Far conoscere i diritti inviolabili sanciti dall’ordinamento internazionale e italiano di cui beneficiano i migranti, i richiedenti di asilo e i rifugiati. È uno degli obiettivi di Tutela Internazionale dei Migranti, insegnamento impartito dalla prof.ssa Adele Del Guercio nei Corsi di Laurea Magistrale in Studi Internazionali e Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa. “Ad eccezione delle nozioni giuridiche di base, il programma è stato organizzato sulla base delle richieste degli studenti”, spiega la docente. Obbligo di prestare soccorso in mare, normative che regolano le procedure per i richiedenti di asilo: tra gli argomenti che suscitano maggiore sete di conoscenza nei frequentanti.
Facendo riferimento alla normativa italiana sul tema dell’immigrazione, cosa bisognerebbe fare per rendere effettiva la tutela dei diritti fondamentali dei migranti? “Il problema risiede nell’attuazione e nella messa in pratica di questi diritti. In Italia le procedure vanno a rilento, manca la volontà politica di trattare la questione con la dovuta emergenza. Nel 2009 il nostro Paese è stato condannato dalla Corte di Strasburgo per aver violato il diritto di non respingimento calpestando la salvaguardia dei diritti umani”, risponde la docente. Nel cosiddetto caso Hirsi, che riguardava 24 immigrati rimpatriati in Libia, l’Italia non avrebbe rispettato il divieto alle espulsioni collettive oltre che dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, riguardante i trattamenti degradanti e la tortura, modalità applicate nei centri di detenzione libici. Secondo il parere della docente, gli sforzi in materia di immigrazione non dovrebbero tendere verso la cooperazione con gli Stati aguzzini, “ma far sì che i gendarmi del Mediterraneo non siano più tali e che in Paesi come la Libia vengano garantiti e rispettati i diritti umani fondamentali. Bisognerebbe, inoltre, intensificare le operazioni di salvataggio in mare per coprire le zone marittime interessate dai flussi migratori e assicurare una politica di accoglienza adeguata”. Gli sbarchi via mare – sottolinea la docente – rappresentano una percentuale minima del 10-12% rispetto ai flussi migratori nel loro complesso, come per esempio quelli per via aerea. “Quello che accade a Lampedusa, e in generale in mare, finisce sotto i riflettori per le drammatiche conseguenze sull’incolumità psicofisica dei nuovi arrivati”.
Oltre alle tradizionali lezioni frontali, il corso prevede una serie di incontri seminariali tenuti da esperti esterni. “Sono occasioni per avvicinare gli studenti alle attività del terzo settore, per far conoscere loro le opportunità che offre il territorio e cimentarsi in stage o forme di volontariato”. Gli studenti hanno già incontrato la dott.ssa Simona Talamo dell’Associazione Less onlus di Napoli e coordinatrice del progetto IARA (Integrazione e Accoglienza per i rifugiati e i richiedenti d’asilo). In questa giornata di studio sono state illustrate le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Inoltre, hanno preso parte al seminario Marta Amistà, impegnata nelle attività di alfabetizzazione dell’italiano come lingua seconda, e Adriano Foraggio, videomaker del documentario “Memorie uditive”, realizzato con alcuni richiedenti di asilo e proiettato durante l’incontro. Il problema dei minori non accompagnati invece è stato affrontato dagli studenti con Lassaad Azzabi, mediatore culturale presso la cooperativa sociale di Napoli Dedalus. I minori stranieri che intraprendono un progetto migratorio senza essere accompagnati dai familiari sono una delle categorie più vulnerabili, spesso vittime di un ginepraio di norme e incapacità gestionale. “Dopo quarantotto ore dall’arrivo sul territorio nazionale – spiega la docente – per il minore solo, dovrebbe essere nominato un tutore e si dovrebbe procedere alla sistemazione in un istituto di accoglienza. Spesso però i tempi non sono rispettati e i ragazzi fuggono. Per questo motivo alcuni stati europei, come la Germania, hanno definito l’Italia un Paese poco sicuro”.
I prossimi appuntamenti sono fissati per il 9 (con un seminario con il dott. Sergio Briguglio, esperto di politica dell’immigrazione) e l’11 dicembre (quando sarà proiettato il film-documentario “Non è un Paese per neri” incentrato sul tema dello sfruttamento dei lavoratori migranti; seguirà il dibattito con i registi Francesco Amodeo, Mario Leombruno, Armando Andria e Luca Romano).
Gli studenti alla fine del corso dovranno sostenere una prova orale, tuttavia per i frequentanti è prevista una prova intercorso che si terrà prima dello stop accademico per le vacanze natalizie. “L’esame è tecnico – afferma la docente – gli studenti devono prestare attenzione alle nozioni giuridiche di base”. È importante avere una forte dose di motivazione: “ci occupiamo di persone, nell’ottica di migliorare e di tutelare i diritti delle categorie più vulnerabili”. Oltre al manuale di riferimento, “Le garanzie procedurali avverso l’espulsione degli immigrati in Europa”, la bibliografia consta di materiale segnalato periodicamente dalla docente a fronte della continua evoluzione della materia.
