La giornata del Biotecnologo Industriale

Una mattinata di dibattito e confronto sulla professione del Biotecnologo Industriale, che agisce su biosistemi per la produzione di beni e servizi, a vent’anni anni dall’istituzione del Corso di Laurea all’Università Federico II. Si è svolta il 16 dicembre presso l’Aula Azzurra di Monte Sant’Angelo, nell’ambito di una manifestazione a metà tra la
festa per i migliori laureati Triennali e Magistrali e l’orientamento alle opportunità lavorative in Campania perché, come dice rivolgendosi ai tanti ragazzi presenti il Direttore del Dipartimento di Scienze Chimiche Rosa Lanzetta, “dovete avere la libertà di scegliere se restare o andare via”. “È grande il nostro impegno nel trasformare le Biotecnologie in un fattore di crescita e sviluppo”, afferma il Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Piero Salatino, che aggiunge: “Ho avuto il privilegio e il piacere di essere, nel 1999, il primo docente di Bioreattori. Allora era un mondo tutto da scoprire, oggi la figura del Biotecnologo Industriale è molto ben individuata anche rispetto ad altri profili contigui”. Lo testimoniano gli interessanti percorsi di alcuni ex-studenti.
A cominciare da Antonello Lodato, project manager alla Capua BioService, un’azienda con centosettanta dipendenti, nata nel 1958 e diventata autonoma di recente dopo diversi passaggi di proprietà, in grado di offrire soluzioni sia a livello di laboratorio che di grande produzione industriale, specializzata nella realizzazione per conto
di terzi nei settori farmaceutico, alimentare e cosmetico. “Negli ultimi dodici anni ho cambiato tre realtà lavorative, restando sempre nel mio ufficio. Possiamo senz’altro dire che il settore è in fermento”, commenta, scatenando l’ilarità dei presenti, il dott. Lodato, iscritto al primo anno di istituzione del Corso e laureato nel 2001. “In aula eravamo in quindici e, per questo, molto seguiti, quasi come in una classe di liceo. Abbiamo sempre sentito la
vicinanza dei professori, con i quali abbiamo sempre potuto discutere di qualsiasi problema. Ho scelto questi studi per curiosità, perché cercavo qualcosa di nuovo, che mi desse una formazione e una capacità di ragionamento ampia. Nei primi tempi dopo la laurea, ai colloqui, dovevo spendere sempre un po’ di tempo per spiegare chi fosse
un Biotecnologo e cosa facesse, ma ormai è una specializzazione che si sta affermando. La nostra preparazione, davvero eccellente, ci consente di parlare con scienziati e tecnici diversi”. Tanto che oggi alla Capua BioService lavorano tre Biotecnologi Industriali e, negli anni, in tanti vi hanno svolto delle attività costruendo anche carriere
importanti. Antonella Tito lavora alla produzione di molecole a basso impatto ambientale all’Arterra Bioscience, un’impresa napoletana che svolge ricerca di base nei settori agrario, farmacologico e biochimico, nata nel 2004 su iniziativa di un gruppo di ricercatori del CEINGE. L’anno successivo si affianca al progetto un partner industriale
per mettere a punto prodotti chimici a basso impatto ambientale da utilizzare come insetticidi e, più in generale, come preservanti per le piante. “Il mio progetto di ricerca ha trovato spazio nell’ambito di queste attività”, racconta la dott.ssa Tito che ha svolto presso l’Arterra Bioscience il suo Dottorato in Biotecnologie degli Insetti, occupandosi della piattaforma per l’indagina diagnostica su un insetto pestifero. Nel tempo emergono però altre esigenze e, tra il 2009 e il 2010, dalla fusione con un altro gruppo industriale nasce una nuova società, dedita al settore cosmetico nel quale si impegna subito, cambiando completamente ramo, pur continuando a lavorare sulle proprietà dei vegetali. “Una volta entrati nel mondo del lavoro, dovrete sempre tenere presente la versatilità e la possibilità di adoperare le vostre conoscenze in campi diversi”, avverte. Dal laboratorio di ricerca escono oggi i principi attivi, spesso coperti da brevetto, estratti da piante, colture cellulari vegetali e scarti industriali, per esempio dal caffè, venduti ad altre aziende, sovente all’estero.
