Sono partite da Napoli le celebrazioni per il 60ennale della Liberazione. L’Ateneo Federico II, accogliendo l’invito dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, ha organizzato l’incontro “Verso il 25 aprile” cui hanno preso parte un centinaio di persone, tra istituzioni, docenti e studenti.
Assente l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro per una lieve indisposizione, ha aperto i lavori del 16 febbraio il Rettore Guido Trombetti: “ho accolto con piacere la proposta del prof. Guido D’Agostino di tenere questo incontro”. E poi ha letto “il magnifico discorso del Rettore Adolfo Omodeo” il quale, il 14 ottobre del 1943, riaprì l’università dopo l’incendio ad opera dei tedeschi. “L’Ateneo fu bruciato perché a capo c’era un Rettore antifascista”, ha sottolineato Trombetti. “Agli occhi degli hitleriani e dei fascisti, l’Università di Napoli rappresentava uno dei principali centri della tenace opposizione che un gruppo di intellettuali aveva promosso contro il regime fascista e la guerra antidemocratica; opposizione che in Napoli specialmente s’era alimentata dell’insegnamento di Benedetto Croce”, si legge nel libro “L’Università di Napoli incendiata dai tedeschi” -proveniente dall’Emeroteca dell’Istituto di Storia della Resistenza- offerto ai presenti. E poi il ricordo del marinaio fucilato sullo scalone d’ingresso dell’università cui il Rettore Omodeo dedicò una epigrafe ancora oggi visibile.
“Sono lieta che le commemorazioni partano da Napoli dove la Resistenza ebbe inizio con le Quattro Giornate. Fu una reazione alla violenza del fascismo” ha detto il Sindaco Rosa Russo Iervolino ed ha ricordato la definizione che il bresciano Teresio Libelli, diede dei partigiani: “ribelli per amore”. “La Resistenza è uno straordinario pezzo di storia della nostra città”, ha aggiunto il Presidente della Provincia Dino Di Palma richiamando l’attualità di quei valori “la pace fra i popoli, contro ogni dittatura”. Ha poi ricordato “il tributo di sangue e di impegno per la libertà” pagato da tutti i comuni della provincia “Acerra, Marano, Nola, Mugnano, Giugliano, Afragola, Pompei, Bacoli, Torre Annunziata”. Dell’impegno “di sangue e di lotta per la libertà, di cittadini divisi tra loro ma con un unico intento: tornare ad essere non cittadini del mondo ma cittadini nel mondo”, ha parlato l’assessore regionale alla Formazione Adriana Buffardi.
Poi la lezione magistrale del prof. Francesco Paolo Casavola. “Fu una guerra civile fra italiani. Gran parte dei quali abbandonarono il fascismo nel luglio del 1943, con la caduta di Mussolini e con l’avvento del governo Badoglio. Ci furono famiglie spezzate: alcuni alleati con Salò, altri scelsero la Resistenza”. “Le azioni di rappresaglia da parte dei tedeschi uccisero giovani, vecchi, preti, lavoratori. Una Resistenza che vide insieme comunisti e cattolici, laici e monarchici. Il popolo, poi, che seppe distinguere tra dittatura e libertà. La Liberazione seppe dare valori costituenti condivisi, con la stesura della Costituzione”.
Emozionante la testimonianza di un combattente delle Quattro Giornate: Gennaro Di Paola, 83 anni. “Il fascismo prometteva lavoro ai giovani. Noi lo abbiamo trovato sulle montagne della Grecia, dell’Albania, nelle pianure della Russia”. L’incendio dell’Università e l’uccisione del marinaio: “i tedeschi fecero una chiamata alle armi dei giovani napoletani. Su 30 mila si presentarono solo in 150. Tedeschi e fascisti allora iniziarono i rastrellamenti e i bombardamenti della città, i guastatori misero le mine ad edifici, fabbriche. Poi le fucilazioni”. E poi un invito (“a quando una giornata della memoria dei morti per i bombardamenti e i rastrellamenti di Napoli?”) e una denuncia (“perché il nostro Presidente del Consiglio, non si presenta a presiedere le manifestazioni del 25 aprile, giorno dell’Unità Nazionale? Perché non si ricorda che i ragazzi di Salò fucilarono a Piazzale Loreto quindici partigiani?).
“La Liberazione per noi è stata soprattutto una liberazione dalla guerra”, ha detto lo storico Paolo De Marco.
Isabella Insolvibile, giovane laureata, ha ricordato i morti di Cefalonia ad armistizio avvenuto. “Dodicimila soldati della divisione Alpi, l’8 settembre, decisero di schierarsi contro duemila tedeschi. Erano armati di soli fucili moschetto 91. Furono uccisi e fucilati, spesso tra le risate dei tedeschi. Ai militari di Cefalonia, neppure il riscatto della memoria. I tedeschi massacrarono 10 mila italiani; alcuni furono fatti saltare in aria con le bombe, caricati su navi poi fatte affondare. L’ordine di Berlino: coloro che avevano tradito i tedeschi non avevano diritto di sepoltura. Come ha detto di recente il Presidente Ciampi, quella di Cefalonia, fu l’inizio della Resistenza italiana”.
