Parte la nuova Triennale in Design per la comunità

“Sarà a numero programmato. Noi dovremmo prendere, come Triennale di nuova istituzione, per Decreto ministeriale 180 persone. Però, poiché è il primo Corso di Design alla Federico II e non abbiamo ancora risorse e spazi adeguati ad accogliere 180 studenti, abbiamo pensato di programmare come prima volta 120 posti”. Il prof. Massimo Petriccioli fornisce dettagli ed anticipazioni in merito al Corso di Laurea Triennale in Design che Architettura attiverà il prossimo anno.
Cosa è questa nuova iniziativa? “Un Corso di Design particolare con una sua originalità. Per descriverlo, parto da quello che non è, in modo da sgomberare il campo da aspettative infondate. Non è un corso di Design, tra virgolette, milanese. Non si studierà Design del prodotto, Graphic Design o Design degli interni. Si chiama Design per la comunità, Community Design in inglese, che individua una cosa precisa. Sostanzialmente, vorremmo che i ragazzi che si iscrivono imparino ad ideare, concepire, definire, immaginare prodotti, spazi e servizi per la collettività, coinvolgendo gli utenti nello sviluppo di progetti complessi, partendo dai fabbisogni della collettività. In sostanza, vorremmo formare un Designer che riconosce ed accetta la sfida determinata dalla circostanza che il suo lavoro ha un enorme impatto sociale. L’obiettivo della nostra attività sarà di insegnare ai ragazzi o, meglio, di mettere i ragazzi in condizione di apprendere metodologie di progettazione centrate sui reali bisogni delle utenze. Un design non diretto, condotto e condizionato dall’industria, ma che riscopre il valore dell’utente anche in processi di design collaborativo”.
Chi è il designer ed in cosa si differenzia dall’architetto? “Si pensa che sia un signore che progetta e segue la realizzazione di frullatori, sedie, tavoli. In realtà è uno che pensa una cosa e cerca di capire come metterla in pratica, pensa al processo realizzativo. Gli architetti – io lo sono e faccio autocritica – spesso pensano ad idee bellissime ma non hanno la capacità, perché il sistema non lo consente loro, di controllare tutto dall’inizio alla fine. Il designer, invece, è un artigiano con pochi strumenti a disposizione e controlla tutto il processo. Un artigiano digitale che può interagire con nuovi materiali, processi produttivi e tecnologie. È un progettista che continua a guardare al progetto come un campo di incrocio tra arte e tecnica”.
Cosa studieranno quanti si immatricoleranno nel prossimo anno a Design per la comunità? “Il primo anno sarà dedicato ad insegnamenti di base: tecniche di disegno e basic design. Sarà per gli studenti come immergersi in un mondo tecnico, comunicativo e rappresentativo formale nuovo. Nel secondo anno introduciamo le metodologie di progetto basate sull’utente. Il terzo anno è dedicato al caso studio, che per noi sono le realtà, le collettività, le comunità. La città diventa lo sfondo di applicazioni didattiche sperimentali. Ci saranno perciò insegnamenti di sociologia, di studi urbani, di valutazione dei progetti di innovazione. Gli studenti imparano a dare un valore sociale prima ancora che economico a ciò che producono, progettano e creano”.
La nuova Laurea Triennale è in sequenza con la Magistrale in Design per l’ambiente costruito che è stata attivata qualche anno fa dal Dipartimento? “Sì, c’è un rapporto strettissimo con il Corso di secondo livello. Quest’ultimo, che sarà il naturale prosieguo della Triennale, quest’anno ha avuto un forte incremento di immatricolati. Siamo passati da 12 del precedente anno accademico a 40. È accaduto perché abbiamo cambiato ordinamento ed abbiamo introdotto due curricula chiari e professionalizzanti. Uno nella direzione del Design dell’allestimento (anche di tipo abitativo per le emergenze), oggi un campo enorme dove c’è una grandissima richiesta di mercato. L’altro, pensato in sintonia con il prof. Giorgio Ventre e con gli altri  colleghi della Apple Academy di San Giovanni, è un percorso in Digital Design con il quale si affacciano al mondo dei prodotti digitali prevalentemente immateriali. Pensiamo alle app ed alle piattaforme”.
Dove si svolgeranno i corsi? “Le lezioni si terranno nella sede di via Forno Vecchio. La Magistrale è invece a Palazzo Gravina. Poi, magari tra qualche anno, se avrò forza e possibilità, mi piacerebbe concentrare il tre più due tutto da una parte per marcare la presenza del design a Napoli”.
Quando parte una nuova iniziativa ci sono sempre sogni e speranze che l’accompagnano. I suoi? “Spero che possiamo diventare attrattivi per realtà meridionali interessantissime. Penso per esempio al mondo della Basilicata o della Puglia. Mi piacerebbe che i ragazzi venissero a studiare da noi piuttosto che spostarsi a Milano. Come, va da sé, mi auguro che gli allievi della Triennale restino a Napoli per la Magistrale. Ho un figlio che vive in Germania ma resto convinto che sarebbe bello se le intelligenze che formiamo restassero qui per aiutare il nostro territorio a crescere e migliorare”.
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