Studenti in cattedra per discutere di sentenze recenti sulle nuove frontiere della privacy

Grande successo di pubblico per l’incontro che si è tenuto nel pomeriggio del 12 aprile presso il Dipartimento di Giurisprudenza nell’ambito del ciclo “I lunedì di ERMES”. L’iniziativa, giunta alla sua seconda edizione, è stata organizzata dal Centro Europeo di Ricerca sui Media per la Società dell’Informazione in collaborazione con le cattedre IV di Diritto Costituzionale e II di Istituzioni di Diritto Privato. Per l’occasione l’Aula della Biblioteca
Guarino è stata sommersa di professori, dottorandi e soprattutto aspiranti giuristi, alcuni dei quali coinvolti in “una sperimentazione didattica che nasce per dare la parola agli studenti, sin dal primo anno”, come afferma in apertura dei lavori la prof.ssa Giovanna De Minico, costituzionalista e Direttore del Centro Interdipartimentale ERMES. Sono infatti proprio gli studenti i relatori protagonisti di questo innovativo format interdisciplinare in cui il diritto Costituzionale e quello Privato si incontrano per discutere dei case law a partire dai provvedimenti emanati di recente in merito all’argomento scelto. “I ragazzi partono da un caso pratico, e non dalla dottrina. È il metodo più difficile nonché efficace per confrontarsi con ampia libertà d’opinione su questioni controverse che spesso non emergono durante corsi o convegni”. Una decina gli studenti che si sono alternati al microfono per fornire esempi concreti di studio e relative interpretazioni data una sentenza specifica. “Che cosa accade al diritto alla riservatezza, quando il suo terreno di esercizio è costituito da coloro che operano in rete e non più nella realtà materiale consueta? E come necessitano di essere protetti i dati quando si spostano su Internet? Oppure, può un motore di ricerca, dunque un soggetto privato, assumere una decisione in merito a un diritto fondamentale?”, sono questi alcuni degli interrogativi lanciati dalla docente a cui tenteranno di rispondere i quattro gruppi.
Social network e nuovi media, quando “il diritto insegue la realtà”…
Nel primo gruppo, coordinato dalla prof.ssa Carolina Perlingieri, docente di Diritto Privato, gli studenti Gioia Battipaglia, Sara Barone, Pietro Cappabianca e Chiara Calise Piro hanno proposto il tema del rapporto tra dati sanitari e archivi elettronici, “spinti dall’esigenza di individuare strumenti adeguati alla raccolta e al trattamento di dati sensibili che assicurino nel contempo trasparenza e sicurezza”, riferisce la docente. “Un tema del tutto nuovo per noi quello della protezione dei dati sanitari che ha reso quest’esperienza ancor più formativa, perché ci ha dato la possibilità di approfondire sotto il profilo di studenti ciò che riguarda tutti da vicino in quanto individui – commenta Gioia, iscritta al terzo anno – Volevo sottolineare l’importanza di una sicura circolazione dei dati in rispetto al Codice della privacy e mostrare come in un mondo governato dai cosiddetti Big data sia necessario affiancare la componente normativa
ad altre in grado di segregare le nostre informazioni”. Nel secondo gruppo, invece, Francesca Izzo, guidata dalla prof.ssa Oriana Clarizia, anch’essa docente di Privato, ha studiato un caso di infedeltà matrimoniale provato tramite un social network. In altre parole, si è chiesta: il tradimento virtuale può
far scattare la richiesta di addebito della separazione? “L’avvento dei nuovi media in tribunale è un argomento sul quale non esiste un orientamento univoco in dottrina – spiega Francesca – per cui bisogna attrezzarsi per un’indagine dettagliata del caso giurisprudenziale in esame quanto dei mutamenti sociali e tecnologici attraversati dalla nostra società”. È proprio vero, come sottolinea la prof.ssa Anna Scotti, coordinatrice del terzo gruppo, che
“il diritto insegue la realtà”, passando poi alla presentazione degli studenti Nicholas Ferrante, Valeria Duraccio, Maria Ludovica De Cicco, Nicola Dongiacomo, tutti del secondo anno, sulle sentenze inerenti al diritto all’oblio, ossia al divieto di diffondere nel presente i reati commessi da qualcuno nel
passato. “Per relazionare su un argomento che peraltro interseca la sfera della riservatezza ma anche la libertà personale, ho studiato la sentenza Google del 2014 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – sostiene Nicholas – Mi colpiva nella decisione della Corte che il giudice comunitario avesse operato
