Se ‘la parola è donna’, questa donna è sicuramente Dacia Maraini. Autrice apprezzata in Italia e all’estero, esponente di spicco della scena culturale dalla metà del Novecento a oggi, profonda conoscitrice della condizione femminile: la sua è la prima laurea honoris causa assegnata a una donna dall’Università L’Orientale. Un nome che racchiude una biografia incredibile, raccontata attraverso le storie vissute in luoghi lontani – dall’Estremo Oriente all’America – eppure vicini e presenti alla mente dei lettori che hanno incrociato le opere dell’instancabile e multiforme scrittrice. Sì, “perché se si va alla voce di ‘scrittore’ riportata dal dizionario la sig.ra Maraini incarna in maniera esemplare ogni sinonimo: romanziera, poetessa, saggista, drammaturga, sceneggiatrice, giornalista, critica letteraria, traduttrice, memorialista”, ma anche una narratrice di viaggi, assidua frequentatrice delle arti performative, regista teatrale e cinematografica. “È davvero difficile dire quale delle sue tante sfaccettature oggi si voglia onorare con un riconoscimento che è stato accolto con grande entusiasmo da tutta la comunità accademica”. Sono le parole della Rettrice Elda Morlicchio che inaugurano la cerimonia di conferimento tenutasi mercoledì 17 ottobre nella Sala Conferenze di Palazzo Du Mesnil in via Chiatamone. “Abbiamo voluto annoverarla tra i laureati eccellenti, perché nella sua personalità trovano riscontro le caratteristiche del nostro studente ideale: grande curiosità intellettuale, interesse per i popoli e le culture, rispetto delle differenze, passione per il viaggio inteso come esperienza dell’altro”.
“Innamoramento del
diverso”: la mission
dell’Ateneo
diverso”: la mission
dell’Ateneo
Molte le costanti di affinità tra la vocazione internazionalista e interculturale dell’Ateneo e i principi che hanno ispirato le opere della scrittrice. “Quest’Università nasce nel 1732 e si chiama ‘L’Orientale’, perché la sua missione era ed è la creazione di un dialogo tra le civiltà del mondo con lo scopo di combattere attraverso la reciproca comprensione le reazioni d’odio per il dissimile instaurando il sentimento contrario: l’innamoramento del diverso”. Costella la vita molto ‘attiva’ della laureanda una sfilza di riconoscimenti già conferiti, dall’onorificenza dell’Ordine del Sol Levante assegnatole un anno fa dal governo giapponese ai Premi letterari, in particolare il Campiello per ‘La lunga vita di Marianna Ucrìa’ (1990) e il Premio Strega per la raccolta di racconti ‘Buio’ (1990), nella cui forma espressiva si riflettono come in uno specchio “il fervore ideologico, la forza della memoria e l’impegno civile speso in favore della difesa dei diritti di genere, quando – anni drammatici – il grande Altro era proprio la donna. In un’epoca in cui la violenza fisica e psicologica esercitata nei confronti del femminile persiste come piaga sociale, a lei va la mia riconoscenza a nome di tutte le donne per aver restituito voce alle sofferenze e dignità alle parole”, chiosa la Rettrice citando libri come ‘Donna in guerra’ (1975), ‘Amore rubato’ (2012) e ‘Tre donne’ (2017). Le opere della Maraini (diffuse in oltre 20 Paesi) da sempre, infatti, educano alla convivenza civile e insegnano che l’esotismo sia relativo, perché inevitabilmente legato alla variabilità del punto di vista. E proprio sulla volontà dialogica di costruire un legame tra visioni e valori differenti da mettere a confronto, si incardina il Corso di Laurea Magistrale in Letterature e Culture Comparate. “Non ho preparato un discorso – esordisce invece il prof. Augusto Guarino, Direttore del Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati – perché naturale per noi è stata la convergenza verso il nome della Maraini, nel cui lavoro artistico e intellettuale sentiamo di poterci identificare, per una programmaticità d’intenti: la sua attività pluridecennale espressa col tramite della letteratura – una letteratura codificata da una certa linguistica – offre uno sguardo critico sulla realtà contemporanea. Scrivere, in fondo, vuol dire dare un nome alle cose, dare fiducia al pensiero. Ed è qualcosa di cui c’è davvero molto bisogno”. A ripercorrere le tappe salienti dell’odissea creativa della Maraini la laudatio della prof.ssa Donatella Izzo, Coordinatrice del Corso di Laurea Magistrale coinvolto: “Cifra unificante della sua produzione è la fascinazione dell’altrove, lì dove la scrittura fonde autobiografia, biografia e storia, affinché l’esplorazione narrativa possa essere qualcosa di tangibile attraverso la finzione letteraria, aprendosi al confronto con un altro: remoto nella memoria, l’infanzia trascorsa a Bagheria in Sicilia; lontano nello spazio, i ricordi degli anni di prigionia a Nagoya, in Giappone; distante a livello sociale, le donne nella cultura patriarcale; un altro nell’arte, si pensi al sodalizio con Moravia e Pasolini”. E proprio in ‘La seduzione dell’altrove’ (2010) Dacia Maraini ha raccolto i propri scritti di viaggio, delineando le traiettorie di un nuovo cosmopolitismo che deve essere, insiste la docente, “compito di ogni cittadino del mondo”.
“Sono fedele alla
scrittura, a lei ho
dedicato la mia vita”
scrittura, a lei ho
dedicato la mia vita”
Per una viaggiatrice con ascendenze tosco-siciliane, radicate in origini disseminate in molte parti del globo (Cile, Svizzera, Polonia, Inghilterra…), la laurea in Letterature e Culture Comparate costituisce un passaggio di testimone simbolico. “Mio padre Fosco, etnologo e orientalista, aveva studiato qui negli anni Trenta col maestro Giuseppe Tucci. Il primo libro che ha scritto riguardava il Tibet. Da lui ho ereditato la passione per i viaggi, ma nella mia famiglia – sarò sincera – la scrittura apparteneva alle donne. A casa mia a volte mangiavamo poco, ma i libri… quelli c’erano sempre”, dice Maraini, prima di tenere una lectio magistralis che parla di ‘donne e uomini tra amore e disamore’. “La parola è immersa nella storia e la crea. Per esempio, nella lingua italiana è vero che la parola uomo contenga la parola donna, ma non è vero il contrario. Il possesso del linguaggio è indice di conoscenza ed è curioso come, secondo le Sacre scritture, sia una donna la prima che mordendo la mela manifesti il desiderio di dominare l’impeto di conoscenza. Il linguaggio è un privilegio, la conoscenza libertà. Ci sono stati tempi malati in cui alle donne era proibito conoscere. Paradossalmente, solo in convento potevano essere padrone di sé e del proprio corpo, libere di coltivare il proprio spirito”, continua leggendo brevi passi tratti dalle mistiche. Eppure alcune ce l’hanno fatta “a venir fuori, malgrado tutto, a irrompere nel pensiero storico, proprio adoperando i mezzi dell’esclusione, grazie al coraggio di alcuni uomini. Il primo a rompere la tradizione? Il figlio di Maria di Nazareth che comunica la propria resurrezione a tre donne, sebbene per quei tempi esse non fossero considerate degne di testimoniare. Chi altro? Ibsen con Nora, figura di una donna borghese che si ribella, Tolstoj con Anna Karenina, Flaubert con Madame Bovary, Hawthorne con la sua Lettera Scarlatta e persino Manzoni con la Monaca di Monza. Perdonate se sono tutti esempi letterari, ma io sono fedele alla scrittura, a lei ho dedicato la mia vita”.
Sabrina Sabatino
Sabrina Sabatino