Il tirocinio per un atterraggio più morbido nel mondo del lavoro
Le domande degli studenti ai rappresentanti aziendali vertono sulle sfide lavorative, le difficoltà di inserimento e la mobilità. “Vi è mai capitato un compito che non sapevate affrontare, nonostante gli anni di studio e di ricerca?”, chiede un ragazzo. “Succede continuamente. Ci sono sempre problemi da risolvere e, devo dire, per fortuna, altrimenti non ci sarebbe più interesse. È anche parte del nostro ruolo così versatile e in grado di dialogare con tante figure diverse” (Lodato). “Ci sono spesso grosse crisi, ma tutti i problemi si possono affrontare e risolvere lavorando in gruppo. Il gioco di squadra fa la differenza e aiuta moltissimo” (Tito) “Abbiamo sempre l’impressione che il mondo del lavoro non comprenda il potenziale del Biotecnologo. Voi come vi siete presentati ai colloqui?
È stato facile o avete dovuto faticare finchè non avete trovato la realtà che conosceva questo profilo?”, domanda una studentessa. “Il rapporto con la società in cui lavoro è nato durante un tirocinio in collaborazione con il CEINGE. In seguito, sono stata chiamata per il Dottorato. Tanti altri biotecnologi sono entrati attraverso il tirocinio.
In giro ci sono molte opportunità di stage, informatevi, penso che questo rappresenti il modo migliore per farsi conoscere. In pochi minuti di colloquio è proprio difficile” (Tito). “Negli ultimi quindici anni ho affrontato parecchi colloqui, anche come valutatore, e ho capito che, in questi casi, si va alla ricerca di qualcuno in grado di risolvere un problema. È chiaro, però, che non sempre una persona coincida perfettamente con il profilo richiesto. Per questo vi consiglio di fare quanta più esperienza possibile: stage, tirocini, anche volontariato. Il voto di laurea conta, ma servono di più le capacità, le abilità e la passione” (Lodato). “In termini lavorativi, quanto è stato utile il titolo di Dottorato?”, vuol sapere uno studente. “Non è tanto importante per trovare lavoro, quanto per la formazione. Con la sola laurea, è difficile avere un ruolo superiore a quello del tecnico” (Tito). “È il primo progetto che ti viene affidato e dà gli strumenti per un atterraggio più morbido nel mondo del lavoro” (Lodato).
Il contesto lavorativo è internazionale
“Per il Biotecnologo ci sono maggiori possibilità all’estero. Cosa pensate del contesto nazionale e regionale?”, chiede dalla platea un altro ragazzo. “Il nostro è un settore nascente su cui investono in molti, principalmente all’estero, ma anche qui da noi la figura si sta affermando. Le aziende adesso cercano, in modo mirato, i Biotecnologi. Dieci anni fa non era così” (Lodato). “Siamo una regione Obiettivo Uno e questo incentiva la nascita di attività specifiche nel settore. Io non mi sono mai mossa, però guardatevi sempre intorno e andate dove trovate le opportunità” (Tito). Il prof. Antonio Marzocchella, Coordinatore del Corso di Studi, apre una piccola parentesi sulle prospettive dei Biotecnologi e rincuora un po’ la platea. “La grande maggioranza di coloro che si sono laureati in questi vent’anni è occupata all’estero. I vostri orizzonti, però, non dipendono tanto dal luogo di lavoro, quanto dal contesto lavorativo, che è naturalmente internazionale e richiede la conoscenza di almeno una lingua straniera, certamente l’inglese. Anche i nostri testimonial di oggi, che operano in Campania, collaborano con partner esteri con i quali comunicano esclusivamente in inglese. I primi laureati hanno avuto molte difficoltà di inserimento, ma oggi i Biotecnologi hanno molto più spazio. Bisognerà ancora impegnare parecchio perchè tutti sanno di cosa si occupano le figure canoniche, meno cosa può fare un Biotecnologo. Per questo continueremo a organizzare eventi che consentano agli studenti di avere un quadro il più chiaro possibile sulla spendibilità del titolo”.
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