tenendo dei diritti fondamentali del singolo rispetto al motore di ricerca, il quale può essere obbligato alla rimozione di informazioni dietro domanda dell’interessato”. In particolare, il diritto a essere dimenticato rientra nei principi generali che stanno alla base del diritto di cronaca e di informazione. “Ho
analizzato un caso molto noto che è accaduto nell’ultimo periodo, per cui documentarmi non è stato complicato. Difficoltà ne ho riscontrate piuttosto nel capire dov’era la ragione di diritto – prosegue Valeria – La giurisprudenza non è ancora arrivata a un punto fermo in materia di riservatezza, per cui ho dovuto analizzare le fonti esponendo un mio giudizio personale. A mio parere, ognuno di noi dovrebbe farsi garante
di se stesso per fare in modo che informazioni strettamente personali non siano immesse sulla rete”. In questi casi, “il diritto fa parte delle nostre vite più di quanto riusciamo a rendercene conto”. Infine, la dott.ssa Fulvia Abbondante, ricercatore di Istituzioni di Diritto Pubblico, ha introdotto una tavola
rotonda sulle nuove frontiere della privacy nell’era digitale composta da Lorenzo Pappalardo, Mauro Lopes, Antonio Propato, Antonio Parrella e Lucrezia Pisano. Questi ultimi due raccontano: “Abbiamo lavorato in totale collaborazione alla sentenza del 2000 sulla protezione dei dati personali trasferiti dalla Comunità europea ad organizzazioni aventi sede negli Stati Uniti”. Infatti, in base a tale decisione, “l’Unione Europea è tenuta a garantire la tutela della privacy dei cittadini europei anche in paesi che non rientrano nella sua sfera legislativa e giudiziaria”, informa Lucrezia, neoiscritta.
Il segreto del successo? “Toccare con mano la professione”
L’iniziativa è stata molto apprezzata dagli studenti. Come partecipare al progetto? Basta mettersi in contatto con le docenti responsabili, dopo aver dimostrato una solida preparazione nelle discipline vincolanti in sede d’esame. Dopodiché i propri tutor forniranno materiali e documenti di lettura nonché le linee guida essenziali per intraprendere la ricerca e portare avanti la stesura delle relazioni. “Non è stato semplice costruire un discorso che mettesse in evidenza i concetti chiave ravvisabili nelle fonti, ma ci ha posti di fronte a una sfida. Noi studenti siamo abituati a una visione più statica dell’Università, questa è stata un’occasione per conoscere il lato più interattivo del percorso che ci attende”, rivela con entusiasmo Gioia. Un autentico lavoro di squadra, realizzato sotto la supervisione della docente, quello che emerge nelle parole della sua collega Valeria: “Ognuno di noi ha scelto l’argomento che maggiormente preferiva all’interno delle sentenze selezionate. Ci siamo incontrati spesso per aggiornare tutto il gruppo sul lavoro in fase di svolgimento. Infine, abbiamo incontrato la docente per un’ultima prova generale in cui approfittare di consigli che
hanno sicuramente migliorato la nostra esposizione d’insieme”, consigli soprattutto sulla terminologia giuridica più corretta da impiegare.  “Ci hanno supportato lasciando comunque ampio spazio all’autonomia e correggendo solo laddove ci fossero errori d’interpretazione”, interviene Lucrezia. Ma quali sono le strategie vincenti per approntare l’analisi di una sentenza? “Cominciare con una lettura accurata del testo e, dopo essersi accertati della sua comprensione, continuare con la ricerca di ulteriori fonti sul Web e articoli di giornale, per avvalersi di un orizzonte più ampio d’interpretazione, per certi versi meno tecnico, e analogamente utilizzare apposite banche dati per la raccolta di materiale più completo sugli aspetti giuridici”. Per tutti i partecipanti l’iniziativa rappresenta un gratificante punto di partenza sognando la carriera  forense. “È molto più formativo  rispetto a una lezione canonica. Non capita tutti i giorni di discutere dinanzi a un pubblico universitario, con tutta l’ufficialità dell’atmosfera. Ti misuri con te stesso sedendo in cattedra come fa il professore con l’unica differenza che stavolta sarai tu a dover attirare l’attenzione e incuriosire chi sta dall’altro lato”, confessa Nicholas. “La parte migliore?
Avere l’opportunità di mettersi in gioco, cambiare prospettiva e approfondire studi svincolati dal libro è ciò che consente davvero di poter toccare con mano la professione”, conclude Lucrezia.
Sabrina Sabatino
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