Nasce casualmente dall’incontro tra Giovanna Maria Pierantoni, referente per le attività di tutorato a Medicina, e Maddalena Ligozzi, psicoterapeuta del Centro SInAPSi della Federico II (Sezione per il Successo Formativo), e piano piano prende piede. È un progetto di formazione dei tutor (dottorandi e studenti al quinto e sesto anno che hanno vinto un bando e devono svolgere nel corso di un anno accademico 50 ore di attività di supporto alla didattica, orientamento e assistenza) all’incontro con gli studenti che richiedono un supporto nello studio. L’idea di fondo condivisa è duplice: da un lato esplorare le domande esplicite e implicite degli studenti che chiedono il tutorato, cercando di capire, tra l’altro, se per loro può essere utile usufruire dei servizi di SInAPSi, dall’altro riflettere sulle funzioni dei tutor, sul tipo di relazione che si stabilisce con gli studenti, sulle aspettative e sulle difficoltà incontrate nello svolgimento dei loro compiti.
Il ciclo di incontri, ancora in corso, ha, dunque, l’intento di favorire il confronto sulle funzioni specifiche che i tutor svolgono per gli studenti e la riflessione sui punti di forza e di debolezza di questo sistema organizzativo: come ha funzionato? Quali esiti ci si aspettava e quali risultati sono stati raggiunti? “Il primo incontro, che si è svolto a novembre, all’inizio del mandato, è stato essenzialmente conoscitivo ed è servito sia ai coordinatori che ai tutor a costruire insieme una mappa per potersi orientare, una sorta di bussola che potesse dirigere l’esperienza”, racconta Ligozzi. L’attività “ha sciolto molte paure ed ansie dei tutor”, sottolinea Nella Prevete, ricercatrice a Medicina e coordinatrice operativa del servizio.
Le richieste degli studenti, quest’anno, si sono concentrate sulle materie del primo semestre del I anno, ossia Statistica (circa 70 studenti che gradualmente sono aumentati), Fisica (una quarantina) e, a seguire, Chimica, Anatomia, Farmacologia, Biologia. I tutor, inizialmente, hanno espresso la sensazione di essere poco preparati su insegnamenti non rispolverati da tempo, per cui hanno ripetuto gli argomenti dai testi utilizzati dagli studenti. Immaginavano di dover svolgere prevalentemente un lavoro di supporto alla didattica. Di fronte alla mole di domande per specifiche materie, è parso naturale lavorare in sottogruppi: i tutor assegnati alla specifica disciplina si sono confrontati tra loro, suddividendosi ruoli e funzioni.
Hanno segnalato difficoltà nella gestione di oltre 70 studenti i sei tutor di Statistica. Attraverso un ampio scambio di opinioni, hanno dunque programmato una serie di lezioni suddivise in una parte teorica ed una parte pratica, partendo dal presupposto che la domanda principale degli studenti era stata quella di “imparare a fare gli esercizi, applicazione della teoria”. Hanno chiesto, poi, agli stessi studenti di preparare ed esporre agli altri argomenti di teoria e procedure di svolgimento di esercizi. La divisione dei compiti in aula è stata utile sotto diversi punti di vista: ha stimolato la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti gli studenti, ha consentito un ulteriore approfondimento degli argomenti trattati in quanto questa modalità ha ridotto l’imbarazzo: gli studenti erano meno intimoriti nel richiedere chiarimenti poiché l’interlocutore era un collega. Questa organizzazione ha consentito la gestione di un gruppo così ampio. “Era necessario essere direttivi e mantenere il pugno della situazione”, dice uno dei tutor leader. Il lavoro ha funzionato ed è stato efficace. Grazie al passaparola, “durante le lezioni si presentavano anche studenti che non avevano richiesto formalmente il tutoraggio”.
