Rifiuti e comportamenti virtuosi: i progetti degli studenti

Il rifiuto si trasforma in risorsa e diventa un’opportunità. Riciclare, trasformare, riutilizzare sono un must per il cittadino coscienzioso il cui compito è anche quello di contribuire ad una corretta informazione. Al Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile, Ambientale (Dicea) teoria e pratica si fondono con il progetto Rifiuti per il sociale, parte integrante dell’insegnamento di Rifiuti Solidi del prof. Massimiliano Fabbricino, primo anno della Magistrale di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio. Una sessantina gli studenti coinvolti che, divisi in sette gruppi, hanno sviluppato delle idee basate sui concetti di recupero, riuso e sensibilizzazione presentandole, poi, attraverso dei video. I sette progetti: Eco-Coffee-Bag, Compostiamoci Bene, Tu cosa ci vedi?, Find the Bin, Siga Tube, Dark Sides of Chewing-gum e Mozzibox.
“Ogni anno il prof. Fabbricino individua un tema su cui focalizzare l’impegno degli studenti – spiega il prof. Francesco Pirozzi, Coordinatore del Corso di Studi – Quest’anno, il tema è Rifiuti per il sociale”. L’argomento è di stringente attualità in un contesto in cui, sempre più, si afferma l’importanza di temi come economia circolare, sviluppo sostenibile e green economy: “Il problema dei rifiuti è sicuramente tecnico, ingegneristico, ma coinvolge anche tutti i cittadini. Tutti noi dobbiamo adottare comportamenti virtuosi e il compito dei ragazzi è stato quello di individuare dei filoni all’interno di questa tematica e proporre idee e comportamenti da adottare nella vita quotidiana”. Gli studenti hanno dimostrato di aver colto lo spirito del compito assegnato loro: “Si sono concentrati su cose semplici come, ad esempio, i mozziconi di sigaretta o i chewing-gum, ma hanno sviluppato con originalità delle proposte con un duplice obiettivo: capire quale sia il livello di attenzione e sensibilità rispetto a certe problematiche che hanno i frequentatori di un determinato luogo, non soltanto l’università, e proporre modelli di comportamento”. Creatività, versatilità, sensibilità, competenze organizzative e risolutive sono le doti che gli studenti hanno tirato fuori attraverso questo progetto: “Ancora una volta, i ragazzi hanno dimostrato quali sono le qualità e le capacità tipiche dei nostri studenti: vivono in una città meravigliosa ed eclettica, sanno affrontare qualunque tipo di problema e operare in maniera conviviale e partecipata”. Questi progetti avranno un’applicazione futura? “Al momento sono stati realizzati degli oggetti artigianali. Ma se queste idee funzioneranno e dimostreranno di dare un valido contributo alla risoluzione del problema, a partire da questi progetti, si valuteranno degli interventi più strutturati e istituzionalizzati”, conclude il prof. Pirozzi.
Le idee 
“Volevamo dar vita a un progetto che fosse diverso dai soliti. Ne abbiamo pensate tante e alla fine abbiamo deciso di unire la mappatura dei cassonetti della sede di Piazzale Tecchio ad una campagna di sensibilizzazione”, racconta Ilaria Cascella presentando Find the Bin. Quale l’idea alla base? “Durante il corso, in una delle prime lezioni, abbiamo discusso sul problema dei rifiuti in Campania. Ci siamo accorti che spesso l’informazione non è abbastanza e molte persone non differenziano correttamente i rifiuti. A Piazzale Tecchio ci sono molti contenitori, una sessantina circa, ma talvolta non sono facilmente localizzabili. Si trovano nei corridoi, in corrispondenza delle biblioteche, magari dietro qualche pilastro, e spesso anche gettare una semplice bottiglia diventa difficile. Siamo stati aiutati anche dall’Ufficio tecnico di via Claudio che ci ha fornito dei dati e la mappa di Piazzale Tecchio che poi abbiamo utilizzato come base per la mappatura dei cassonetti. Abbiamo impiegato il programma AutoCAD per le planimetrie che poi abbiamo affisso a Piazzale Tecchio”. Parallelamente gli studenti hanno lavorato ad una campagna di sensibilizzazione: “Abbiamo aperto una pagina Facebook che si chiama Find the Bin e creato anche un logo. I cartelli affissi a Piazzale Tecchio hanno un QRCode che si può scannerizzare con il cellulare e che rimanda alla pagina Facebook e al logo. Sulla pagina ci sono tutte le informazioni per una corretta differenziazione dei rifiuti. Inoltre, portiamo avanti dei sondaggi sulla raccolta differenziata. Li lanciamo sulla pagina Facebook e poi diamo le risposte corrette per rendere il tutto interattivo”. Nella realizzazione del video, gli studenti hanno dato libero sfogo alla fantasia: “L’idea della ricerca dei cassonetti e della mappatura ci ha portato a giocare con i personaggi di Sherlock Holmes e Watson, interpretati dagli unici due studenti maschi del gruppo. Ci siamo procurati la lente di ingrandimento, la pipa… Abbiamo pensato che dovevamo essere sì credibili, però dovevamo anche attirare l’attenzione. Abbiamo lavorato a questo progetto per tutto il mese di aprile, restando all’università dalla mattina alla sera. Ci siamo impegnati tantissimo”. Ma il lavoro non è ancora finito: “L’associazione studentesca Apotema ci ha chiesto di partecipare ad un loro evento. Inoltre, vorremmo proporre una ridistribuzione dei cassonetti e magari estendere il tutto alla sede di via Claudio che è più grande, ma con l’aiuto di Apotema possiamo farlo”, conclude Ilaria.