Assente l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro per una lieve indisposizione, ha aperto i lavori del 16 febbraio il Rettore Guido Trombetti: “ho accolto con piacere la proposta del prof. Guido D’Agostino di tenere questo incontro”. E poi ha letto “il magnifico discorso del Rettore Adolfo Omodeo” il quale, il 14 ottobre del 1943, riaprì l’università dopo l’incendio ad opera dei tedeschi. “L’Ateneo fu bruciato perché a capo c’era un Rettore antifascista”, ha sottolineato Trombetti. “Agli occhi degli hitleriani e dei fascisti, l’Università di Napoli rappresentava uno dei principali centri della tenace opposizione che un gruppo di intellettuali aveva promosso contro il regime fascista e la guerra antidemocratica; opposizione che in Napoli specialmente s’era alimentata dell’insegnamento di Benedetto Croce”, si legge nel libro “L’Università di Napoli incendiata dai tedeschi” -proveniente dall’Emeroteca dell’Istituto di Storia della Resistenza- offerto ai presenti. E poi il ricordo del marinaio fucilato sullo scalone d’ingresso dell’università cui il Rettore Omodeo dedicò una epigrafe ancora oggi visibile.
“Sono lieta che le commemorazioni partano da Napoli dove la Resistenza ebbe inizio con le Quattro Giornate. Fu una reazione alla violenza del fascismo” ha detto il Sindaco Rosa Russo Iervolino ed ha ricordato la definizione che il bresciano Teresio Libelli, diede dei partigiani: “ribelli per amore”. “La Resistenza è uno straordinario pezzo di storia della nostra città”, ha aggiunto il Presidente della Provincia Dino Di Palma richiamando l’attualità di quei valori “la pace fra i popoli, contro ogni dittatura”. Ha poi ricordato “il tributo di sangue e di impegno per la libertà” pagato da tutti i comuni della provincia “Acerra, Marano, Nola, Mugnano, Giugliano, Afragola, Pompei, Bacoli, Torre Annunziata”. Dell’impegno “di sangue e di lotta per la libertà, di cittadini divisi tra loro ma con un unico intento: tornare ad essere non cittadini del mondo ma cittadini nel mondo”, ha parlato l’assessore regionale alla Formazione Adriana Buffardi.
Poi la lezione magistrale del prof. Francesco Paolo Casavola. “Fu una guerra civile fra italiani. Gran parte dei quali abbandonarono il fascismo nel luglio del 1943, con la caduta di Mussolini e con l’avvento del governo Badoglio. Ci furono famiglie spezzate: alcuni alleati con Salò, altri scelsero la Resistenza”. “Le azioni di rappresaglia da parte dei tedeschi uccisero giovani, vecchi, preti, lavoratori. Una Resistenza che vide insieme comunisti e cattolici, laici e monarchici. Il popolo, poi, che seppe distinguere tra dittatura e libertà. La Liberazione seppe dare valori costituenti condivisi, con la stesura della Costituzione”.
Emozionante la testimonianza di un combattente delle Quattro Giornate: Gennaro Di Paola, 83 anni. “Il fascismo prometteva lavoro ai giovani. Noi lo abbiamo trovato sulle montagne della Grecia, dell’Albania, nelle pianure della Russia”. L’incendio dell’Università e l’uccisione del marinaio: “i tedeschi fecero una chiamata alle armi dei giovani napoletani. Su 30 mila si presentarono solo in 150. Tedeschi e fascisti allora iniziarono i rastrellamenti e i bombardamenti della città, i guastatori misero le mine ad edifici, fabbriche. Poi le fucilazioni”. E poi un invito (“a quando una giornata della memoria dei morti per i bombardamenti e i rastrellamenti di Napoli?”) e una denuncia (“perché il nostro Presidente del Consiglio, non si presenta a presiedere le manifestazioni del 25 aprile, giorno dell’Unità Nazionale? Perché non si ricorda che i ragazzi di Salò fucilarono a Piazzale Loreto quindici partigiani?).
“La Liberazione per noi è stata soprattutto una liberazione dalla guerra”, ha detto lo storico Paolo De Marco.
Isabella Insolvibile, giovane laureata, ha ricordato i morti di Cefalonia ad armistizio avvenuto. “Dodicimila soldati della divisione Alpi, l’8 settembre, decisero di schierarsi contro duemila tedeschi. Erano armati di soli fucili moschetto 91. Furono uccisi e fucilati, spesso tra le risate dei tedeschi. Ai militari di Cefalonia, neppure il riscatto della memoria. I tedeschi massacrarono 10 mila italiani; alcuni furono fatti saltare in aria con le bombe, caricati su navi poi fatte affondare. L’ordine di Berlino: coloro che avevano tradito i tedeschi non avevano diritto di sepoltura. Come ha detto di recente il Presidente Ciampi, quella di Cefalonia, fu l’inizio della Resistenza italiana”.