Un centinaio in aula a Servizio Sociale, “c’è voglia di frequentare”

Cento studenti circa in aula, una ventina che seguono da casa sulla piattaforma informatica di Ateneo. Sono i numeri del corso di Storia contemporanea che il prof. Paolo Varvaro sta tenendo agli allievi della Laurea Triennale in Servizio Sociale, che afferisce al Dipartimento di Scienze Politiche. “Noi facciamo lezione – racconta – in due aule a Giurisprudenza molto grandi e belle, adeguatamente attrezzate. Sta funzionando bene. Sono piacevolmente sorpreso perché finora la percentuale di studenti che frequentano in presenza è nettamente superiore a quella da remoto. In aula sono un centinaio, a casa una ventina. C’è voglia di frequentare e lo dimostra il fatto che alcuni ragazzi i quali vivono in provincia partono dalla loro abitazione intorno alle 6.30 per arrivare puntuali al corso. Desiderano stare insieme e lo capisco perché l’università è anche questo. Certo, stare in aula con le mascherine non è il massimo, si perde un po’ il piacere dello stare insieme, ma mi sembra che preferiscano così allo stare a casa. Temo, peraltro, che, se continuerà l’andamento in crescita dei contagi, la percentuale tra allievi presenti in aula e studenti che seguono da casa si ribalterà a favore di questi ultimi”.
“Anche un fine dicitore avrebbe difficoltà a tenere una lezione attraente da remoto”
In primavera, peraltro, Varvaro ed i suoi studenti hanno fatto anche l’esperienza, come tutti nell’Ateneo, della didattica esclusivamente a distanza. “Per me – ricorda – è stata un’avventura pionieristica perché non sapevo neppure esistesse Teams. Ho tenuto il corso di Storia economica del welfare per gli allievi della Laurea Magistrale in Gestione delle politiche e dei servizi sociali e credo di avere avuto la maggiore frequenza di studenti che mi sia capitata alla Magistrale fino ad allora. Già il 9 marzo ho tenuto la prima lezione e non lo dico per rivendicare un qualche primato rispetto a chi dice che la prima lezione telematica dell’Ateneo si sia svolta il 12. Sarebbe sciocco e tra l’altro – confesso – non ho letto neanche manuali o istruzioni di sorta. Magari ci sarà stato qualche collega che è partito in contemporanea con me, non saprei. Mi interessa, piuttosto, che sia riconosciuta la passione allo studio degli studenti della Magistrale in Servizio sociale e politiche sociali, i quali non hanno voluto sospendere le lezioni neanche per una settimana. Mi interessa il punto di vista degli studenti. Queste lezioni da remoto si sono realizzate soprattutto perché c’è stata la partecipazione molto attiva degli studenti ed anche un contributo tecnico perché sono più bravi di noi nell’uso delle tecnologie e ci hanno dato una mano. I docenti di area umanistica, come di quella scientifica, hanno avuto il merito e la sensibilità di rendersi conto che gli allievi sarebbero stati abbandonati a se stessi se avessimo sospeso le lezioni in presenza senza dare nulla in cambio”. Una brutta esperienza che il prof. Varvaro ha vissuto da studente. “Io mi sono immatricolato all’università nel 1980 – racconta – e tre giorni dopo ci fu il terremoto. Conosco bene queste situazioni. Furono interrotte le lezioni per mesi. Mi pare che riprendemmo certamente dopo gennaio. Questa mia esperienza privata mi ha suggerito di ricominciare subito anche per dare una occupazione agli studenti ed evitare che si lasciassero andare”. Certamente, sottolinea il prof. Varvaro, per un docente è molto diverso tenere una lezione dallo schermo di un computer o da una cattedra in un’aula affollata di ragazze e ragazzi: “Un problema è quello di avere il polso delle reazioni degli studenti quando si tiene un corso su piattaforma informatica. In primavera, per fortuna, avevo studenti della Magistrale e per questo li conoscevo bene ed erano a loro volta ormai esperti. Se fosse capitato con i ragazzi della Triennale credo che sarebbe stato più difficile. Mi racconta qualche collega che il corso da remoto può diventare una lezione ex cathedra nella quale sostanzialmente parli al tuo computer. Per un professore è una delle cose più tristi che si possa immaginare. Secondo me, anche un fine dicitore avrebbe difficoltà a tenere una lezione attraente da remoto. Questa è la mia visione, poi non so quale sia il punto di vista degli studenti”.
Fabrizio Geremicca

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