Tifoso sfegatato, il prof. Ferdinando Pinto racconta la sua grande passione (quasi “una malattia”) per la squadra del Napoli

Sulla pagina ufficiale del sito di Ateneo si è fatto ritrarre in foto con la maglietta della squadra del calcio Napoli. Il prof. Ferdinando Pinto, ordinario di Diritto Amministrativo a Giurisprudenza della Federico II, compare in azzurro, con lo sponsor di un paio di anni fa della squadra, ed il volto di chi, in quella maglia, si sente a proprio agio come
forse in nessuna altra circostanza. “Al cuore si sa – commenta – non si comanda e per me il Napoli è qualcosa di più di una semplice passione sportiva. Mi creda, è una malattia. Io sono malato per questa squadra”. Come è nata la foto in maglia azzurra sul sito di Ateneo? “L’Università mi aveva contattato e mi aveva chiesto di fornire una mia immagine a corredo della pagina personale. Per la verità ero un po’ restio, non è che ne avessi molta voglia. L’Ateneo ha insistito, mi hanno spiegato che intendevano realizzare una cosa all’americana, che il mio volto avrebbe reso meno impersonale la pagina on line. Io, però, temevo appunto l’effetto opposto, immaginavo il pessimo risultato che avrebbe prodotto la pubblicazione di una foto, tra virgolette, ufficiale. Mi sono chiesto come evitare il rischio e mi è venuto in mente che nulla avrebbe potuto presentarmi agli studenti in maniera più efficace che la foto con la maglia del Napoli. Racconta moltissimo di me”. Nella foto non si vede il retro della casacca. Che numero porta? “C’è il mio cognome: Pinto. Mi fu regalata da alcuni amici in occasione di un compleanno”. Quando ha contratto il virus che non l’ha più abbandonata? “Almeno una quarantina di anni fa. Seguivo il calcio anche da bambino, ma quello che davvero mi ha fatto innamorare è stato il mio soggiorno fuori Napoli durante gli anni
universitari. La squadra di calcio divenne elemento di identità e di orgoglio. Non ha mai più smesso di esserlo. Anzi, se proprio vuole saperlo, la malattia si è aggravata con il trascorrere degli anni”. Perché? “Perché, spiace doverlo dire, in questa città, a parte la squadra di calcio, ci è rimasto oggi ben poco”.
Le partite in trasferta
Segue gli azzurri anche in trasferta? “Scherza? Sono un girovago del pallone, accompagno la squadra, ogni volta che posso, in Italia ed all’estero. In Inghilterra, giusto per citare un aneddoto, è capitata una vicenda divertentissima”. Ce la racconti “Il Napoli era ospite del Chelsea per gli ottavi di ritorno della Champions League. Correva l’anno 2012. All’andata gli azzurri si erano imposti per tre reti ad uno e ci stavano discrete speranze di superare il turno. Biglietti per gli ospiti introvabili, ma io me ne procurai uno tramite un amico. Con me, partì verso Londra un drappello di professionisti, tra i quali un magistrato, non meno patiti di quanto sia io. Il problema era che
avevano i tagliandi per la tribuna del Chelsea, dove i sostenitori del Napoli non potevano entrare”. Cosa successe a quel punto? “Uno ebbe il colpo di genio. Propose di travestirsi tutti da supporter del Chelsea”. In che modo?
“Nei paraggi dello stadio c’era un negozio che vendeva appunto cappellini e sciarpe della squadra londinese. I miei amici napoletani ne fecero man bassa ed entrarono senza proferire verbo nel settore dei sostenitori del Chelsea, bardati con i colori della squadra di casa”. Filò tutto liscio? “La passione fa brutti scherzi. Quando il Napoli, che era in svantaggio di due gol, dimezzò le distanze al decimo del secondo tempo, guadagnando il momentaneo passaggio ai quarti, fu tutto un tripudio, un esultare in italiano e magari pure in napoletano, nel bel mezzo dei tifosi londinesi. Accorse la polizia e ci portò via uno per uno, compreso l’amico magistrato. Io, forte del biglietto che avevo, potei sistemarmi tra i napoletani ed assistetti, ahimè, alla sconfitta per 4 reti ad uno, che ci costò l’eliminazione. Gli altri dovettero uscire a metà partita dallo stadio”. Altri ricordi? “Ce ne sono moltissimi. Una volta si giocava Napoli-Milan e gli azzurri erano in svantaggio per due a zero. Il Napoli pareggiò in zona Cesarini ed io persi ogni freno: mi cimentai in una sorta di volo dell’angelo, stile rockstar, verso i seggiolini sottostanti. Non mi feci male, per fortuna, ma ruppi gli occhiali e l’orologio”.
Un altro docente tifosissimo: il prof. Scala
Il suo campione preferito da quando segue il Napoli? “Che dubbio c’è? L’indimenticato ed indimenticabile Maradona. Pura genialità applicata al gioco del calcio”. Anche lei è tra i tifosi che non hanno perdonato l’addio ad Higuain, la sua scelta di emigrare a Torino per giocare nella Juventus?“ Parafrasando Dante, dirò che il modo ancor mi offende. È scappato via come un ladro, non è stato chiaro e non è stato leale. Un pessimo uomo”. Parole di un innamorato tradito le sue. “Che Higuain sia un grande calciatore non si discute. Non contesto neanche la sua scelta di andare alla Juve, ma il modo con il quale ha condotto l’operazione. Pessimo davvero”. In famiglia condividono la sua passione, alias malattia, per la squadra azzurra? “Ho un figlio che lavora in Inghilterra come ingegnere ed ha la stanza interamente tappezzata con i colori del Napoli. Il virus si è trasmesso in tutta la sua potenza alla prole”. Tra i suoi colleghi universitari ci sono altri esempi di passione per il Napoli così sviscerata? “Certamente. Uno tra tutti: Angelo Scala. Insegna Diritto processuale civile, ma mi ripete spesso che la sua vera professione è quella di tifoso”. Quale è il suo giudizio sul Napoli di quest’anno? “Una squadra di grandi fiammate e generale mediocrità. Avremo grandi imprese, ma temo che non vinceremo nulla. La squadra assomiglia alla città, che ha avuto i suoi ribelli, ma non i rivoluzionari”.
Fabrizio Geremicca
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