Monica, uno stop di due anni, la voglia di mollare e poi il riscatto

“Questa facoltà mi ha cambiato. Mi ha messo di fronte alla realtà. Nella vita, se ti perdi e rimani indietro, tutto scorre e va avanti lasciandoti lì, esattamente nel posto in cui ti sei arenata. Per anni mi sono sentita così: abbandonata a me stessa. I miei amici si sono tutti laureati ed io non ho fatto altro che guardare inerme. E più guardi gli altri andare avanti, più rimani ferma e non riesci a superare gli esami”. Monica L., studentessa fuoricorso del vecchio ordinamento, quasi trent’anni, dieci dei quali trascorsi a Giurisprudenza,  racconta la sua storia così dolorosamente comune a tanti studenti. 
Monica sa di essere in parte responsabile del suo arenarsi. “Mi sono iscritta a Giurisprudenza non del tutto convinta. Avrei voluto scegliere Lettere. Poi ho valutato le prospettive lavorative ed ho desistito. Niente di più sbagliato. Nella vita bisogna fare solo ciò che veramente piace”. Quando si è iscritta erano in vigore i corsi annuali e per gli esami bisognava attendere maggio. “Era una grandissima perdita di tempo. Le lezioni cominciavano a  novembre, così ti sentivi completamente libero di non fare nulla. L’oppressione giornaliera della scuola superiore era terminata e maggio sembrava sempre tanto lontano”. Una partenza con il piede sbagliato: “studiavo male e da sola, ero discontinua e non programmavo bene gli esami. Poi ho iniziato a lavorare tre giorni a settimana per potermi mantenere. Insomma, ho fatto una serie di scelte sbagliate che mi hanno portato a rallentare gli studi”. I primi esami e poi… Privato. “L’ho tralasciato e da quel momento sono iniziati i problemi. Privato è propedeutico e bisogna superarlo il secondo anno, altrimenti non si va avanti”. “Io più tralasciavo gli esami, più facevo programmi assurdi. Volevo recuperare il tempo perduto in pochi mesi. E così studiavo tre esami contemporaneamente, il fine settimana continuavo a lavorare e credevo sempre di poter recuperare. Non è assolutamente vero. A Giurisprudenza alcune discipline debbono essere assimilate col tempo, le corse folli sono nemiche dello studio”. 
Un mea culpa. Ma anche parole dure verso un sistema che sembra non avere un’anima. “Ho sperimentato sulla mia pelle quanto sia vera la leggenda che aleggia su Giurisprudenza. Rapporto inesistente con i professori, ragazzi pronti a tutto pur di potere arrivare per primi e una folla immensa. A volte in Dipartimento siamo così tanti che verrebbe voglia di mettere su casa lì…”. 
Viene la voglia di mollare. “Molti ragazzi hanno abbandonato. Si arriva ad un punto in cui credi che l’università non è la cosa giusta. E quindi lasci, perdi la battaglia psicologica con te stesso.  Poi ruotano le cattedre, cambiano i libri, cambiano i professori e ti ritrovi con un esame preparato che non serve più. E la spirale che ti porta verso il basso diventa sempre più vorticosa. Anche io avevo pensato di lasciare. Per ben due anni non ho sostenuto esami. Sono stati i miei genitori a farmi cambiare idea. E così ho cercato di riprendere ma non è stato facile”. Nel frattempo l’Università era ulteriormente cambiata. “C’era il nuovo ordinamento e le vecchie matricole non erano altro che spazzatura da smaltire… Tante volte agli esami mi sono sentita dire che ero indietro, che ancora stavo lì, che era assurdo non avessi completato gli esami del secondo anno. Insomma, i professori non hanno mai risparmiato commenti negativi sul mio percorso universitario. Che rabbia! Si dovrebbero sostenere gli studenti che con difficoltà sono ritornati in pista”. Per fortuna Monica non si è lasciata avvilire ed ha continuato spedita il suo nuovo percorso. “E’ come se mi fossi iscritta due volte. Dopo i due anni di pausa ho deciso di rimettere ordine nella mia vita universitaria. Ho cominciato a rispondere in modo vago alle domande indiscrete di amici e parenti. Ho iniziato a seguire i corsi, a porre domande, mi sono inserita in un gruppo di studio (studiare insieme diventa più facile e sicuramente meno noioso). Ogni mattina con mille sacrifici vado a studiare all’università. Se si rimane a casa si rischia di perdere tempo, l’aula studio ti riporta inesorabilmente al libro e quindi si studia molto di più. Purtroppo non ci sono più corsi per gli studenti del vecchio ordinamento, mi accontento di seguire quelli del nuovo ordinamento, le parti del libro che non sono spiegate all’interno del corso cerco di capirle da sola. Se proprio non ci riesco, c’è sempre il Dipartimento”. Una decisione: “ho smesso di lavorare per dedicarmi anima e corpo allo studio. I soldi scarseggiano, ma a qualcosa bisogna pur rinunciare. L’Università è fatta di sacrifici, il motto tutto e subito qui non attacca”. E quindi quanto manca al termine? “Non lo dico nemmeno sotto tortura. Dopo anni di sguardi interrogativi, quando si è vicini alla fine si ha paura di tutto. Dico solo che mi manca ancora Procedura Civile, il terrore di tutti. Alcuni miei amici l’hanno affrontato 3-5 volte”. Progetti futuri? “Per ora non ci penso, la sessione estiva è vicina ed io devo superare gli ultimi esami…speriamo!”.
(Su. Lu.)
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