Studenti di Scienze della Comunicazione sottotitolano 7 documentari

Esercizi di sotto-titolazione realizzati dagli studenti di sette documentari premiati negli USA. Sono stati presentati al Suor Orsola il 27-28 novembre durante l’evento “Storie dell’oggi”. “Era mio intento organizzare questa iniziativa per dar modo a più persone possibili di conoscere questi sette documentari che oggi, grazie al lavoro degli studenti, sono stati tradotti per la prima volta in italiano”, racconta il prof. Carlo Alberto Pinelli, ideatore di tutto il lavoro che ha coinvolto un gruppo di iscritti al terzo anno di Scienze della Comunicazione, curriculum Cinema e televisione. Il docente da anni conduce due corsi molto interattivi, Tecniche del documentario e Teorie e tecniche del linguaggio cinematografico, che riguardano il documentarismo. La novità di quest’anno: “Ho pensato di collegare i documentari ai corsi di lingua inglese diretti dalla prof.ssa Stefania Tondo e dagli assistenti per insegnare ai ragazzi a tradurre nel modo più conforme possibile una lingua straniera e soprattutto per trasferire loro la tecnica della sottotitolazione. Proprio per questo gli studenti non si sono cimentati solo con l’inglese ma anche con lo spagnolo e l’arabo”, spiega il docente. Tuttavia, per il professore, il principale scopo dell’iniziativa era quello di: “confrontare il documentarismo classico con quello moderno per comprenderne le differenze, come lo stile di inquadratura ed i nuovi strumenti utili per registrare, ad esempio, i droni”.
I documentari trattano di vari temi e di vicende significative: la guerra, le leggi, la giustizia, la politica, i diritti dell’uomo. Quello che sta più a cuore al docente è il documentario, prodotto da National Geographic, per la regia di Elizabeth Chai Vasarhelyi e del filmmaker e alpinista Jimmy Chin, vincitore dell’Oscar 2019, che narra la storia del famoso alpinista Alex Honnold: Free Solo. “Sono un appassionato di alpinismo e nel documentario che narra la vita di Honnold, campione dell’arrampicata solitaria senza assicurazione, si percepisce da un lato la straordinarietà di una vita dedicata all’avventura, dall’altro tutto il rischio e la pericolosità legata a un’attività particolare e difficile”. I ragazzi hanno portato a termine i progetti per l’evento nel corso di varie settimane lavorando “in gruppo di sei o sette. È stato un lavoro basato sulla collaborazione e sulla precisione. Nonostante ciò, tutti si sono impegnati molto e spero che si siano anche divertiti”.
Alessandra Coda, studentessa che ha realizzato parte della sottotitolazione del documentario Free Solo, racconta: “Il documentario narra la storia di Alex Honnold, non solo la sua vita da alpinista ma anche quella sentimentale e i rapporti con la famiglia. Il lavoro è stato lungo e la difficoltà è stata quella di rispettare i tempi di traduzione che erano molto rapidi, anche perché spesso le voci si accavallavano. Lo spettatore quando guarda un documentario ascolta e contemporaneamente legge le didascalie, per questo io e il mio gruppo abbiamo cercato di rendere la traduzione semplice e comprensibile facendola in maniera letterale”. Per Romina Albanese, che invece ha realizzato i sottotitoli per il documentario RGB, l’aspetto più complicato del lavoro è stato “tradurre termini giuridici che spesso non avevano un corrispettivo in italiano, dato che il documentario tratta della vita di un giudice degli Stati Uniti che si è battuto per i diritti delle minoranze e per le donne. Un lavoro del genere richiede che le didascalie debbano essere disposte con ordine, con lo stesso Font, e la giusta grandezza. Dunque, prima abbiamo dovuto capire il significato di ogni discorso, tradurlo su carta facendo attenzione agli slang e poi, tramite dei programmi, abbiamo inserito la versione definitiva nel video”.
I progetti sono stati realizzati nelle ore extracurriculari e gli studenti hanno impiegato settimane per concluderli. Per Alessandra è stata “sicuramente un’esperienza impegnativa ma molto costruttiva. Oggi sono soddisfatta e felice per il risultato ottenuto”. Per Romina: “Non tutti nel gruppo credevano di farcela, ma poi ci siamo sentiti parte di un team e collaborando abbiamo realizzato un lavoro lineare. Sono dovuta entrare un po’ nella vita del protagonista del documentario affidatomi, per portare a termine una buona traduzione, e questo aspetto l’ho trovato molto interessante”.
Francesca Corato
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