Organizzazione simile a Fisica. “Gli studenti ci hanno chiesto per lo più aiuto nell’esercitazione per il superamento della prova scritta. La suddivisione degli argomenti da affrontare ad ogni incontro e il lavoro di squadra ci hanno permesso di rispondere in maniera adeguata alle loro esigenze”, afferma la tutor Maria Rita Cerbone, la quale, con i suoi colleghi, ha mantenuto i contatti con alcuni studenti che hanno superato l’esame, “così abbiamo potuto raccogliere informazioni sullo svolgimento dell’esame e sui principali argomenti discussi all’orale; in questo modo è stato possibile tranquillizzare coloro che hanno chiesto il tutorato in un secondo momento”.
Le funzioni dei tutor, però, non si sono esaurite nell’assistenza alla preparazione degli esami. Gli studenti hanno posto richieste di informazioni di qualsiasi tipo, insomma un orientamento su tutto il percorso di laurea: cosa sono i crediti formativi, come si svolgono gli esami, le metodologie dei professori, le domande più frequenti, fino ad arrivare alla stesura della tesi. “Il tutor ha svolto una ‘funzione di ponte’ per lo studente che si approccia al contesto universitario durante il primo anno di corso”, sottolinea Ligozzi. Rintracciate anche richieste connesse a difficoltà emotive: alcuni studenti erano molto preparati ma insicuri, per cui andavano incoraggiati. È emersa quindi un’incertezza generale legata al dover affrontare un nuovo percorso. “Hanno paura di non farcela. Ma è una paura legata all’ansia della novità, perché non è possibile avere realmente delle difficoltà in tutte le materie!”, riflettono alcuni tutor. Illuminante l’esperienza di Laura Venditto, tutor di Anatomia: “Gli studenti che abbiamo seguito hanno presentato difficoltà diverse, dall’approccio ad un nuovo esame, che richiede uno studio diverso dai precedenti, alle difficoltà oggettive di superare le specifiche modalità d’esame. Abbiamo cercato di offrire loro un supporto finalizzato non solo al superamento dell’esame, ma all’acquisizione di un idoneo metodo di studio”.
L’esperienza è servita, senza dubbio, anche ai tutor, i quali, grazie alla flessibilità e la creatività della loro organizzazione, hanno utilizzato come metodo “inconsapevole” la peer education: la divisione in gruppi, l’aiuto tra pari e le competenze messe in comune nel gruppo, lo scambio di informazioni tra persone simili per età o stato è un modo per costruire e rafforzare il senso di efficacia personale e collettiva.
Il ciclo di incontri, ancora in corso, ha, dunque, l’intento di favorire il confronto sulle funzioni specifiche che i tutor svolgono per gli studenti e la riflessione sui punti di forza e di debolezza di questo sistema organizzativo: come ha funzionato? Quali esiti ci si aspettava e quali risultati sono stati raggiunti? “Il primo incontro, che si è svolto a novembre, all’inizio del mandato, è stato essenzialmente conoscitivo ed è servito sia ai coordinatori che ai tutor a costruire insieme una mappa per potersi orientare, una sorta di bussola che potesse dirigere l’esperienza”, racconta Ligozzi. L’attività “ha sciolto molte paure ed ansie dei tutor”, sottolinea Nella Prevete, ricercatrice a Medicina e coordinatrice operativa del servizio.
Le richieste degli studenti, quest’anno, si sono concentrate sulle materie del primo semestre del I anno, ossia Statistica (circa 70 studenti che gradualmente sono aumentati), Fisica (una quarantina) e, a seguire, Chimica, Anatomia, Farmacologia, Biologia. I tutor, inizialmente, hanno espresso la sensazione di essere poco preparati su insegnamenti non rispolverati da tempo, per cui hanno ripetuto gli argomenti dai testi utilizzati dagli studenti. Immaginavano di dover svolgere prevalentemente un lavoro di supporto alla didattica. Di fronte alla mole di domande per specifiche materie, è parso naturale lavorare in sottogruppi: i tutor assegnati alla specifica disciplina si sono confrontati tra loro, suddividendosi ruoli e funzioni.
