Più di quarant’anni di carriera, di cui gli ultimi venti da Ordinario, e oltre 300 pubblicazioni a livello nazionale e internazionale. Lunga è la strada percorsa, sul doppio binario della docenza e dell’assistenza medica, dal prof. Luigi Santini, Ordinario di Chirurgia Generale all’Università Vanvitelli, in pensione dal 1° novembre. “Continuerò, però, a svolgere la mia attività assistenziale”, precisa il docente il cui pensiero va poi agli studenti. “Mi mancheranno, certo – specifica – Nel tempo ci sono stati tantissimi cambiamenti che hanno investito università e studenti. Ma forse non sono i ragazzi ad essere cambiati, quanto il contesto che li circonda. Oggi, con l’ausilio di Internet, hanno a disposizione praticamente qualunque informazione. Ed ecco che è la lezione del professore a doversi adattare e stare al passo con i tempi”. Il suo metodo, infatti, “è stato quello di dar vita ad una lezione interattiva in cui partire dall’argomento oggetto della spiegazione e arricchirlo con esempi tratti da una lunga esperienza personale. L’esperienza è quel qualcosa in più che un docente può dare ad un giovane per arricchire la sua formazione”. Il prof. Santini si laurea, nel 1976, in Medicina e Chirurgia alla I Facoltà di dell’Università Federico II, quella che nel 1992 venne annessa all’appena fondata Seconda Università che ora è la Vanvitelli. “Scelsi Medicina perché volevo essere un chirurgo e questa mia decisione nacque da una vicenda personale, dalla morte di mia nonna. La docenza poi è stata naturale. Facevo parte di un contesto che era fatto sia di insegnamento che di attività assistenziale”. Dal 1976, ha ricoperto vari ruoli, si è specializzato in Chirurgia generale nel 1981, è diventato Associato nel 1984 e Ordinario nel 2000. Durante la sua carriera, ha ricoperto anche il ruolo di Direttore della Scuola di Specializzazione di Chirurgia Generale del Vecchio Policlinico. “Quella di Chirurgia è stata una Scuola di vita che mi ha trasmesso una serie di principi etici e morali che ho sempre rispettato durante tutta la mia carriera. La differenza con i giovani di oggi, forse, è qui, proprio nel non rifarsi più ad una Scuola. Dopo pochi anni di Specializzazione immaginano già di essere arrivati”. È questo un concetto a cui il docente tiene molto, in cui si riassume il cambiamento che negli anni ha investito l’università: “Forse si dovrebbe andare al recupero delle Scuole mediche e chirurgiche. L’università non è solo una sequela di insegnamenti, ma dovrebbe aprire la mente ad una specifica visione delle realtà e del mondo che deve essere una guida”.
Associato a 34 anni
Momento più bello della carriera: “Forse l’essere diventato Associato. Avevo 34 anni, ero molto giovane. Fu un grande onore, che colsi con senso di responsabilità. Posso dire di aver avuto un grande legame con i miei Maestri, cosa che oggi si è un po’ persa nel contesto odierno in cui tutto si riduce a dei concorsi nazionali, al numero delle pubblicazioni”. E ancora, “nel passaggio da Facoltà a Dipartimenti c’è stato un ulteriore frazionamento. Se prima c’erano, ad esempio, le riunioni di Facoltà ogni mese, oggi ci sono alcuni colleghi che non conosco”. Rispetto al passato, inoltre, “ci sono stati tantissimi progressi tecnologici che hanno contribuito al cambiare delle cose, impattando chiaramente anche sulla ricerca medica. Oggi i medici hanno a disposizione una serie di presidi diagnostici che danno delle maggiori possibilità terapeutiche e che in passato non c’erano”. Il docente si è interessato tanto anche alla Sanità, “anni fa fui indicato proprio per questo assessorato, ma rifiutai perché avevo l’impegno di professore universitario oltre che di medico. Sono tornato sul tema a marzo quando ho sottolineato che fosse una follia affrontare il Coronavirus senza un assessore alla Sanità, senza un tecnico che organizzasse la risposta a questo problema”. Poi prosegue: “Avevo sottolineato anche che bisognava incrementare sin da subito la medicina territoriale suggerendo la necessità di edifici dedicati al Covid e non prevedere, in tutti gli ospedali, posti per la cura dei contagiati”. Negli anni, “un grande errore è stato quello di costruire una sanità ospedale-centrica. Oggi scontiamo questo sbaglio con un territorio sguarnito di presidi con cui poter far fronte all’epidemia”. Per la sconfitta della malattia ci sarà bisogno del vaccino, a cui stiamo arrivando, ma abbiamo pagato un alto prezzo in termini di vite. “Durante la fase calante, dovevano essere poste le condizioni per affrontare la seconda ondata del virus, cosa che non è stata fatta”. Il prof. Santini, ad oggi, non si ferma. Alle recenti elezioni regionali si è candidato con la lista di Clemente Mastella ‘Noi Campani’, “proprio per dare il mio contributo nell’ambito della sanità. Ho avuto un buon successo in termini di voti. Questo vuol dire che il mio impegno è stato riconosciuto”. Un ultimo consiglio agli studenti: “Ai giovani mi sento di dire che devono possedere due cose: tenacia e determinazione e capacità di sognare. Devono porsi un obiettivo e, anche se può sembrare irraggiungibile, impegnarsi nel perseguirlo. Più lontano si guarda, più avanti si va”.
Carol Simeoli
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