Una nazione di grandi statisti – la Germania – vista da un grande diplomatico italiano: l’ex ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, che ha voluto condividere con un folto gruppo di studenti di Lettere e Giurisprudenza la propria esperienza nel Paese della Cancelliera Merkel.
Il convegno, intitolato “La Germania e l’Europa nei ricordi e nelle considerazioni di un ambasciatore italiano in Germania”, si è tenuto il 13 novembre presso l’aulario di via Perla. A moderare l’incontro, il prof. Lorenzo Chieffi, docente di Diritto costituzionale. Presenti anche la prof. ssa Rosanna Cioffi ed il prof. Gianpaolo Califano, direttori, rispettivamente, dei Dipartimenti di Lettere e Beni Culturali e di Giurisprudenza, i quali hanno ricordato come Italia e Germania, rispettivamente cuore e cervello d’Europa, fossero un tempo così vicine ed oggi così lontane, economicamente e politicamente. Parola, quindi, all’ospite, il dott. Ferraris, che ha così esordito: “La Germania dà adito ad accuse di egoismo e mancanza di spirito europeo, ma bisogna partire da una serie di caratteristiche uniche di questo Paese che l’hanno definito nella propria essenza: la posizione geografica, che la vede nel cuore dell’Europa; una lunghissima tradizione imperiale; la Riforma protestante, e con essa la nascita di una mentalità pragmatica e diversa da quella cattolica. A questi segni distintivi vanno aggiunti un concetto di nazione che parte da una base linguistica e non territoriale e un bassissimo tasso di analfabetismo”, ha spiegato il dott. Ferraris.
Spazio, quindi, ad un lungo excursus storico che ha ripercorso le tappe più significative della storia della Germania, con le trasformazioni che l’hanno portata da paese di emigrazione a potenza economica di primissimo livello: dal Sacro Romano Impero all’età napoleonica, dai fasti della repubblica di Weimar, esempio di Costituzione liberale per eccellenza, ai tempi bui del nazismo e della sconfitta nella seconda Guerra mondiale. In questo preciso momento storico, Italia e Germania condividevano molte cose: uscivano da una dittatura, avevano scelto un sistema democratico socialmente avanzato e avevano rinunciato alla violenza militare. Perchè allora la situazione si è evoluta in maniera così differente nei due Paesi? “La differenza sta nella costituzione dell’economia sociale di mercato, in cui i tedeschi sono stati più bravi di noi”. A tal proposito, Ferraris cita un aneddoto di quando da ragazzo, nel dopoguerra, in Germania “feci notare ad un minatore tedesco che il suo salario era piuttosto basso. Lui mi rispose che i minatori si accontentavano di così poco per poter ricostruire le fabbriche del proprio Paese. In Italia, non ho mai visto una corresponsabilità così diffusa tra i cittadini”. Con la caduta del muro nel 1989, nuovi scenari si aprivano per la nazione, che portava comunque addosso indelebili i segni del periodo nazista: “la Germania poteva aspirare nuovamente a diventare una potenza, ma voleva essere un paese normale. I segni del periodo nazista erano ancora molto forti, ecco perché si diffuse nel Paese una tendenza di assoluto pacifismo come reazione al proprio passato. Dopo l’unificazione, quando insegnavo nell’ex Germania Est, ho visto ricostruire in 3, 4, 5 anni la rete ferroviaria, telefonica e stradale. In Italia sono 20 anni che non riusciamo a terminare la Salerno – Reggio Calabria”. Il rapporto con l’Italia è andato via via incrinandosi nonostante la presenza di moltissimi connazionali in Germania: dai tempi del Sacro Romano Impero e dei viaggi di Goethe nel Belpaese, molte fratture e incomprensioni si sono instaurate: “è da queste incomprensioni che possiamo considerare poco simpatici gli atteggiamenti della Merkel; ma il non voler pagare i debiti altrui nasce da una convinzione nei propri mezzi, da una partecipazione al mezzo sociale che noi Italiani non abbiamo”. Un ultimo ammonimento prima di concludere il proprio intervento: “attenti agli stereotipi. Definite le persone per ciò che sono, quindi anche per i tedeschi tenete conto della formazione morale e religiosa di cui abbiamo discusso oggi”. Qualche spunto di riflessione sull’intervento dal prof. Carlo Venditti, docente di Diritto Civile: “Se oggi conosciamo e studiamo il diritto romano, lo dobbiamo ai tedeschi, che l’hanno tramandato e ne hanno recuperato le fonti. Il segreto del loro successo sta nella forte idea di nazione, di potenza straordinaria, che noi italiani non abbiamo. Non siamo mai italiani, ma meridionali, campani o napoletani. Il dopoguerra ci ha spaccati in Nord e Sud, in Germania questa divisione sarebbe impensabile”. Dello stesso avviso il prof. Paolo De Marco, docente di Storia contemporanea: “le affinità tra Italia e Germania sono solo apparenti. I tedeschi hanno fatto i conti con il proprio passato, in Italia si sente ancora dire che Mussolini era un grande statista quando invece andò a combattere praticamente senza avere armi. Non ci si può lamentare della nostra situazione attuale: sono i tedeschi che hanno rinunciato ad una moneta fortissima, non noi. E nonostante ciò, alla Banca centrale c’è un Draghi, non un “Von qualcosa”. Forse, alla luce di queste riflessioni, persino Angela Merkel riesce a risultare un po’ più simpatica.
