Più di 100 studenti si sono riuniti mercoledì 15 marzo presso l’Aula DSU3 nella sede del Dipartimento di Studi Umanistici in via Porta di Massa per il primo incontro introduttivo di ‘Scrivere e Leggere Poesia’, un ciclo di sette appuntamenti curato dalla prof.ssa Daniela De Liso. “Un progetto che se ne stava nel cassetto da molti anni”, rivela la docente di Letteratura italiana, e “nasce dalla necessità di offrire agli studenti della Laurea Magistrale in Filologia moderna – ma anche agli iscritti alla Triennale in Lettere Classiche – un’altra finestra di approfondimento per lo studio della poesia italiana”. L’obiettivo preminente del seminario “non è certo quello di costruire una non ancora scritta Storiadella poesia italiana, ma forse di suggerirne l’utilità”. Uno spazio di confronto, dialogo e scoperta in cui indagare i modi, le tecniche e il significato stesso del fare-poesia e condurre una platea di curiosi verso l’istante unico in cui il pensiero si fa parola e lascia sul foglio una traccia indelebile, custodita nel verso. Durante il percorso (che si concluderà il 10 maggio), si tenterà di dare una risposta ad alcuni degli interrogativi inevasi che pervadono il lettore alle prese col testo poetico: per esempio, qual è la distanza tra prosa e poesia? Come si scrive o si legge la Poesia? Si può leggere senza tradire il senso delle parole? Cosa possiede di diverso la poesia rispetto a ogni altro mezzo espressivo? Il seminario, inoltre, è valido per l’acquisizione dei quattro crediti necessari per il riconoscimento di ulteriori conoscenze linguistiche. Molti studenti però hanno preso parte all’iniziativa solo perché fortemente stimolati dal tentativo di fornire un responso plausibile a quesiti avvolti nell’alone di mistero che è immanente a ogni forma d’arte. “Se vi chiedessi di parlarmi dell’ultimo romanzo di Philip Roth, cosa fareste? Mi riassumereste la trama. Se, invece, io vi chiedessi di parlarmi de ‘La voce a te dovuta’ di Pedro Salinas? Non sapreste cosa fare. Non potreste riassumere. Vi verrebbe subito in
mente l’emozione. Come si riassume un’emozione? A che serve un’emozione? Voi rinuncereste a un’emozione?”. L’uditorio ascolta la voce della docente rapito dalla sua interpretazione di alcuni testi poetici, dalle Rime di Guido Cavalcanti ai versi di Julio Cortázar. A partire dal secondo incontro si entrerà nel vivo delle attività inaugurando un percorso diacronico, che attraverserà la tradizione letteraria italiana dal Duecento a oggi con il fine di sfiorare in un volo pindarico gli autori più rappresentativi di certe stagioni poetiche. Ciascun incontro tematico avrà una durata di tre ore, di cui “la prima, grazie all’aiuto dei giovani dottorandi Maria Di Maro e Giuseppe Andrea Liberti, sarà sempre dedicata alla metrica e alla retorica”. Qual è il senso di queste introduzioni tecniche? Insegnare a leggere la poesia perché i suoi fruitori possano detenere la competenze di lettori ‘forti’ e consapevoli. “Se non si conosce il finlandese, si può leggere e comprendere un testo in finlandese? Ecco, metrica e retorica sono la lingua della poesia”. Ogni verso nasce da un moto dell’anima. Come accade allora che i pensieri, i sentimenti o le idee si trasformino in versi? E quali sono gli espedienti di cui deve farsi carico il lettore nell’analisi e nell’interpretazione per non violare l’intentio auctoris? Queste e molte altre le domande che restano sospese, in attesa dei prossimi rendez- vous, in cui si avvicenderanno nella lettura alcuni ospiti d’eccezione. “Il 22 marzo avremo la gioia e l’onore di ospitare il prof. Raffaele Giglio, che ci porterà nell’universo di Dante. Il 29 marzo ci sarò io a leggere Ariosto. Il 5 aprile Valeria Merola, dell’Università di Macerata, leggerà il suo Alfieri. Marco Dondero, dell’Università di Macerata, ci donerà il suo Leopardi. Gli ultimi due incontri, dedicati rispettivamente alla poesia del Novecento e a quella contemporanea, saranno coordinati da me. L’ultimo sarà una tavola rotonda con un reading di poeti contemporanei”. Il 10 maggio, infatti, si parlerà anche di poesia ai tempi
dell’hashtag. Ma in che modo le tecnologie digitali hanno contaminato l’opera poetica? “Il digitale e il web non contaminano, complicano”, risponde la docente. “Ma ciò che è complicato può essere semplificato. Basta adeguare il contenuto al mezzo. Ignorare la lingua moderna, che si muove sul web, significa dichiarare la morte della poesia. La poesia è un miracolo che ci accompagna dall’alba di ogni civiltà, perché fa leva sui sentimenti, chiama in causa l’essere uomo e donna nell’hinc et nunc. Può parlare tutte le lingue, superare i confini di spazio e tempo, perché la lingua dell’anima è universale”.
