Studenti in visita al carcere di Rebibbia

Cinquanta studenti in visita al carcere di Rebibbia: l’esperienza promossa dalla cattedra di Diritto penale del prof. Bruno Assumma ormai è una tradizione. Venerdì 10 febbraio il folto gruppo di studenti ha potuto toccare con mano la realtà del penitenziario romano. La visita guidata non ha deluso le aspettative. “Ho deciso di partecipare perché a Giurisprudenza non si fa mai nulla di così concreto – afferma Martina Rea, studentessa al III anno – Appena ho saputo di questa opportunità non ci ho pensato due volte e ho fatto bene. L’esperienza è stata molto formativa, abbiamo avuto contatti diretti con i detenuti e il loro mondo”. La cosa che ha colpito maggiormente la studentessa:
“Scoprire come queste persone che vivono in carcere svolgano lavori utili per la società. Alcuni detenuti, formati in precedenza, lavorano per l’ospedale Bambin Gesù di Roma prenotando visite specialistiche agli utenti. Questo contatto con il mondo esterno proprio non me l’aspettavo. Si ripone fiducia in persone che hanno ancora tanti anni di carcere da scontare”. Anche per Francesca, iscritta al terzo anno, la visita si è rivelata illuminante: “Non mi aspettavo che i detenuti potessero svolgere una vita così ‘normale’. Certo, abbiamo visitato stanze particolari, ma la continua rieducazione dei reclusi mi ha davvero colpito. Basti pensare che hanno la possibilità anche di andare in palestra, un lusso che non credo sia contemplato in altre sedi penitenziarie”. La studentessa credeva di trovare un carcere lugubre, non una struttura all’avanguardia dove “c’è la possibilità di effettuare processi in videoconferenza, coinvolgendo tribunali di diverse città contemporaneamente. Visitare questa stanza mi ha dato il senso del diritto che muta e progredisce. Chi è sotto articolo 41 bis, può presenziare al suo processo che magari si sta svolgendo a Napoli, restando però a Roma”. Interessante è stato scoprire cosa avviene dopo la fase dell’arresto, quella dell’ingresso in struttura. “La nostra guida – spiega Luciano Polverino, anch’egli studente del terzo anno – ci ha mostrato la stanza dove avviene il riconoscimento, dove vengono rilevate le impronte digitali e viene effettuato l’esame del DNA. Questa prima fase mi ha colpito molto. Volendo diventare magistrato, ci tenevo
a capire i meccanismi”. Scoprire che nel penitenziario romano “viene applicata totalmente la Costituzione con la rieducazione in toto del reo è stata una sorpresa. Parlare direttamente con i detenuti ci ha permesso di capire che stiamo studiando cose vere ed applicabili”. In quest’ottica, la visita è stata anche utile per conoscere meglio la materia: “Soprattutto ci ha fornito gli elementi base della procedura penale, disciplina che studieremo a breve. Abbiamo compreso come agisce in concreto l’ordinamento penale che non punisce, ma, al contrario, tende alla
‘salvezza’ di chi ha sbagliato. Consiglio vivamente la partecipazione a questo tipo di esperienze. Formano in modo concreto e permettono una ripetizione dal vivo di ciò che si sta studiando”
- Advertisement -




Articoli Correlati