Si torna profondamente cambiati

Continua il nostro viaggio in giro per gli atenei d’Europa grazie alle testimonianze degli studenti della Sun che hanno vissuto in prima persona l’esperienza Erasmus. La maggioranza non fa che esprimere commenti e dichiarazioni positive, alcuni sono anche dispiaciuti al ritorno nelle loro città natali. “Ho partecipato al progetto Erasmus perchè  curiosa di conoscere il sistema universitario di un altro Paese europeo – ci dice Paola Miele, venticinquenne di Torre Annunziata, neo-laureata in Psicologia – Volevo immergermi in un mondo parallelo a quello che avevo vissuto a Caserta. Così  ho deciso di partire anche se mi mancavano pochi esami alla laurea. Probabilmente se non fossi partita, avrei concluso prima i miei studi, ma sono più che sicura di aver guadagnato molto dal punto di vista del bagaglio culturale”. La destinazione di Paola è stata Madrid, Universidad Complutense. Nove mesi ai quali si è aggiunta la richiesta di prolungare il soggiorno per almeno un altro mese, il tempo necessario per raccogliere materiale per la tesi di laurea, uno studio cross-culturale sulla timidezza. “All’inizio – racconta Paola– è stata un po’ dura, Madrid è una metropoli ed io ero abituata alla provincia. Ho alloggiato in un appartamento condiviso con due ragazze: una spagnola e una francese. Un consiglio che voglio dare ai ragazzi che partono per questa esperienza: non prendete  casa con connazionali, altrimenti continuerete a parlare italiano e imparerete la lingua del posto più lentamente!”. A Paola, però, non bastava frequentare i corsi universitari, lei voleva far parte di un gruppo, voleva integrarsi in pieno. E ci è riuscita diventando membro della squadra di pallavolo della Facoltà. “Abbiamo partecipato al torneo tra Facoltà, classificandoci al secondo posto. Prendere parte agli allenamenti è stato un modo molto efficace di socializzare, oltre che di imparare la lingua. All’università di Madrid riservano molta importanza allo sport, basti pensare che ci sono persino campi da beach volley e di rugby”. Nessuna difficoltà neanche a livello economico. “La borsa di studio del Secondo Ateneo è, a mio avviso, sufficiente. I testi d’esame possono anche essere presi in prestito alla biblioteca dell’Università, senza necessità, quindi, di acquistarli tutti. E pensare che alla Facoltà di Psicologia a Caserta possiamo soltanto consultare i libri, non possiamo  portarli a casa neanche per qualche giorno…”. La permanenza in Spagna  “è servita a farmi veder le cose in un altro modo, ora sono più aperta”. L’unico momento brutto: il ritorno a Torre Annunziata. “Dopo dieci mesi di permanenza a Madrid, ho ritrovato il mio paese in una situazione critica, a cui forse non ero più abituata. E’ un paese che vive tante problematiche legate alla criminalità e sto cominciando a chiedermi semmai potrà offrirmi qualcosa di positivo, perché non si può vivere solo di speranze… C’è voluto un po’ per riadattarmi”. 
Rientro traumatico anche per Giacomo Visconti, studente al quarto anno di Architettura, il quale ha trascorso sei mesi a Madrid, presso l’Universidad San Pablo CEU. “Non mi piace l’Università che frequento, penso sia provinciale. Riproduce e amplifica i problemi della provincia – afferma Giacomo, ventiduenne, di Calvizzano– Questa è la molla che mi ha fatto scegliere di andare a studiare all’estero, oltre che mettermi alla prova”. E di differenze Giacomo ne ha viste tante: “all’Università di Madrid, mi sembrava di essere in un altro mondo: le lezioni erano interattive, i docenti disponibilissimi, fornivano persino i loro recapiti telefonici per ogni evenienza legata allo studio, gli studenti considerati alla pari dei docenti stessi. E poi lo studio è molto più pratico: i ragazzi spagnoli elaborano, in media, quattro progetti ogni anno. Alla Facoltà di Architettura di Aversa, sono previsti quattro progetti in cinque anni… Avrei voluto prolungare la mia permanenza, ma sono dovuto ritornare in Italia perchè, a Madrid, non sono previste le innumerevole prove da pochi crediti che ci sono qui…”. Sembra che questa esperienza abbia prodotto in Giacomo, oltre che un’accentuazione dello spirito critico, un cambiamento interiore: “Lo riconosco: adesso sono più flessibile. Prima, ero troppo preciso, rigido in alcune situazioni. Oggi ho una maggiore capacità di adattamento, mi sento diverso… meglio…”.
