa facoltà, nonostante gli anni, si mantiene sempre su standard di efficienza e progresso unici nel suo genere. Ci fa capire che i cambiamenti che la società ha imposto a tutti noi, hanno, comunque, lasciato una qualità intatta a questa facoltà. Quella di essere sempre vivace culturalmente, e di non essere mai schiava del tempo ma di viaggiare con esso”.
Gianluca Tantillo
- Advertisement -




Articoli Correlati