Presentazione delle attività di formazione ed educazione scientifica inserite nel progetto GuluNap, il programma di cooperazione della Federico II a Gulu, nel nord dell’Uganda. Si è svolta venerdì 12 marzo nell’aula Caianiello di Monte Sant’Angelo, nell’ambito di un incontro istituzionale cui hanno preso parte il Rettore Guido Trombetti, il Preside della Facoltà di Scienze Roberto Pettorino, il Direttore del Dipartimento di Scienze Fisiche Pasqualino Maddalena ed il prof. Giovanni Chiefari, in rappresentanza del Presidente del Corso di Laurea in Fisica Fulvio Peruggi. Avviato in maniera concreta nel 2002 con la nascita della Facoltà di Medicina, nata grazie al lavoro del prof. Luigi Greco, pediatra dell’università, che ha di recente laureato i primi quaranta medici, il progetto, a partire dal 2004, si è affiancato ad un programma di attività di formazione scientifica in ambito fisico, chimico, matematico, biologico, rivolto tanto agli studenti della Facoltà di Science Education, quanto ai docenti delle scuole secondarie della regione. “Il progetto vive grazie al lavoro dei docenti, del personale tecnico amministrativo e al contributo di amici e sostenitori e va avanti fra tante difficoltà. Lavoriamo in una struttura già esistente in cui pochissimi hanno una qualche forma di qualificazione ed in una regione devastata dalla guerra civile, che ha distrutto il territorio e le famiglie. Molti degli studenti dell’università di Gulu, infatti, vivono in campi profughi”, racconta la prof.ssa Elena Sassi. Mancano i libri, le donne sono pochissime – perché in Uganda per tradizione si occupano dei bambini fin da piccole – i docenti sono pochi e mal preparati, non ci sono né trasporto pubblico, né elettricità e le tasse universitarie sono ingenti, confrontabili con le nostre, a fronte di stipendi di circa cinquanta euro al mese. Chi studia può contare sulle borse di studio del Governo o sul contributo degli sponsor. “Ma nessun ricco frequenta la Facoltà di Medicina ed è un dato pubblico”, sottolinea il prof. Greco. Le scuole elementari sono obbligatorie, ma se non si hanno i venti euro per la divisa non ci si può iscrivere. Attualmente la Facoltà di Scienze accoglie circa 60 iscritti a Biologia, 80 a Chimica e 70 a Fisica. “Questa è un’impresa istituzionale dell’Ateneo, che ha bisogno di sostegno e lavoro. Medicina riesce ad avere contributi esterni, perchè affronta bisogni fondamentali. L’educazione scientifica, invece, smuove meno persone, ma per uscire da una situazione disastrata serve istruzione”, puntualizza la prof.ssa Sassi. “Tutto va adattato alla situazione locale. Stiamo cercando di dar vita ad un programma di esperimenti a basso costo o a costo zero, facili da riprodurre, e cerchiamo di portare libri, o di realizzarne noi, perché la maggior parte dei testi reperibili in loco risalgono al periodo coloniale”, prosegue il prof. Luigi Smaldone che racconta di un vero e proprio shock culturale: “perché a tenere lezione ci sono due docenti che partono da punti di vita diversi per arrivare alla stessa conclusione e poi perché si tratta di due ‘muzumbu’, cioè non africani, uno dei quali donna”. Diffidenza, formalismo esasperato in parte di stampo anglosassone, arroganza. Il rapporto con gli africani soffre anche di questi limiti. “Con il tempo siamo riusciti a far capire che la Fisica è contatto con la realtà, esperimenti e misure, e a trasmettere l’importanza di un portfolio, una documentazione di tutto quello che si fa e di come ci si arriva”, continua ancora Smaldone. Il programma, modificato più volte, ha sviluppato temi legati allo studio del moto, all’astronomia, all’elettromagnetismo e all’ottica basandosi su esperimenti fai da te, con materiale di uso quotidiano. Oscillatori armonici fatti con fili di banano, piombini trovati al mercato di Gulu e frutti di mango. Dinamometri realizzati con elastici e dispositivi ottici prodotti dal gruppo napoletano dell’OSA – Optical Society of America – che promuove attività di divulgazione e formazione. “Il nostro gruppo conta una decina di persone, tutti dottorati o dottorandi in Fisica ed Ingegneria. Per queste attività in Africa, l’OSA ci ha dato un finanziamento di circa 2mila dollari”, spiega Lucio Rossi, ingegnere elettronico e presidente del gruppo napoletano. “Abbiamo svolto attività sull’interferenza della luce e la creazione di immagini, con torce, bottiglie, tappi, mollette, rotoli di carta igienica. Una bella esperienza, interessante. Abbiamo reperito i materiali nei mercati locali ed è stato bello vederli felici osservando fenomeni che sembravano incredibili”, racconta Prya Rose Thankhamani, giovane indiana che sta svolgendo il dottorato a Napoli e fa parte del gruppo OSA. “Gli studenti non erano abituati a porre domande, convinti che così si perdesse tempo, poi hanno cominciato a sbizzarrirsi. Prima a lezione con domande sui temi del giorno e poi su temi della scienza in generale scritti sui biglietti che si leggevano a pranzo sotto il grande albero di mango del cortile. L’unico posto fresco”, raccontano ancora i due fisici. Dopo pochissimi anni l’esperienza ha cominciato ad espandersi raccogliendo contributi dei colleghi biologi, chimici e matematici, in particolare Laura Furia, Angelo Fierro, Aldo Caputo e Bruno Buonuomo. Le spese totali si aggirano fra i 10mila e i 15mila euro l’anno, parte dei quali messi a disposizione dal Dipartimento di Scienze Fisiche. Recentemente anche l’università di Gulu ha dato un contributo e le attività si svolgono in genere nei periodi di pausa fra i semestri napoletani.
