Visita all’Archivio fotografico di Studi Umanistici

“Un patrimonio in immagini” mai viste prima, ora a beneficio di tutti gli interessati grazie all’apertura dell’ Archivio fotografico “Giovanni Previtali” nel Portico superiore di Porta di Massa, Dipartimento di Studi Umanistici, visitabile su prenotazione, a seconda della disponibilità delle giovani ricercatrici che se ne occupano. L’iniziativa darà il via
anche al “Convegno sugli Archivi fotografici” organizzato in aula Piovani dalla prof.ssa Paola D’Alconzo il 26 e il 27 gennaio e un ulteriore incontro a cura della prof.ssa Carmela Capaldi sulla “Fotografia di riproduzione”; in più una mostra annessa che aprirà il 27 gennaio e proseguirà fino al 9 febbraio sugli editori, le rappresentazioni e i soggetti delle foto. Ad occuparsi delle visite in Archivio una squadra quasi tutta al femminile, capitanata da Rossella Monaco, Assegnista del Dipartimento: “il convegno sarà una giornata conclusiva, in seguito all’apertura dell’Archivio, avvenuta il 21 dicembre, per illustrare le tecniche di restauro, conservazione e tutela di lastre di vetro per la proiezione. L’obiettivo è portare alla conoscenza di tutti un bene che possiede il Dipartimento. L’Archivio è nato nel 2005, dedicato allo storico dell’Arte Giovanni Previtali, dal quale partì l’idea. La professoressa D’Alconzo ha raccolto l’eredità con tutto il materiale utilizzato per la didattica, e non solo, nel Fondo Storico, dove sono state trovate, salvate e ripulite le lastre di vetro. Questo materiale è stato inventariato e digitalizzato attraverso un Progetto di digitalizzazione iniziato nel 2012. Abbiamo dunque stipulato convenzioni con le Soprintendenze per inserire i dati raccolti in una banca dati ministeriale, in modo da farli circolare. Il passaggio successivo sarà trasferirli sulla piattaforma di Ateneo eCo, che permette di arrivare direttamente ai fruitori. Le diapositive sono state
raccolte in particolare dall’Istituto di Storia dell’Arte e Archeologia che si trova nel Cortile delle Statue. I soggetti
partono dall’età classica, per arrivare alla contemporanea, e sono stati realizzati da note case fotografiche, come Alinari, in più c’è un nucleo di foto anonime datate tra la seconda metà degli anni Venti e gli anni Sessanta. Sono più di 7.400 lastre e un numero non inventariato di negativi e pellicole”. Il gruppo di lavoro che si occupa
dell’Archivio, oltre a Monaco e le professoresse D’Alconzo e Capaldi, comprende: Simone Foresta, il tecnico
Lucio Terracciano, Roberta Acampora e la tirocinante Marina Diano. È Acampora a descrivere
le tecniche di conservazione delle lastre: “le possiamo definire diapositive alla gelatina in bromuro d’argento.
Tecnica utilizzata intorno al 1870 che perdura fino alla metà del ‘900. Consiste nella sovrapposizione di materiali differenti: il supporto primario è il vetro, poi c’è uno stratom di emulsione in gelatina, una proteina animale, in grado di legare le particelle d’argento che formano le immagini. Le lastre riportano un’etichetta adesiva che fornisce informazioni utili sulla realizzazione delle stesse e sulla catalogazione del soggetto. Alcune sono state sigillate
con lo scotch che purtroppo ha deteriorato l’immagine rilasciando, nel tempo, la colla e ha portato problemi di conservazione. Inoltre, essendo la gelatina igroscopica, si restringe o si allarga, a seconda della presenza di umidità, cosa che non accade per il vetro, in quanto si generano delle fratture che causano il cosiddetto effetto ‘specchio d’argento’, per il quale le particelle d’argento migrano verso l’esterno. Tra le diapositive ne troviamo alcune a colori, dipinte a mano o su pellicola. I negativi sono maggiormente esposti a danni, poiché non hanno il vetro di protezione”. Monaco sottolinea l’importanza di lavorare su questi beni: “innanzitutto per la loro storicità. Ci sono foto che raffigurano l’eruzione del Vesuvio o monumenti dell’800 che ci restituiscono preziose informazioni sui
siti storici, testimonianze sulla conservazione delle opere in determinati periodi, o foto di opere andate
perdute, del Correggio e Courbet ad esempio. Importanti anche i cambi di attribuzione delle opere avvenuti nel
tempo, riportati sui bordi delle lastre, a volte pieni di cancellature”.
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