“Ho trovato subito lavoro, dirigo cantieri miei. Mia madre è fiera di me. Il 14 settembre 2014 mi sono sposato, da due anni sono diventato papà e Nico è la mia gioia. Tra qualche mese arriverà anche una bambina”. Nicola Bianchi, studente 22enne di Biotecnologie, avrebbe potuto scrivere queste righe di suo pugno. E invece questa lettera arriva dal futuro. Perché Nicola, come altri 55 studenti, è morto durante il sisma che ha investito L’Aquila nel 2009. Proprio alla memoria degli studenti scomparsi è dedicato il Premio di laurea indetto dall’AVUS, l’associazione messa in piedi dai genitori delle vittime, e finanziato con i proventi del libro del giornalista Rai Umberto Braccili “Macerie dentro e fuori” che raccoglie pensieri, ricordi, interviste. “Mio figlio aveva 22 anni. Sono rientrato a casa e non c’era più. All’inizio non capivo, non riuscivo a spiegarmi il perché. Poi, pian piano, facendo ricerche e leggendo statistiche ho iniziato a comprendere”, racconta Sergio, il papà di Nicola, nel corso della presentazione del Premio che si è tenuta il 19 aprile presso il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse. La Protezione Civile sosteneva che non bisognava allarmarsi, “ma statistiche di geologi, relative al 1995, affermavano con certezza che entro il 2010 ci sarebbe stato un 30% di probabilità che la zona potesse essere colpita da un grande sisma. L’Aquila è una regione a rischio uno”, ribadisce Sergio Bianchi che ha trovato una sfilza di documenti con liste di edifici da mettere in sicurezza. “Quando ho raccolto tutte queste informazioni mi sono incazzato. C’era qualcosa che non quadrava, un’esplicita volontà da parte dei media e delle forze politiche di mettere a tacere allarmismi. Ai nostri ragazzi hanno detto che non c’era pericolo, non hanno chiuso l’Università e mio figlio ha perso la vita”. Il terremoto de L’Aquila, tragedia di dimensioni colossali, si poteva arginare con un adeguato piano di prevenzione, secondo i geologi presenti all’incontro. “Prevenzione non deve essere una parola sterile, ma un impegno concreto per un piano nazionale, che metta insieme ordini professionali, mondo scientifico e società civile”, sostiene il consigliere nazionale dei Geologi Michele Orifici. La Protezione Civile è obbligata a non sottovalutare la fase della prevenzione, “perché dobbiamo sapere che il nostro territorio è esposto a rischi e cosa fare in caso di terremoto. Se ci fosse stato un piano di emergenza, Nicola si sarebbe salvato”, evidenzia. Perciò l’European Federation of Geologist “sta lavorando ad un progetto volto a mettere a disposizione dei cittadini informazioni relative ai possibili rischi naturali”, come sottolinea il segretario generale e docente di Geologia Applicata Domenico Calcaterra. Verrà dunque riconosciuta una quota di 3000 euro al vincitore che discuterà una tesi sperimentale in Riduzione del Rischio Sismico. “L’intento del Premio è imprimere nella coscienza di ognuno di noi il terribile episodio, che ha visto numerose vittime causate da una cattiva organizzazione, in modo che non si verifichi più”, afferma il Presidente del Corso di Laurea in Scienze Geologiche Lucia Civetta. Il giornalista Braccili spiega il significato del Premio, strettamente collegato alla pubblicazione del libro: “Ho scritto il libro insieme ai genitori delle 13 vittime del sisma che hanno fondato l’AVUS. Il titolo sta a significare che, oltre alle macerie esterne, ci sono quelle interne, che non si vedono, ma restano per sempre. Perché l’Università de L’Aquila non ha chiuso dopo le prime avvisaglie del sisma? Questa è la domanda che ci siamo posti, e con i proventi delle vendite stiamo pagando periti ed avvocati per trovare una risposta”. Oggi il libro è diventato una possibilità di girare nelle Università italiane “per chiedere ai ragazzi di sposare la nostra causa con le loro ricerche. Nessuno aveva la percezione della possibile tragedia, dato che dopo la prima scossa le vittime vennero tranquillizzate. Se ci fosse stata un’idonea prevenzione, la tragedia non avrebbe avuto una tale portata”, conclude. Dal terremoto de L’Aquila si passa al ricordo di quello del 1980 in Irpinia con il racconto di Gerardo Cipriano, della Pro Loco “Candriano” di Torella dei Lombardi, che mostra le immagini di Laviano, uno dei comuni più colpiti, e dice: “Ci furono segni premonitori ad annunciare il terremoto. Il mio cane quella mattina non faceva altro che piangere, l’acqua straripava dai pozzi ed il pavimento era tutto bagnato. Poi arrivò un vento spaventoso ed un fragore. Ricordo che volevo uscire di casa, ma non riuscivo ad aprire la porta. Abitazioni e ponti erano crollati, la morfologia di un paese cambiata nel giro di pochi secondi”. Dopo il terremoto dell’Irpinia “i nostri centri storici sono stati messi in sicurezza? Ho qualche dubbio”, confessa Francesco Peduto, Presidente dell’Ordine dei Geologi Campania. E aggiunge: “La nostra regione è un’area altamente sismica, con più di 4700 edifici scolastici, dei quali molti non sono a norma”. A riguardo ci sono problematiche legislative e legate alla mancanza di prevenzione: “Siamo fermi ad una legge obsoleta ed i piani della Protezione Civile sono dei meri esercizi burocratici, di fatto non attuabili. Se si considera che il 25% delle vittime è causato da un comportamento della popolazione sbagliato, si comprende quanto è importante un piano di evacuazione idoneo”.
Terremoto a L’Aquila, un Premio di Laurea per ricordare i 55 studenti scomparsi
- Advertisement -