Tanti studenti all’Ade sul tema della comunicazione con i pazienti

“Parlare di dialogo medico-paziente è una necessità perché molti miei colleghi clinici non privilegiano questo aspetto”, spiega la prof.ssa Adriana Oliva, docente di Biochimica e promotrice di una giornata di studio sul tema, che si è svolta il 26 marzo presso l’Aula Bottazzi. L’incontro si è collocato nell’ambito delle Attività Didattiche Elettive (ADE). Presenti tantissimi studenti, tant’è che l’appuntamento è stato replicato il 9 aprile. Hanno potuto partecipare anche le matricole perché “l’argomento è trasversale, riguarda chiunque, soprattutto le matricole che sono in formazione ed hanno la necessità di costruire quei rapporti umani sui quali basare successivamente le nozioni acquisite”. A dare inizio ai lavori è stata la proiezione di undici scene tratte dal film “Un medico, un uomo”, nel quale l’attore William Hurt indossa le vesti di un dottore freddo verso i pazienti ma che, per traversie personali, finisce per cambiare radicalmente registro di comportamento, aprendosi al dialogo. Le suggestioni nate da questi spezzoni hanno fatto da preludio al primo intervento, quello della dottoressa Rosa Ruggiero, Dirigente Medico dell’ASL Napoli 1 Centro, che ha sottolineato l’importanza del rapporto tra l’Ateneo e le aziende esterne e il valore di questo incontro: “la collaborazione stretta tra aziende sanitarie locali e l’università può portare solo buoni frutti, anche perché la formazione universitaria è quella che porterà i nuovi medici nel mondo del lavoro. Parlare di comunicazione ha un senso profondo, perché vogliamo dire ai giovani che non devono limitarsi a fare i medici, ma devono esserlo profondamente”. Durante la relazione, il discorso generico sulla comunicazione in ambito clinico è andato via via restringendosi su casi specifici. Non sono mancati esempi concreti. Con la collaborazione del dottor Fabrizio Russo, la dottoressa ha indossato i panni dell’attrice simulando un dialogo con un paziente affetto da una grave patologia. Due le scene. Nella prima il confronto è avvenuto in maniera fredda, mentre nella seconda sono stati adottati tutti i criteri della corretta comunicazione. Agli studenti spettava quindi il compito di sottolineare gli errori del primo atteggiamento e i pregi del secondo. La parola è poi passata alla seconda relatrice, la dirigente di primo livello al Santobono Maria Teresa Balsimelli che ha parlato di donazione di organi, come anticipato ad inizio lezione: “sono qui per chiarire qual è il percorso donativo, cosa sono le espressioni di volontà e per discutere di tutte le difficoltà che possiamo incontrare in questo cammino”. Anche in tal caso, parlare in modo giusto è fondamentale: “la comunicazione deve essere fatta con chiarezza, prima, durante e dopo il percorso di donazione. Questo è l’anello fondamentale che permette di stabilire un rapporto di fiducia”. Molti studenti si sono trattenuti in aula anche a lezione conclusa. Tra questi Giusy Donnarumma, iscritta al secondo anno: “ci sono molte informazioni che vengono date allo studente nell’arco dei sei anni, però spesso viene tralasciato un aspetto molto importante che è quello dell’empatia e soprattutto del rapporto umano col paziente che può portare a una maggiore collaborazione durante il percorso di cura”. Antonietta Galise, sempre del secondo anno, ha sottolineato l’importanza del tema trattato: “la professoressa Oliva ha dato una grande dimostrazione coinvolgendo tutti i ragazzi, anche del primo anno, perché questi sono argomenti che vanno affrontati fin da subito”. Hanno risposto presente molte matricole, come Chiara Francese: “ho conosciuto l’evento per caso. Il tema mi interessava e quindi ho deciso di partecipare. A mio avviso, anche il dialogo docente-studente è molto difficile da gestire”. Per Rosa Mirra l’incontro “è stato molto interessante. Mi ha colpito il discorso sulla donazione degli organi. Mi piacerebbe se ci fosse un corso di comunicazione a Medicina”. Partecipare per completarsi, questa è l’idea di Irene Borzillo: “penso che per prima cosa sia importante il dialogo, la conoscenza medica non basta. Ho deciso di partecipare anche perché non ci sono degli esami su questo argomento. Impariamo molti libri tecnici ma spesso la teoria non è accompagnata dalla pratica”. È d’accordo Elisa Cimmino: “ritengo sia indispensabile avere una conoscenza non solo tecnica ma anche a livello umano. Posso anche diagnosticare una malattia, ma se non riesco ad avere un rapporto adeguato col paziente penso che tutto diventi inutile”. Ha parlato di muri Salvatore, del quarto anno: “da parte nostra c’è la volontà di approcciarci al paziente in maniera da rompere il muro che separa il medico dalla persona, sia per soddisfazione personale sia per un miglior successo terapeutico”. Suo compagno di corso è Giampaolo: “servirebbe praticare molto di più i reparti, ma per questo bisognerebbe migliorare innanzitutto all’interno dell’università”.
Ciro Baldini
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