La sostenibilità degli orari di lezione, questione insoluta per gli studenti di Ingegneria

Carico didattico per ore di lezione. Tempo a disposizione per appelli d’esame. Formule grossolane per esplicitare alcuni parametri di riferimento della vita degli studenti di Ingegneria. Li abbiamo incontrati nella sede di Via Claudio, per un giro di interviste durante le prove intercorso di metà semestre. “Da noi ne è prevista solo una, a fine novembre. Si tratta di Trasmissione del Calore, un corso che seguiamo insieme ai nostri colleghi di Ingegneria
Meccanica. Dal momento che hanno dovuto unire due Corsi di Laurea, le lezioni e le attività sono state organizzate proprio bene, pensando alle esigenze di tutti. Ma è l’unico”, raccontano Luigi G., Davide A. e Giovanni C., terzo anno di Ingegneria Elettronica, che hanno qualche problema di ordinamento didattico. “Siamo stati gli ultimi iscritti per i quali era previsto che Fondamenti di Misure fosse posizionato al terzo anno. L’anno successivo alla nostra iscrizione, l’ordinamento è cambiato e questa materia è stata anticipata al secondo anno – proseguono i tre ragazzi – Adesso che dovremmo affrontarla, il docente ufficiale sta facendo lezione ai colleghi iscritti un anno dopo e a noi è stato assegnato un tecnico di laboratorio, il quale si impegna tantissimo e ha predisposto delle ottime attività pratiche, ma non ha esperienza di insegnamento. Su un centinaio di iscritti, ci sono solo una ventina di persone in aula”. “Il semestre è ben organizzato”, dicono Antonio Moccia e Francesca Paola Agretti, curriculum Energia e Ambiente della Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica.
“Siamo temprati, seguiamo corsi di addestramento profughi”
Sono colleghi dei ragazzi di Elettronica al corso di Trasmissione del Calore: “un bel corso, con diversi docenti a fare lezione, che ci ha fornito una panoramica interessante su approcci differenti, tanto materiale e ben due professori di riferimento – dicono i ragazzi che durante il semestre sono impegnati anche con altre discipline, alcune delle quali a scelta – In generale stiamo bene, ma gli accavallamenti, magari solo di un paio d’ore, fra insegnamenti liberi e obbligatori sono inevitabili. Così come il sovraffollamento per le attività che si svolgono in Dipartimento, dove ci sono aule che possono contenere al massimo un centinaio di persone. Se ci sono più iscritti, è inevitabile ritrovarsi a seguire in piedi, o doversi spostare altrove cercando sedie in giro, un po’ dove capita, perché non tutti gli spazi ristrutturati sono forniti di banchi. Noi studenti di Ingegneria veniamo temprati a tutto, con dei veri corsi di addestramento profughi”. “L’unica prova intercorso prevista questo semestre, in Fisiologia, è andata male – commenta laconica Maria, iscritta alla Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica – Consisteva in un questionario a risposta multipla, molto specifico. Una modalità d’esame a cui non siamo granché abituati e, a
detta di molti fra quelli che ci sono già passati, il test è più difficile dell’esame ufficiale. É andata così male che la professoressa sta pensando di abolire la seconda prova”. Come mai una prova intermedia così selettiva? “Non lo sappiamo – rispondono le colleghe Marina e Ilaria che pongono diverse altre questioni – Più che l’organizzazione didattica, le difficoltà maggiori del semestre sono rappresentate dalle opzioni a scelta”. Una dinamica complessa che le ragazze illustrano con notevole dovizia di particolari: “pur essendo una laurea ‘Specialistica’, il nostro biennio è molto generico. Nominalmente è diviso in due rami, Biomeccanico e Strumentazioni, ma noi non sappiamo bene di cosa trattino i corsi liberi. Nessun docente ci ha orientato, se non con una breve simulazione con tre docenti che ha lasciato più dubbi che risposte”. Per questa ragione, sostengono le studentesse, molti si sono trasferiti altrove, ai Politecnici del Nord, in particolare quello di Torino, dove la formazione è maggiormente diversificata e più settoriale. “Per giunta, chi vuole fare l’Erasmus deve inserire nel proprio piano alcuni esami, necessari per gli accordi vigenti, ma nessuno ci informa prima. Perché non li rendono obbligatori e basta, o perché non ce lo dicono con chiarezza?”. Nonostante le grandi trasformazioni logistiche e strutturali da cui il Collegio di Ingegneria è stato interessato quest’anno, con l’inaugurazione di una nuova sede a San Giovanni a Teduccio e la
completa ristrutturazione dell’aulario di Via Claudio, la sostenibilità degli orari continua ad assere una vexata quaestio. “Gli orari sono un po’ pesanti, ma è normale con tre corsi da 9 crediti”, commenta Mariano Pentella, terzo anno di Ingegneria Elettrica. I colleghi Aniello Olando e Giulia Arena non sono altrettanto ecumenici: “Il carico è mal distribuito durante la settimana. Veniamo tutti i giorni, a volte per sei ore di seguito, tutte pomeridiane, dalle 12:30 alle 18:30, altre solo per due ore. Nessuna pausa, pochissimo tempo per studiare”. “Rispetto all’anno scorso, che è stato davvero atroce, tutti i giorni all’Università fino a tardi, quest’anno le attività sono impostate in maniera assolutamente sostenibile. Almeno fino ad ora”, afferma con decisione Romina Iesularo, secondo anno in Ingegneria Gestionale. Mangia sulle scale, nella pausa tra le lezioni, insieme alla compagna di studi Carla Venditti. Le due ragazze si stanno preparando ad un mese di dicembre davvero impegnativo. In calendario due prove
intercorso, rispettivamente in Fisica Tecnica e Informatica, e l’esame di Fisica II. “Abbiamo due giorni liberi la settimana, il mercoledì e il giovedì. Nel complesso, quindi, c’è il tempo di studiare. Le uniche cose delle quali sentiamo la mancanza sono una mensa e un bar. Ci sono tanti posti tutto intorno, ma rispetto alla sede sono lontani e noi abbiamo sempre poco tempo”, sottolinea Carla. Non tutti gli iscritti ad uno stesso Corso di Laurea la pensano allo stesso modo. Ci basta fare una rampa di scale per ascoltare un altro punto di vista. Incontriamo Rossella Fattorusso e Rosalia Iorio, anche loro al secondo anno in Ingegneria Gestionale, un po’ scontente del tour de force a cui le costringe l’università: “finiamo sempre tardi. Stiamo qui dalle 8:30 alle 18:30, in mezzo abbiamo uno spacco di tre ore a spezzarci la giornata. Veniamo da lontano e la sera si fa sempre tardissimo”.
Simona Pasquale
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