Che cos’è la poesia per gli studenti?
mente l’emozione. Come si riassume un’emozione? A che serve un’emozione? Voi rinuncereste a un’emozione?”. L’uditorio ascolta la voce della docente rapito dalla sua interpretazione di alcuni testi poetici, dalle Rime di Guido Cavalcanti ai versi di Julio Cortázar. A partire dal secondo incontro si entrerà nel vivo delle attività inaugurando un percorso diacronico, che attraverserà la tradizione letteraria italiana dal Duecento a oggi con il fine di sfiorare in un volo pindarico gli autori più rappresentativi di certe stagioni poetiche. Ciascun incontro tematico avrà una durata di tre ore, di cui “la prima, grazie all’aiuto dei giovani dottorandi Maria Di Maro e Giuseppe Andrea Liberti, sarà sempre dedicata alla metrica e alla retorica”. Qual è il senso di queste introduzioni tecniche? Insegnare a leggere la poesia perché i suoi fruitori possano detenere la competenze di lettori ‘forti’ e consapevoli. “Se non si conosce il finlandese, si può leggere e comprendere un testo in finlandese? Ecco, metrica e retorica sono la lingua della poesia”. Ogni verso nasce da un moto dell’anima. Come accade allora che i pensieri, i sentimenti o le idee si trasformino in versi? E quali sono gli espedienti di cui deve farsi carico il lettore nell’analisi e nell’interpretazione per non violare l’intentio auctoris? Queste e molte altre le domande che restano sospese, in attesa dei prossimi rendez- vous, in cui si avvicenderanno nella lettura alcuni ospiti d’eccezione. “Il 22 marzo avremo la gioia e l’onore di ospitare il prof. Raffaele Giglio, che ci porterà nell’universo di Dante. Il 29 marzo ci sarò io a leggere Ariosto. Il 5 aprile Valeria Merola, dell’Università di Macerata, leggerà il suo Alfieri. Marco Dondero, dell’Università di Macerata, ci donerà il suo Leopardi. Gli ultimi due incontri, dedicati rispettivamente alla poesia del Novecento e a quella contemporanea, saranno coordinati da me. L’ultimo sarà una tavola rotonda con un reading di poeti contemporanei”. Il 10 maggio, infatti, si parlerà anche di poesia ai tempi
dell’hashtag. Ma in che modo le tecnologie digitali hanno contaminato l’opera poetica? “Il digitale e il web non contaminano, complicano”, risponde la docente. “Ma ciò che è complicato può essere semplificato. Basta adeguare il contenuto al mezzo. Ignorare la lingua moderna, che si muove sul web, significa dichiarare la morte della poesia. La poesia è un miracolo che ci accompagna dall’alba di ogni civiltà, perché fa leva sui sentimenti, chiama in causa l’essere uomo e donna nell’hinc et nunc. Può parlare tutte le lingue, superare i confini di spazio e tempo, perché la lingua dell’anima è universale”.
Che cos’è la poesia per gli studenti?
