Più appelli, prolungamento degli orari della Biblioteca, segreteria più efficiente. L’elenco delle segnalazioni degli studenti di Economia è semplice, le argomentazioni interessanti. “Ci vorrebbero più appelli, come a Medicina, e bisognerebbe prolungare un po’ le sessioni che ci sono già, aggiungendo marzo a quella invernale e aprendo le sessioni straordinarie di novembre e aprile anche agli iscritti in regola, magari programmando i corsi da cinque crediti per inserirli in quegli appelli”, dicono senza farsi pregare Gianpaolo Pisano, Raffaella Vitale e Maria Somma, secondo anno di Economia Aziendale. “Gli esami, soprattutto a dicembre, cominciano davvero troppo a ridosso della fine delle lezioni”, proseguono. Congruenza fra tempo a disposizione e vastità dei programmi, ecco un’altra discrepanza che i tre ragazzi hanno tratto dalla loro esperienza: “alcuni docenti, un po’ vecchio stampo, sono fissati con spiegazioni che richiedono un tempo materiale che non abbiamo”. Non hanno dubbi nemmeno sulle proposte per migliorare il rendimento accademico: “introdurre delle verifiche intercorso per esami lunghi e vasti come Microeconomia e Diritto Commerciale”.
“Spesso non c’è omogeneità fra i semestri, in un anno un semestre è pesante e l’altro è leggero, sbilanciando il carico di studio, perché gestire cinque esami in un mese è praticamente impossibile”, dice Flavia Del Gais, studentessa di Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale. La collega, iscritta alla Laurea Magistrale in PGST, sottolinea la mancanza di testi di riferimento: “alcuni corsi non seguono l’ordine del testo, ma soprattutto altri non prevedono del materiale di riferimento”. Per affrontare le sfide dell’università le due ragazze consigliano una ricetta, a base di studio in gruppo, scarsa o inesistente vita sociale prima degli esami, confronto con i colleghi più grandi e all’interno di forum e gruppi social, ricerca di dispense valide con le quali integrare appunti e manuali. Un suggerimento: più tirocini formativi, da rendere obbligatori, di almeno sei mesi, e un programma di inserimento lavorativo post lauream. “Mi sono resa conto che, molto più di quello che ho imparato studiando, conta l’esperienza. Quando mi sono confrontata con il mondo del lavoro, mi hanno seguito ragazzi più giovani non laureati e che conoscevano anche le lingue meglio di me”, racconta Lucia Benevento, laureata da due anni in Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale. Anche altri segnalano la limitatezza della conoscenze linguistiche offerte. “Oggi le lingue fanno molta differenza, ma noi al più studiamo un po’ d’inglese”, sottolinea Fabrizio Gentalavigna. Poi pone all’attenzione un altro disservizio: “La segreteria e gli uffici di presidenza sono lontani anni luce dagli studenti. Anche gli orari delle lezioni e l’assegnazione delle aule in relazione al numero di iscritti sembrano essere spesso realizzati in maniera casuale”. Giovanna Fontana, Vittorio Narici e Filippo Fasano, studenti Triennali di Economia Aziendale, e Francesco Biffoli, della Triennale di Economia e Commercio, sottolineano molti aspetti strutturali, fra i quali la Biblioteca, che, a detta di molti intervistati, chiude troppo presto, alle 18.30, e la segreteria: “sono mesi che c’è sempre un solo sportello aperto”. Infine, una nota culturale: “sarebbe bello se fossero unificati i programmi di studio.Per alcuni insegnamenti le cattedre hanno impostazioni, programmi, metodimdi verifica e valutazione completamente diversi”.
Simona Pasquale
“Spesso non c’è omogeneità fra i semestri, in un anno un semestre è pesante e l’altro è leggero, sbilanciando il carico di studio, perché gestire cinque esami in un mese è praticamente impossibile”, dice Flavia Del Gais, studentessa di Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale. La collega, iscritta alla Laurea Magistrale in PGST, sottolinea la mancanza di testi di riferimento: “alcuni corsi non seguono l’ordine del testo, ma soprattutto altri non prevedono del materiale di riferimento”. Per affrontare le sfide dell’università le due ragazze consigliano una ricetta, a base di studio in gruppo, scarsa o inesistente vita sociale prima degli esami, confronto con i colleghi più grandi e all’interno di forum e gruppi social, ricerca di dispense valide con le quali integrare appunti e manuali. Un suggerimento: più tirocini formativi, da rendere obbligatori, di almeno sei mesi, e un programma di inserimento lavorativo post lauream. “Mi sono resa conto che, molto più di quello che ho imparato studiando, conta l’esperienza. Quando mi sono confrontata con il mondo del lavoro, mi hanno seguito ragazzi più giovani non laureati e che conoscevano anche le lingue meglio di me”, racconta Lucia Benevento, laureata da due anni in Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale. Anche altri segnalano la limitatezza della conoscenze linguistiche offerte. “Oggi le lingue fanno molta differenza, ma noi al più studiamo un po’ d’inglese”, sottolinea Fabrizio Gentalavigna. Poi pone all’attenzione un altro disservizio: “La segreteria e gli uffici di presidenza sono lontani anni luce dagli studenti. Anche gli orari delle lezioni e l’assegnazione delle aule in relazione al numero di iscritti sembrano essere spesso realizzati in maniera casuale”. Giovanna Fontana, Vittorio Narici e Filippo Fasano, studenti Triennali di Economia Aziendale, e Francesco Biffoli, della Triennale di Economia e Commercio, sottolineano molti aspetti strutturali, fra i quali la Biblioteca, che, a detta di molti intervistati, chiude troppo presto, alle 18.30, e la segreteria: “sono mesi che c’è sempre un solo sportello aperto”. Infine, una nota culturale: “sarebbe bello se fossero unificati i programmi di studio.Per alcuni insegnamenti le cattedre hanno impostazioni, programmi, metodimdi verifica e valutazione completamente diversi”.
Simona Pasquale