Lentamente i risultati di tutto questo lavoro stanno arrivando. Il livello e le conoscenze medie sui diversi argomenti stanno migliorando ed uno degli assistenti dell’università africana ha partecipato di recente ad un incontro internazionale che si è svolto a Trieste, ma le difficoltà economiche dell’ateneo e dell’università italiana nel suo complesso rischiano di avere delle ricadute. “Il progetto di Gulu è uno dei più affascinanti di questi anni, nato grazie a Luigi Greco, una persona che vive di idee ed entusiasmi che non trasmette agli altri, ma si carica sulle spalle. Sono nate cose che possono avere un’importanza straordinaria solo se si strutturano in un quadro organico che coinvolge il Ministero degli Esteri, una grande fondazione, o il Governo. Servono soldi che noi non abbiamo. Fondate un comitato interfacoltà sfruttando l’esperienza di Luigi”, dice nel suo intervento il Rettore Guido Trombetti. Il punto centrale è lavorare affinché ci sia uno spazio per un progetto organico. “La cosa più importante è pensare all’istruzione. L’Africa guarda a noi come un polo importante. Fino ad una ventina d’anni fa, l’Italia era il sesto paese al mondo impegnato nella cooperazione. Dal primo Governo Berlusconi in poi i fondi per la cooperazione sono stati dirottati sulla guerra. Ma ora servono soldi veri, per investire nel settore agricolo, nella gestione delle risorse idriche, anche in collaborazione con l’ENI che in Uganda ha grandi interessi petroliferi. È l’occasione per realizzare una cordata significativa per avere fondi e portare all’Italia e all’Ateneo vantaggi e sviluppo. Il nostro Paese implode, mentre il loro cresce, si potrebbe creare un’economia, ma serve la volontà politica”, dice il prof. Greco in conclusione.
Simona Pasquale
Lentamente i risultati di tutto questo lavoro stanno arrivando. Il livello e le conoscenze medie sui diversi argomenti stanno migliorando ed uno degli assistenti dell’università africana ha partecipato di recente ad un incontro internazionale che si è svolto a Trieste, ma le difficoltà economiche dell’ateneo e dell’università italiana nel suo complesso rischiano di avere delle ricadute. “Il progetto di Gulu è uno dei più affascinanti di questi anni, nato grazie a Luigi Greco, una persona che vive di idee ed entusiasmi che non trasmette agli altri, ma si carica sulle spalle. Sono nate cose che possono avere un’importanza straordinaria solo se si strutturano in un quadro organico che coinvolge il Ministero degli Esteri, una grande fondazione, o il Governo. Servono soldi che noi non abbiamo. Fondate un comitato interfacoltà sfruttando l’esperienza di Luigi”, dice nel suo intervento il Rettore Guido Trombetti. Il punto centrale è lavorare affinché ci sia uno spazio per un progetto organico. “La cosa più importante è pensare all’istruzione. L’Africa guarda a noi come un polo importante. Fino ad una ventina d’anni fa, l’Italia era il sesto paese al mondo impegnato nella cooperazione. Dal primo Governo Berlusconi in poi i fondi per la cooperazione sono stati dirottati sulla guerra. Ma ora servono soldi veri, per investire nel settore agricolo, nella gestione delle risorse idriche, anche in collaborazione con l’ENI che in Uganda ha grandi interessi petroliferi. È l’occasione per realizzare una cordata significativa per avere fondi e portare all’Italia e all’Ateneo vantaggi e sviluppo. Il nostro Paese implode, mentre il loro cresce, si potrebbe creare un’economia, ma serve la volontà politica”, dice il prof. Greco in conclusione.
Simona Pasquale