Anna Verrillo
Il convegno, intitolato “La Germania e l’Europa nei ricordi e nelle considerazioni di un ambasciatore italiano in Germania”, si è tenuto il 13 novembre presso l’aulario di via Perla. A moderare l’incontro, il prof. Lorenzo Chieffi, docente di Diritto costituzionale. Presenti anche la prof. ssa Rosanna Cioffi ed il prof. Gianpaolo Califano, direttori, rispettivamente, dei Dipartimenti di Lettere e Beni Culturali e di Giurisprudenza, i quali hanno ricordato come Italia e Germania, rispettivamente cuore e cervello d’Europa, fossero un tempo così vicine ed oggi così lontane, economicamente e politicamente. Parola, quindi, all’ospite, il dott. Ferraris, che ha così esordito: “La Germania dà adito ad accuse di egoismo e mancanza di spirito europeo, ma bisogna partire da una serie di caratteristiche uniche di questo Paese che l’hanno definito nella propria essenza: la posizione geografica, che la vede nel cuore dell’Europa; una lunghissima tradizione imperiale; la Riforma protestante, e con essa la nascita di una mentalità pragmatica e diversa da quella cattolica. A questi segni distintivi vanno aggiunti un concetto di nazione che parte da una base linguistica e non territoriale e un bassissimo tasso di analfabetismo”, ha spiegato il dott. Ferraris.
Spazio, quindi, ad un lungo excursus storico che ha ripercorso le tappe più significative della storia della Germania, con le trasformazioni che l’hanno portata da paese di emigrazione a potenza economica di primissimo livello: dal Sacro Romano Impero all’età napoleonica, dai fasti della repubblica di Weimar, esempio di Costituzione liberale per eccellenza, ai tempi bui del nazismo e della sconfitta nella seconda Guerra mondiale. In questo preciso momento storico, Italia e Germania condividevano molte cose: uscivano da una dittatura, avevano scelto un sistema democratico socialmente avanzato e avevano rinunciato alla violenza militare. Perchè allora la situazione si è evoluta in maniera così differente nei due Paesi? “La differenza sta nella costituzione dell’economia sociale di mercato, in cui i tedeschi sono stati più bravi di noi”. A tal proposito, Ferraris cita un aneddoto di quando da ragazzo, nel dopoguerra, in Germania “feci notare ad un minatore tedesco che il suo salario era piuttosto basso. Lui mi rispose che i minatori si accontentavano di così poco per poter ricostruire le fabbriche del proprio Paese. In Italia, non ho mai visto una corresponsabilità così diffusa tra i cittadini”. Con la caduta del muro nel 1989, nuovi scenari si aprivano per la nazione, che portava comunque addosso indelebili i segni del periodo nazista: “la Germania poteva aspirare nuovamente a diventare una potenza, ma voleva essere un paese normale. I segni del periodo nazista erano ancora molto forti, ecco perché si diffuse nel Paese una tendenza di assoluto pacifismo come reazione al proprio passato. Dopo l’unificazione, quando insegnavo nell’ex Germania Est, ho visto ricostruire in 3, 4, 5 anni la rete ferroviaria, telefonica e stradale. In Italia sono 20 anni che non riusciamo a terminare la Salerno – Reggio Calabria”. Il rapporto con l’Italia è andato via via incrinandosi nonostante la presenza di moltissimi connazionali in Germania: dai tempi del Sacro Romano Impero e dei viaggi di Goethe nel Belpaese, molte fratture e incomprensioni si sono instaurate: “è da queste incomprensioni che possiamo considerare poco simpatici gli atteggiamenti della Merkel; ma il non voler pagare i debiti altrui nasce da una convinzione nei propri mezzi, da una partecipazione al mezzo sociale che noi Italiani non abbiamo”. Un ultimo ammonimento prima di concludere il proprio intervento: “attenti agli stereotipi. Definite le persone per ciò che sono, quindi anche per i tedeschi tenete conto della formazione morale e religiosa di cui abbiamo discusso oggi”. Qualche spunto di riflessione sull’intervento dal prof. Carlo Venditti, docente di Diritto Civile: “Se oggi conosciamo e studiamo il diritto romano, lo dobbiamo ai tedeschi, che l’hanno tramandato e ne hanno recuperato le fonti. Il segreto del loro successo sta nella forte idea di nazione, di potenza straordinaria, che noi italiani non abbiamo. Non siamo mai italiani, ma meridionali, campani o napoletani. Il dopoguerra ci ha spaccati in Nord e Sud, in Germania questa divisione sarebbe impensabile”. Dello stesso avviso il prof. Paolo De Marco, docente di Storia contemporanea: “le affinità tra Italia e Germania sono solo apparenti. I tedeschi hanno fatto i conti con il proprio passato, in Italia si sente ancora dire che Mussolini era un grande statista quando invece andò a combattere praticamente senza avere armi. Non ci si può lamentare della nostra situazione attuale: sono i tedeschi che hanno rinunciato ad una moneta fortissima, non noi. E nonostante ciò, alla Banca centrale c’è un Draghi, non un “Von qualcosa”. Forse, alla luce di queste riflessioni, persino Angela Merkel riesce a risultare un po’ più simpatica.
Anna Verrillo