La didattica a distanza alla Federico II

Di necessità, virtù. Nelle settimane dove impazza l’hashtag #restateacasa, la Federico II è alle prese con la teledidattica. Docenti in smartworking, studenti in cameretta per appunti e studio individuale. Tutti con pc, tablet, smartphone d’improvviso trasformatisi da oggetti di svago a imprescindibili armi di studio e cultura. È un’emergenza, innegabile. De visu è tutta un’altra storia, certo. Eppure qualcosa di buono, tra ansie e perplessità, emerge già a pochi giorni dalle prime lezioni. Auspicare per il futuro una didattica da arresti domiciliari è follia. Perpetuare l’esperimento in atto per coadiuvare quella tradizionale, però, è l’idea che strizza l’occhio a una buona fetta della comunità accademica. Una comunità che, seguendo le indicazioni dai vertici, nella figura del Rettore facente funzioni Arturo De Vivo, ha scelto un filo rosso per tenere insieme i Dipartimenti in chiave teledidattica. Proposto un lavoro in ‘Teams’, la piattaforma Microsoft pensata per le riunioni e la condivisione di un’area di lavoro. Lì gli studenti, a centinaia, possono guardare negli occhi il docente, attivare il microfono all’occorrenza, scrivere domande in chat. Teams è l’indicazione, non di certo un diktat. ‘Agite come meglio credete’ sembra essere la strada indicata per affrontare una condizione storica che chiede all’Università e a quasi tutte le professioni di riorganizzarsi e di iniziare una storia nuova, dalla durata purtroppo indefi nita. E così si scopre che lungo quella strada comune, Teams appunto, si intersecano dei percorsi alternativi disegnati dal familiare linguaggio social. Uno di certo è più istituzionale. Si chiama Federica web learning, uno strumento progettato in tempi non sospetti per alimentare la didattica multimediale. Oggi più di ieri gli studenti sono invitati a consultare i MOOC (Massive Open Online Courses) per la formazione a distanza. Il concetto è: iniziate a prepararvi da soli, poi confrontatevi col docente. Per il secondo step la chiamata alla tecnologia ha molteplici nomi. Girovagando tra i Dipartimenti (rigorosamente on-line), il tour virtuale tra le indicazioni dei docenti fa incrociare l’internauta con Telegram, un servizio di messaggistica istantanea, e YouTube, dove qualche docente ha creato un proprio canale video. Non potevano mancare all’appello Facebook, il social dal quale sono partite alcune dirette, e WhatsApp, i cui gruppi hanno favorito la condivisione di materiali e botta e risposta tra i partecipanti. Tante pezze dettate dalla necessità, certo, ma se alla fi ne tutto questo regalasse anche qualche inaspettata virtù?
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