Salvare il fiume Sarno

Da molti anni quando ci si riferisce al Sarno l’espressione ricorrente è “il fiume più inquinato d’Europa”. Quasi una espressione idiomatica, come se la situazione di grave degrado ambientale fosse una maledizione ineluttabile. Vera o falsa che sia la graduatoria – nel Vecchio Continente ed in Italia non mancano, purtroppo, situazioni di gravissimo inquinamento paragonabili a quelle del corso d’acqua che sfocia a Rovigliano, tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia – certo è che la qualità delle acque del fiume è pesantemente compromessa in non pochi punti del suo corso. Scarichi fecali che non arrivano ai depuratori perché mancano i collettori o perché provengono da immobili abusivi e scarti delle attività di conceria o dell’industria di trasformazione alimentare che non sono adeguatamente depurati determinano una situazione di grave inquinamento. L’attività dell’alto Commissario per il disinquinamento del Sarno, il generale Roberto Jucci, ha gettato le premesse per migliorare il sistema di depurazione attraverso la costruzione di alcuni impianti, ma si è conclusa senza che si possa affermare che oggi il fiume Sarno sia un corso d’acqua ecologicamente rinato. Come, d’altronde, testimoniano i recenti interventi del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri culminati in vari sequestri di aziende che continuavano a sversare nel fiume e nei suoi affluenti – la Solofrana quello più compromesso – i prodotti di scarto delle loro attività. In questo contesto va inquadrato il progetto CuriAmo, ViviAmo, PartecipiAmo il Sarno che è stato finanziato dalla Fondazione con il Sud e coinvolge undici realtà (Legambiente Campania capofila), tra le quali l’Università Federico II – Dipartimento di Biologia. Per quest’ultimo sono in campo il professore Giovanni Libralato e due borsisti di ricerca: Sara Serafini e Lorenzo Saviano. “È un progetto – racconta il prof. Libralato, che ha 41 anni, è veneziano ed insegna Igiene a Biologia – che è partito a maggio 2018. Ha subito un rallentamento a causa delle restrizioni che sono state imposte in primavera per fronteggiare l’epidemia di coronavirus e rischia di subire un altro stop in coincidenza di questa seconda ondata. Tuttavia, non si ferma e non resterà incompleto. È probabile che ci sarà una proroga che consentirà di portare a termine tutte le attività previste”. L’iniziativa prevede varie azioni. Un’opera di sensibilizzazione nelle scuole che insistono sul territorio del Sarno, in primis. Punta a far conoscere la realtà di questo fiume che in alcuni tratti della zona delle sorgenti offre un ambiente ecologicamente pregevole, non ancora deturpato. Quindi far conoscere il fiume per stimolare i bambini ed i ragazzi ad impegnarsi per difenderlo. “Il Sarno scorre a volte a poche centinaia di metri dalle scuole dove siamo andati, ma è come se non ci fosse, non lo si guarda nemmeno. Dipende dal fatto che lo si considera irrimediabilmente contaminato e per questo lo si rimuove dal proprio orizzonte mentale. È necessario, dunque, che siano gli abitanti del territorio i primi a recuperare la memoria del Sarno, di quello che è stato e che potrebbe tornare ad essere se davvero si riuscirà a recuperare l’ecosistema fluviale. Non ci si impegna a tutelare qualcosa se non la si conosce abbastanza, se non la si vive. Stimolare le comunità dell’area del Sarno a vivere il fiume, a partecipare ad iniziative di sensibilizzazione ambientale ed a conoscere la storia del corso d’acqua è fondamentale”. I biologi dell’Ateneo federiciano hanno svolto nel progetto la parte più specificamente dedicata al campionamento ed all’esame della qualità delle acque: “Abbiamo condotto varie campagne di campionamento ed analisi. I prelievi sono stati effettuati in diciotto siti, a copertura dell’intero corso del fiume. Per i due borsisti che ho coinvolto è stata una bella esperienza. Si sono confrontati con un’attività di campo, hanno verificato cosa significhi lavorare sul territorio. Insomma, è stato un piccolo assaggio di quello che potrebbe essere il loro futuro professionale”. A parte le sorgenti, che come si diceva offrono ancora un contesto di elevata qualità ambientale, tutti i descrittori microbiologici sono risultati fuori scala: “Non che ci abbia sorpreso, ma da questa indagine emerge che il problema di inquinamento del Sarno resta piuttosto grave. Ci sono speranze di miglioramento mano a mano che saranno completati gli interventi previsti, penso per esempio alla realizzazione dei collettori, in mancanza dei quali i reflui continueranno a non raggiungere i depuratori, ed alla intensificazione dei controlli per reprimere gli sversamenti abusivi”. Una scommessa difficile, ma non impossibile. Libralato ci crede ed in fondo è anche normale per uno come lui, che è nato a Venezia, una città che galleggia su una laguna e dove la convivenza tra uomini ed acqua è problematica almeno quanto quella di chi vive nel bacino idrografico del Sarno.
Fabrizio Geremicca

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