Estremamente positive le reazioni della componente studentesca, in buona parte piacevolmente sorpresa
dalla piega ‘emotiva’ presa dal seminario. “Tutti gli studenti con cui ho avuto modo di parlare erano entusiasti, hanno avuto una bellissima impressione e non vedono l’ora di andare avanti”, commenta la dottoranda Maria Di Maro. “È stato molto più interessante di quanto immaginassi. La professoressa ha letto poesie che ci hanno fatto salire più di un brivido sulla schiena”. Questa è l’emozione racchiusa nelle parole di Giorgia Zoino, studentessa. “Un’occasione molto proficua per la mia formazione etica e culturale”, afferma la collega Luisa Pentangelo. Che continua: “Ho sempre creduto nel potere edificante della letteratura e di tutte quelle discipline che scrutano a fondo l’uomo e tra queste la poesia ha senza dubbio un ruolo privilegiato”. Toccare le corde giuste è il segnale di un esperimento didattico riuscito alla grande. “La prof.ssa De Liso ha catturato la nostra attenzione in maniera lampante, ci ha travolto nella magia, nell’intrigo e nella bellezza dei versi”, ribadisce Luisa. “Non è in sette incontri che si diventa poeti o scrittori affermati. Lo scopo del seminario non è quello di padroneggiare la tecnica poetica, ma di sentire la poesia. Si tratta di scavare nel porto sepolto dell’anima e risvegliare ciò che è sopito, represso, dimenticato”, interviene Sara Gemma. Queste sono le voci di tre studentesse diverse, eppure alla domanda ‘Qual è stato il momento
che vi ha più colpito?’ condividono lo stesso istante, ovvero la lettura del provocatorio discorso che Montale pronunciò durante la cerimonia per il ritiro del Nobel, di cui Luisa cita il frammento: “In ogni modo io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà”. “La società si avvia verso un’incontrollata mercificazione dell’inutile, poesia compresa, ma almeno quest’ultima è innocua e generatrice di bellezza”, replica Sara. Impresa ardua per loro tentare di elaborare una definizione esaustiva per quest’arte. “La poesia è il linguaggio che penetra nella vita e permette di toccarla”, dice Giorgia. “Heidegger fa risalire il termine da ‘poiesis’, ovvero portare alla luce ciò che è nascosto. Credo sia l’immagine più adatta”. Ma, secondo Sara, può essere anche “un’arte democratica il cui furto è lecito”. Cosa vuol dire? “Certi versi saranno nostri per sempre, altri ritorneranno in determinate stagioni della vita. Offuscato com’è dalle sovrastrutture e dal linguaggio quotidiano, l’uomo non riesce ad arrendersi davanti alla genuinità della poesia, ormai unico bene immortale e immateriale in un mondo ossessionato dall’utile”. Per Luisa, infine, la poesia è nient’altro che un riflesso della vita. “Come la letteratura, la pittura, la musica, il fare – poesia è uno strumento prezioso per rappresentare la molteplicità del reale e provare a descrivere le sfumature che abitano il nostro cuore”.
Sabrina Sabatino
dalla piega ‘emotiva’ presa dal seminario. “Tutti gli studenti con cui ho avuto modo di parlare erano entusiasti, hanno avuto una bellissima impressione e non vedono l’ora di andare avanti”, commenta la dottoranda Maria Di Maro. “È stato molto più interessante di quanto immaginassi. La professoressa ha letto poesie che ci hanno fatto salire più di un brivido sulla schiena”. Questa è l’emozione racchiusa nelle parole di Giorgia Zoino, studentessa. “Un’occasione molto proficua per la mia formazione etica e culturale”, afferma la collega Luisa Pentangelo. Che continua: “Ho sempre creduto nel potere edificante della letteratura e di tutte quelle discipline che scrutano a fondo l’uomo e tra queste la poesia ha senza dubbio un ruolo privilegiato”. Toccare le corde giuste è il segnale di un esperimento didattico riuscito alla grande. “La prof.ssa De Liso ha catturato la nostra attenzione in maniera lampante, ci ha travolto nella magia, nell’intrigo e nella bellezza dei versi”, ribadisce Luisa. “Non è in sette incontri che si diventa poeti o scrittori affermati. Lo scopo del seminario non è quello di padroneggiare la tecnica poetica, ma di sentire la poesia. Si tratta di scavare nel porto sepolto dell’anima e risvegliare ciò che è sopito, represso, dimenticato”, interviene Sara Gemma. Queste sono le voci di tre studentesse diverse, eppure alla domanda ‘Qual è stato il momento
che vi ha più colpito?’ condividono lo stesso istante, ovvero la lettura del provocatorio discorso che Montale pronunciò durante la cerimonia per il ritiro del Nobel, di cui Luisa cita il frammento: “In ogni modo io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà”. “La società si avvia verso un’incontrollata mercificazione dell’inutile, poesia compresa, ma almeno quest’ultima è innocua e generatrice di bellezza”, replica Sara. Impresa ardua per loro tentare di elaborare una definizione esaustiva per quest’arte. “La poesia è il linguaggio che penetra nella vita e permette di toccarla”, dice Giorgia. “Heidegger fa risalire il termine da ‘poiesis’, ovvero portare alla luce ciò che è nascosto. Credo sia l’immagine più adatta”. Ma, secondo Sara, può essere anche “un’arte democratica il cui furto è lecito”. Cosa vuol dire? “Certi versi saranno nostri per sempre, altri ritorneranno in determinate stagioni della vita. Offuscato com’è dalle sovrastrutture e dal linguaggio quotidiano, l’uomo non riesce ad arrendersi davanti alla genuinità della poesia, ormai unico bene immortale e immateriale in un mondo ossessionato dall’utile”. Per Luisa, infine, la poesia è nient’altro che un riflesso della vita. “Come la letteratura, la pittura, la musica, il fare – poesia è uno strumento prezioso per rappresentare la molteplicità del reale e provare a descrivere le sfumature che abitano il nostro cuore”.
Sabrina Sabatino