Petraccone: estendere la certificazione di qualità europea anche alla Magistrale

Sessantacinque anni, famiglia originaria di Muro Lucano in provincia di Potenza – “ma ci siamo stati solo un paio d’anni, quando siamo stati sfollati da Napoli” – chimico esperto in polimeri e cristallografia, nel suo studio ci sono la foto di Paolo Corradini e i detti di spirito sulla ricerca. Dal primo novembre il prof. Vittorio Petraccone è subentrato, dopo un lunghissimo periodo, al prof. Santacesaria, alla guida del Corso di Laurea in Chimica Industriale. Per senso del dovere. “Ero il docente più anziano e sto ancora imparando come funzionano le cose. Per fortuna il nostro è un Corso piccolo”. Tra le priorità estendere l’Eurobachelor, la certificazione di qualità europea, anche alla Laurea magistrale, in accordo con il Corso in Chimica, e valutare le continue modifiche apportate in questi anni. “Siamo reduci da un lunghissimo periodo di revisioni, ora c’è bisogno di verificare il coordinamento fra i corsi, sempre che la Gelmini non ci imponga altro”. In passato si è dedicato all’orientamento didattico, presiedendo per quattro anni la relativa commissione. 
Petraccone afferma di dover molto della sua carriera al suo Maestro. “È arrivato a Napoli l’anno in cui mi sono iscritto all’università, invogliato dalla mia professoressa di scienze del liceo. Sono rimasto affascinato da Corradini. Chi poteva immaginare che la chimica potesse essere così bella!. Benché abbia fatto la tesi in un settore diverso, ho intrapreso la carriera accademica grazie a lui che ha sempre cercato di trattenere all’università le persone che gli sembravano di buon livello”. 
L’aspetto del suo lavoro da docente che ama di più: seguire i tesisti. “È quello il momento in cui si incide davvero sulla formazione di un giovane, prima si ha a che fare con persone inesperte, delle quali devi soprattutto correggere gli errori”. Nonostante abbia trascorso un anno negli Stati Uniti, all’Università del Massachusset, non ha mai pensato di lasciare l’Italia. “Ci sono andato con tutta la famiglia, compresi i primi tre dei miei cinque figli, allora era uno standard per tutti quelli che facevano ricerca, oggi lo è meno. Certo è una condizione privilegiata, specialmente quando sei un ospite, perché non hai alcun problema di tipo burocratico, però dopo un po’ ti accorgi che non hai radici nel luogo in cui ti trovi e la vita non è solo lavoro e ricerca”. Arrivato quasi alla fine della sua carriera, è felice delle sue scelte: “questo è un lavoro che si fa con piacere. Siamo fortunati perché ci divertiamo. Anche se si non lavora ventiquattro ore al giorno, si pensa spesso, anche fuori dal laboratorio, a come elaborare i dati. A volte le idee migliori vengono proprio in questi casi”.
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