Mozzibox, come si evince dal nome, è incentrato sui mozziconi di sigaretta. “Sono direttamente coinvolta perché sono una fumatrice – spiega Florinda Ardolino – E faccio caso a tutte le volte in cui non ho dove buttare il mozzicone. Io ho un posacenere portatile, ma solo il 10% degli studenti ne ha uno”. La prima fase del progetto è stata la realizzazione di un contenitore dove gettare i mozziconi: “riciclando le latte per i pelati. Alcune le abbiamo prese dalla spiaggia di Nisida, una nostra collega abita in zona. Con queste latte abbiamo creato i nostri Mozzibox, li abbiamo colorati e abbiamo disegnato un logo che rappresenta il circolo della raccolta differenziata con al centro un mozzicone spento”. I Mozzibox sono stati collocati a via Claudio: “Li abbiamo distribuiti nei punti strategici, ad esempio sulle scale di emergenza dove non ci sono cestini e i mozziconi che vengono gettati a volte cadono sulle teste di chi sta sotto. In un mese li abbiamo svuotati due volte e già dopo le prime due settimane erano stati gettati circa 2000 mozziconi. All’interno abbiamo trovato anche altri tipi di rifiuti come torsoli di mela, questo vuol dire che mancano contenitori anche per altri tipi di rifiuti”. Il progetto di Florinda e dei suoi compagni non è solo la raccolta di mozziconi, ma “volevamo che fosse anche una campagna di sensibilizzazione. Abbiamo somministrato dei questionari da cui sono emersi questi dati: la maggior parte degli studenti fuma e chi getta a terra i mozziconi lo fa o per pigrizia o perché non sa dove gettarli. Molti, inoltre, non sanno in quanto tempo si deteriora un mozzicone di sigaretta che impiega tra i cinque e i dieci anni. Alla fine siamo stati contattati da un gruppo di un circolo di Pomigliano e siamo entrati in contatto anche con alcuni ragazzi di Greenpeace che hanno apprezzato la nostra idea”. 
Il progetto Compostiamoci bene, invece, è stato sviluppato nella pratica al di fuori dell’università. Racconta Vincenzo Minieri: “Il nostro obiettivo era informare, ma non limitandoci all’ambiente universitario e abbiamo proposto la realizzazione del compostaggio domestico al condominio dove abita uno di noi”. Il compostaggio prevede la raccolta della frazione organica del rifiuto, l’umido, in un contenitore specifico e, grazie ad un processo chimico, fisico e biologico, dall’umido si ottiene il compost che può essere impiegato come fertilizzante. “Al condominio abbiamo illustrato i vantaggi ambientali del compostaggio domestico, tra cui anche la riduzione delle emissioni di CO2 dei camion che trasportano il rifiuto, e quelli economici che consistono in una riduzione della Tari anche fino al 30%. Se il condominio volesse davvero impegnarsi nel compostaggio domestico dovrebbe rivolgersi all’ASIA e fare una richiesta specifica per dotarsi di una compostiera. Noi abbiamo costruito la nostra con materiali di riciclo: abbiamo usato un contenitore in vetroresina, lo abbiamo bucherellato per far circolare l’aria e abbiamo creato una porticina sul fondo per estrarre il compost pronto”. Il processo di compostaggio in un impianto richiede circa un mese, quello “domestico invece richiede più tempo. Appena il compost sarà pronto faremo delle analisi di laboratorio. Intanto, il 18 maggio, abbiamo realizzato anche un meeting informativo alla Casa della Cultura e dei Giovani a Pianura. È stata l’occasione per raggiungere studenti di indirizzi universitari diversi”, conclude Vincenzo.
Carol Simeoli
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