Rosaria Illiano
Facendo riferimento alla normativa italiana sul tema dell’immigrazione, cosa bisognerebbe fare per rendere effettiva la tutela dei diritti fondamentali dei migranti? “Il problema risiede nell’attuazione e nella messa in pratica di questi diritti. In Italia le procedure vanno a rilento, manca la volontà politica di trattare la questione con la dovuta emergenza. Nel 2009 il nostro Paese è stato condannato dalla Corte di Strasburgo per aver violato il diritto di non respingimento calpestando la salvaguardia dei diritti umani”, risponde la docente. Nel cosiddetto caso Hirsi, che riguardava 24 immigrati rimpatriati in Libia, l’Italia non avrebbe rispettato il divieto alle espulsioni collettive oltre che dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, riguardante i trattamenti degradanti e la tortura, modalità applicate nei centri di detenzione libici. Secondo il parere della docente, gli sforzi in materia di immigrazione non dovrebbero tendere verso la cooperazione con gli Stati aguzzini, “ma far sì che i gendarmi del Mediterraneo non siano più tali e che in Paesi come la Libia vengano garantiti e rispettati i diritti umani fondamentali. Bisognerebbe, inoltre, intensificare le operazioni di salvataggio in mare per coprire le zone marittime interessate dai flussi migratori e assicurare una politica di accoglienza adeguata”. Gli sbarchi via mare – sottolinea la docente – rappresentano una percentuale minima del 10-12% rispetto ai flussi migratori nel loro complesso, come per esempio quelli per via aerea. “Quello che accade a Lampedusa, e in generale in mare, finisce sotto i riflettori per le drammatiche conseguenze sull’incolumità psicofisica dei nuovi arrivati”.
Oltre alle tradizionali lezioni frontali, il corso prevede una serie di incontri seminariali tenuti da esperti esterni. “Sono occasioni per avvicinare gli studenti alle attività del terzo settore, per far conoscere loro le opportunità che offre il territorio e cimentarsi in stage o forme di volontariato”. Gli studenti hanno già incontrato la dott.ssa Simona Talamo dell’Associazione Less onlus di Napoli e coordinatrice del progetto IARA (Integrazione e Accoglienza per i rifugiati e i richiedenti d’asilo). In questa giornata di studio sono state illustrate le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Inoltre, hanno preso parte al seminario Marta Amistà, impegnata nelle attività di alfabetizzazione dell’italiano come lingua seconda, e Adriano Foraggio, videomaker del documentario “Memorie uditive”, realizzato con alcuni richiedenti di asilo e proiettato durante l’incontro. Il problema dei minori non accompagnati invece è stato affrontato dagli studenti con Lassaad Azzabi, mediatore culturale presso la cooperativa sociale di Napoli Dedalus. I minori stranieri che intraprendono un progetto migratorio senza essere accompagnati dai familiari sono una delle categorie più vulnerabili, spesso vittime di un ginepraio di norme e incapacità gestionale. “Dopo quarantotto ore dall’arrivo sul territorio nazionale – spiega la docente – per il minore solo, dovrebbe essere nominato un tutore e si dovrebbe procedere alla sistemazione in un istituto di accoglienza. Spesso però i tempi non sono rispettati e i ragazzi fuggono. Per questo motivo alcuni stati europei, come la Germania, hanno definito l’Italia un Paese poco sicuro”.
I prossimi appuntamenti sono fissati per il 9 (con un seminario con il dott. Sergio Briguglio, esperto di politica dell’immigrazione) e l’11 dicembre (quando sarà proiettato il film-documentario “Non è un Paese per neri” incentrato sul tema dello sfruttamento dei lavoratori migranti; seguirà il dibattito con i registi Francesco Amodeo, Mario Leombruno, Armando Andria e Luca Romano).
Gli studenti alla fine del corso dovranno sostenere una prova orale, tuttavia per i frequentanti è prevista una prova intercorso che si terrà prima dello stop accademico per le vacanze natalizie. “L’esame è tecnico – afferma la docente – gli studenti devono prestare attenzione alle nozioni giuridiche di base”. È importante avere una forte dose di motivazione: “ci occupiamo di persone, nell’ottica di migliorare e di tutelare i diritti delle categorie più vulnerabili”. Oltre al manuale di riferimento, “Le garanzie procedurali avverso l’espulsione degli immigrati in Europa”, la bibliografia consta di materiale segnalato periodicamente dalla docente a fronte della continua evoluzione della materia.
Rosaria Illiano