La riforma in atto sta rivoluzionando profondamente il sistema tradizionale di vedere, interpretare e vivere l’Università. Gli snodi critici sono numerosi ed importanti: si chiede, infatti, di puntare ad un’Università di qualità, che sia gestita responsabilmente, anche dal punto di vista della sostenibilità economica. L’offerta formativa dovrà essere razionalizzata e ridefinita secondo criteri più rigorosi. Si dovranno sperimentare nuovi modelli di percorsi di studio, rafforzare la Laurea Specialistica, combattere la dispersione degli studenti, incentivare la loro partecipazione fattiva alla vita dell’Università, anche attraverso iniziative concrete a loro favore.
Tutto ciò in un contesto di risorse sempre più scarse, che potranno essere incrementate solo grazie alla qualità della ricerca dei singoli Atenei, che verranno notevolmente premiati, in termini economici, proprio in funzione di questa variabile.
Ma non solo. Altra questione di estrema rilevanza è la “governance”, ovvero la forma di governo delle Università, la quale dovrà tendere verso l’autonomia, la democrazia ed il bilanciamento dei poteri, e dovrà garantire la valutazione dei risultati ed il raggiungimento dell’efficacia gestionale. Ciò significa, fra l’altro, la chiara ridefinizione dei poteri e delle responsabilità degli organi accademici, la garanzia di trasparenza, ma anche la predisposizione di un codice etico, con la definizione delle regole inerenti i conflitti di interesse, il divieto del cumulo delle cariche, la previsione di un limite di mandati, ecc.
Il quadro di riferimento si completa con il profondo cambiamento nel processo di reclutamento dei docenti e nella necessità di potenziamento dei dottorati di ricerca in un contesto, lo ricordiamo, di risorse finanziarie scarse.
L’Università italiana, nella maggior parte dei casi, è pachidermica, ancorata agli antichi schemi. Non sarà facile riuscire, in breve tempo, a conseguire tutti gli obiettivi insiti nella riforma ministeriale.
In un contesto così difficile sono in scadenza i Rettori delle Università Federico II, SUN e Parthenope. Mentre alla Seconda Università per il Rettore Francesco Rossi sembra scontata la conferma per il secondo mandato (elezione che molto probabilmente si terrà ad inizio maggio), all’Università Parthenope ed al Federico II c’è una situazione di stallo: i Rettori uscenti Gennaro Ferrara e Guido Trombetti godono di forti consensi ma non possono essere rieletti (nel caso in cui la Riforma “Gelmini” sarà varata possono, però, usufruire dello slittamento della scadenza di un anno).
La domanda che molti docenti e studenti a questo punto si pongono é: accetteranno di continuare ancora per un anno traghettando gli Atenei verso gli obiettivi imposti dal Ministero o cederanno il passo? I diretti interessati al momento non si sono espressi.
Per questo motivo, forse oggi più che mai, si sente la necessità di una spinta di tipo “bottom up”, cioè di una sollecitazione da parte di quello che è il corpo elettorale piuttosto che di una proposta calata dall’alto.
Si può giungere a tali elezioni, tra qualche settimana o tra un anno, in modi diversi. Un bel segnale sarebbe quello di vedere formarsi delle aggregazioni di docenti che condividono un determinato modello di Università, di governance, di riforme, ecc. Una sorta, per così dire, di “comitati promotori”, con delle linee guida per un programma specifico che essi vorrebbero vedere portare avanti e che uno o più candidati potrebbe “sposare” ed arricchire.
Si tratta di un’alternativa a quella della “tradizionale” presentazione dei programmi direttamente da parte dei candidati, particolarmente adatta all’aria di cambiamento che si respira ormai da diversi mesi e che i provvedimenti ministeriali stanno indirizzando in maniera sempre più stringente.
g.v.
Tutto ciò in un contesto di risorse sempre più scarse, che potranno essere incrementate solo grazie alla qualità della ricerca dei singoli Atenei, che verranno notevolmente premiati, in termini economici, proprio in funzione di questa variabile.
Ma non solo. Altra questione di estrema rilevanza è la “governance”, ovvero la forma di governo delle Università, la quale dovrà tendere verso l’autonomia, la democrazia ed il bilanciamento dei poteri, e dovrà garantire la valutazione dei risultati ed il raggiungimento dell’efficacia gestionale. Ciò significa, fra l’altro, la chiara ridefinizione dei poteri e delle responsabilità degli organi accademici, la garanzia di trasparenza, ma anche la predisposizione di un codice etico, con la definizione delle regole inerenti i conflitti di interesse, il divieto del cumulo delle cariche, la previsione di un limite di mandati, ecc.
Il quadro di riferimento si completa con il profondo cambiamento nel processo di reclutamento dei docenti e nella necessità di potenziamento dei dottorati di ricerca in un contesto, lo ricordiamo, di risorse finanziarie scarse.
L’Università italiana, nella maggior parte dei casi, è pachidermica, ancorata agli antichi schemi. Non sarà facile riuscire, in breve tempo, a conseguire tutti gli obiettivi insiti nella riforma ministeriale.
In un contesto così difficile sono in scadenza i Rettori delle Università Federico II, SUN e Parthenope. Mentre alla Seconda Università per il Rettore Francesco Rossi sembra scontata la conferma per il secondo mandato (elezione che molto probabilmente si terrà ad inizio maggio), all’Università Parthenope ed al Federico II c’è una situazione di stallo: i Rettori uscenti Gennaro Ferrara e Guido Trombetti godono di forti consensi ma non possono essere rieletti (nel caso in cui la Riforma “Gelmini” sarà varata possono, però, usufruire dello slittamento della scadenza di un anno).
La domanda che molti docenti e studenti a questo punto si pongono é: accetteranno di continuare ancora per un anno traghettando gli Atenei verso gli obiettivi imposti dal Ministero o cederanno il passo? I diretti interessati al momento non si sono espressi.
Per questo motivo, forse oggi più che mai, si sente la necessità di una spinta di tipo “bottom up”, cioè di una sollecitazione da parte di quello che è il corpo elettorale piuttosto che di una proposta calata dall’alto.
Si può giungere a tali elezioni, tra qualche settimana o tra un anno, in modi diversi. Un bel segnale sarebbe quello di vedere formarsi delle aggregazioni di docenti che condividono un determinato modello di Università, di governance, di riforme, ecc. Una sorta, per così dire, di “comitati promotori”, con delle linee guida per un programma specifico che essi vorrebbero vedere portare avanti e che uno o più candidati potrebbe “sposare” ed arricchire.
Si tratta di un’alternativa a quella della “tradizionale” presentazione dei programmi direttamente da parte dei candidati, particolarmente adatta all’aria di cambiamento che si respira ormai da diversi mesi e che i provvedimenti ministeriali stanno indirizzando in maniera sempre più stringente.
g.v.