Sold Out di pubblico per Gino Strada

Un furgoncino e due fuoristrada fermi a un semaforo di Milano. “Dove andate?”, chiede qualcuno. “In Ruanda”, risponde uno dei conducenti della carovana. Ha mosso così i primi passi Emergency, l’associazione umanitaria che aiuta le vittime della guerra e della povertà, nata agli inizi degli anni ‘90. A raccontare la storia in questi termini è
stato il conducente di quella carovana, Gino Strada, che il 24 novembre si è rivolto a diverse centinaia di studenti per l’incontro “Emergency: medicina di guerra, progetto di pace”. È ripartito con una grande firma il ciclo di eventi #NONSOLOMEDICINA che finora ha portato al Policlinico volti noti dell’arte, della musica e del cinema. La risposta è stata di quelle importanti. Nell’aula grande Nord dell’edificio 19, che ha ospitato l’incontro, uno spillo difficilmente
avrebbe toccato il suolo. Posti a sedere esauriti erano incorniciati da file di spettatori che hanno seguito in religioso silenzio in piedi lungo i corridoi laterali. Un piccolo gruppo ha scelto l’alternativa messa a disposizione dalla Scuola di Medicina, un’aula dell’edificio 20 dove l’evento è stato trasmesso in diretta. Moderatori della giornata, come di consueto per questa manifestazione, sono stati il professore e psichiatra Ignazio Senatore e il professore di Chirurgia generale Cesare Formisano. “Se si fa entrare il profitto negli ospedali, si distrugge la medicina”, una delle
prime considerazioni di Gino Strada, che ha proseguito: “nonostante le potenzialità tecnologiche non c’è un
miglioramento degli indicatori della salute. La medicina oggi produce poco di scientifico. C’è un avanzamento
dell’ingiustizia sociale”. Perché, a suo avviso, “l’ospedale è quel posto dove andare quando non stiamo bene. Cosa vuol dire trasformarlo in un’azienda? Ciò svilisce la professione medica e crea disastri. Undici milioni di persone non si curano come dovrebbero, ma il nostro sistema sanitario si preoccupa del pareggio di bilancio”. Portando a un “impoverimento morale. Siamo una collettività. Un medico dovrebbe occuparsi della salute di tutti”. Con
orgoglio rimarca: “non ho preso mai un solo euro da un paziente. Non ho mai fatto visite private, perché per me la medicina deve essere pubblica, ovvero di alta qualità e gratuita per tutti”. Stesso discorso se si guarda al Terzo mondo, dove opera da anni ormai: “un ospedale va bene per gli africani se lì siamo disposti a farci curare anche noi, altrimenti non serve. Il diritto umano è totalizzante. Deve valere per tutti. Escludere pure solo una persona
significa portare avanti i privilegi di tutti gli altri”. Non è di certo nelle intenzioni sue e del team che nel ’93 è partito da Milano per il Ruanda: “c’era il genocidio in corso. Abbiamo dato cibo a dei ragazzi grandicelli che poi ci hanno dato una mano tenendo per ore e ore le torce che servivano per poter operare”. In una situazione di emergenza uno degli aspetti più difficili è stabilire le priorità di intervento: “in zone di guerra arrivano centinaia di feriti contemporaneamente. Curarli tutti insieme non è fattibile. La mossa più ragionevole è dividere i pazienti in grandi categorie, stabilendo chi deve essere operato subito, chi può aspettare e chi non ha speranza. Sono scelte dolorose ma necessarie in posti dove le risorse sono limitate”. Lo hanno imparato presto Giovanni Cestaro e Costantino Mancusi, specializzandi della Federico II reduci da un’esperienza con Emergency raccontata ai tanti presenti. Agli studenti in aula, poi, è stata concessa la possibilità di rivolgere domande al relatore della giornata. “Le Scuole di specializzazione italiane sono poco didattiche. Puoi avere lo stesso bisogno di noi?”, ha chiesto una specializzanda. La risposta è stata “ovviamente sì. Credo che esperienze come quelle che avete sentito oggi siano utili da un punto di vista professionale”. Su quale possa essere il ruolo di Emergency in Italia ha sottolineato: “rispondere ai bisogni che le persone ci pongono e che non trovano soddisfazione nel sistema pubblico italiano. Non vogliamo sostituirci a un sistema, ma vogliamo aiutare a guarire persone che altrimenti restano senza cura”.
Una ragazza chiede se tra gli scopi di Emergency ci sia anche quello di rendere autonomo da un punto di vista sanitario i paesi nei quali l’organizzazione opera: “la formazione del personale è uno dei punti chiave. Ci sono delle difficoltà burocratiche, ma abbiamo raggiunto dei risultati. Con noi lavorano da molto tempo chirurghi afgani che abbiamo formato per diversi anni”. Ha mai avuto paura di fallire nel suo lavoro? Alla studentessa risponde: “chi
fa il mestiere del chirurgo, in particolare in zone di guerra, ha delle paure dettate spesso dal contesto. Occorre conviverci”. Chiusura con i ringraziamenti del professore di Chirurgia generale Enrico Di Salvo: “è stato un pomeriggio magico. Ringrazio voi ragazzi che avete partecipato con grande interesse e Gino per quello che fa e quello che è”. Gli ultimi istanti sono una caccia a una foto o a un autografo. Conserveranno con cura il libro di Immunologia Flavia Peres e Fabio Castellano, studenti di Medicina dell’Università degli Studi della Campania Luigi
Vanvitelli. Su quel testo c’è la firma del loro eroe: “quando ho saputo che c’era lui mi sono detta che non potevo mancare. I suoi interventi sono stati fantastici”. Ha aggiunto Fabio: “Gino è sempre stato una fonte di ispirazione per me. Per gli altri è Batman, per me è lui”.
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