Silvia Vitolini, ventiquattrenne, di Sant’Agata De’ Goti ha svolto l’Erasmus in Belgio, presso l’Ecole d’art ‘Saint Luc’. “E’ stata una grande esperienza, la consiglio a tutti, non è assolutamente una perdita di tempo – dice Silvia, neo-laureata in Design industriale presso il Corso di Laurea di Marcianise e attualmente studentessa della Specialistica in Disegno industriale del prodotto a Milano – non ho avuto problemi di nessun genere in quanto all’Ecole d’art hanno un ufficio per l’accoglienza Erasmus. Siamo stati accolti come ospiti d’onore. Al mio arrivo, sono stata accompagnata in giro per la facoltà, mi hanno presenta ai docenti e ai futuri compagni. Sicuramente c’è un altro tipo di organizzazione che mi ha aiutata e agevolata molto soprattutto all’inizio”.
Mancava poco più di un anno al conseguimento della laurea anche a Gemma Ferrante, laureanda in Medicina e Chirurgia, la quale ha deciso ugualmente di partire per Cordova. “Ero un po’ stanca della mia vita universitaria, avevo bisogno di una svolta. E poi, a poca distanza dalla laurea, cominciavano ad assalirmi dubbi su cosa avrei voluto fare dopo…”. Svolta che è arrivata con la partenza per l’Universidad de Cordoba. “Grazie al prof. Sergio Minucci sono venuta a conoscenza del progetto Erasmus. Il professore è’ stato molto disponibile e mi ha spiegato tutto l’iter. – dice Gemma, ventisette anni, di Aversa – Conoscevo solo qualche parola di spagnolo, e, a Cordova, ho scoperto che gli spagnoli non sanno neanche una parola in Inglese.  Ma ho imparato in fretta, qualche termine è anche simile al napoletano”. La vita universitaria a Cordova: “La Facoltà di Medicina ha un taglio molto più pratico, già dal secondo anno gli studenti sono a contatto con i pazienti. Gli esami, per la maggiore, sono test scritti e vengono corretti tramite un sistema a lettura ottica, che, oltretutto, esclude ogni tipo di dubbio sul metodo di correzione usato”. Nemmeno l’alloggio è stato un problema: “Nelle prime due settimane, sono stata ospite di un’amica, una studentessa spagnola che aveva trascorso un periodo in Italia sempre tramite il programma Erasmus. Poi, ho trovato un alloggio insieme a due ragazzi italiani”. Stava andando tutto liscio come l’olio quando, durante la seconda settimana di permanenza, Gemma cade dalle scale, in università, e si rompe un dente. “L’assicurazione ha coperto tutti i danni e, dopo due settimane, avevo il dente nuovo. Non l’ho nemmeno detto ai miei genitori, non volevo che si preoccupassero…”. Qualche commento: “E’ un’esperienza che consiglio a tutti, si impara una nuova lingua ma non solo. Si ritorna cresciuti, arricchiti perché ci si mette continuamente alla prova”. Partita tra mille dubbi, le chiediamo se, al ritorno, ha sciolto i suoi dubbi sul futuro. “Non ho le idee precise su quello che voglio fare, – risponde – ma so quello che non desidero: non voglio studiare Chirurgia, né Medicina interna”. Una certezza ce l’ha: “anche durante la Scuola di Specializzazione, si può presentare domanda per l’Erasmus. Ci proverò!”.
Maddalena Esposito
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