Hanno segnalato difficoltà nella gestione di oltre 70 studenti i sei tutor di Statistica. Attraverso un ampio scambio di opinioni, hanno dunque programmato una serie di lezioni suddivise in una parte teorica ed una parte pratica, partendo dal presupposto che la domanda principale degli studenti era stata quella di “imparare a fare gli esercizi, applicazione della teoria”. Hanno chiesto, poi, agli stessi studenti di preparare ed esporre agli altri argomenti di teoria e procedure di svolgimento di esercizi. La divisione dei compiti in aula è stata utile sotto diversi punti di vista: ha stimolato la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti gli studenti, ha consentito un ulteriore approfondimento degli argomenti trattati in quanto questa modalità ha ridotto l’imbarazzo: gli studenti erano meno intimoriti nel richiedere chiarimenti poiché l’interlocutore era un collega. Questa organizzazione ha consentito la gestione di un gruppo così ampio. “Era necessario essere direttivi e mantenere il pugno della situazione”, dice uno dei tutor leader. Il lavoro ha funzionato ed è stato efficace. Grazie al passaparola, “durante le lezioni si presentavano anche studenti che non avevano richiesto formalmente il tutoraggio”.
Organizzazione simile a Fisica. “Gli studenti ci hanno chiesto per lo più aiuto nell’esercitazione per il superamento della prova scritta. La suddivisione degli argomenti da affrontare ad ogni incontro e il lavoro di squadra ci hanno permesso di rispondere in maniera adeguata alle loro esigenze”, afferma la tutor Maria Rita Cerbone, la quale, con i suoi colleghi, ha mantenuto i contatti con alcuni studenti che hanno superato l’esame, “così abbiamo potuto raccogliere informazioni sullo svolgimento dell’esame e sui principali argomenti discussi all’orale; in questo modo è stato possibile tranquillizzare coloro che hanno chiesto il tutorato in un secondo momento”.
Le funzioni dei tutor, però, non si sono esaurite nell’assistenza alla preparazione degli esami. Gli studenti hanno posto richieste di informazioni di qualsiasi tipo, insomma un orientamento su tutto il percorso di laurea: cosa sono i crediti formativi, come si svolgono gli esami, le metodologie dei professori, le domande più frequenti, fino ad arrivare alla stesura della tesi. “Il tutor ha svolto una ‘funzione di ponte’ per lo studente che si approccia al contesto universitario durante il primo anno di corso”, sottolinea Ligozzi. Rintracciate anche richieste connesse a difficoltà emotive: alcuni studenti erano molto preparati ma insicuri, per cui andavano incoraggiati. È emersa quindi un’incertezza generale legata al dover affrontare un nuovo percorso. “Hanno paura di non farcela. Ma è una paura legata all’ansia della novità, perché non è possibile avere realmente delle difficoltà in tutte le materie!”, riflettono alcuni tutor. Illuminante l’esperienza di Laura Venditto, tutor di Anatomia: “Gli studenti che abbiamo seguito hanno presentato difficoltà diverse, dall’approccio ad un nuovo esame, che richiede uno studio diverso dai precedenti, alle difficoltà oggettive di superare le specifiche modalità d’esame. Abbiamo cercato di offrire loro un supporto finalizzato non solo al superamento dell’esame, ma all’acquisizione di un idoneo metodo di studio”.
L’esperienza è servita, senza dubbio, anche ai tutor, i quali, grazie alla flessibilità e la creatività della loro organizzazione, hanno utilizzato come metodo “inconsapevole” la peer education: la divisione in gruppi, l’aiuto tra pari e le competenze messe in comune nel gruppo, lo scambio di informazioni tra persone simili per età o stato è un modo per costruire e rafforzare il senso di efficacia personale e collettiva.