“Medea, Medee, delitti in famiglia”: è il titolo del ciclo di incontri sul mito greco organizzati a partire dal mese di gennaio presso il Museo Archeologico Nazionale (MANN). Cinque tappe (la prima il 17 gennaio, poi il 21 febbraio, 13 marzo, 17 aprile, 15 maggio) per esplorare attraverso uno dei personaggi più emblematici del mondo antico l’attualità di una storia che, pur collocandosi nella cultura classica, continua a destare interrogativi sul nostro tempo. “Abbiamo voluto per questo adottare la dicitura ‘mitopassatopresente’, scritto come un’unica parola, per trasferire l’idea del flusso ininterrotto di riscritture letterarie del mito nei secoli e di rivisitazioni che afferiscono ad altri campi del sapere, linguaggi e arti. Medea è, difatti, un nome che si declina al plurale”, esordisce il prof. Riccardo Palmisciano, docente di Storia della Lingua Greca, che ha curato l’iniziativa insieme alla prof.ssa di Letteratura Tedesca Elisabeth Galvan. Si tratta, in particolare, di un progetto pluriennale di Terza Missione. “L’intento è quello di rivolgerci a una platea molto ampia, perché siamo convinti che la ricerca e lo studio universitario debbano andare oltre le mura accademiche, nel segno di una cultura che si rivolge al territorio e alla cittadinanza, non solo a specialisti della materia”, prosegue la germanista. Ed è per questa ragione che si è scelto di ospitare gli incontri nella splendida cornice del MANN, che “ci dà inoltre la possibilità di legare i nostri discorsi alle collezioni lì custodite, come ad esempio le pitture pompeiane raffiguranti Medea”, interviene di nuovo il docente. Cinquanta gli studenti che aderiranno a un progetto che ha raccolto dal mese di novembre circa il triplo delle adesioni. Gli appuntamenti vedranno tra gli ospiti classicisti, filologi, storici del teatro ma anche psicanalisti e giuristi che si sono occupati di delitti familiari e psicopatologia perinatale. L’obiettivo comune del progetto: “è nei nostri desideri – dicono i coordinatori – creare un appuntamento annuale fisso estendendo il format ad altri cicli sul mito”. Come è venuta fuori l’idea di un progetto condiviso sul mito? Galvan: “L’idea attinge a piene mani dall’esperienza didattica, nell’ambito del mio corso di Letteratura Tedesca per la Magistrale, in cui ho proposto un approccio comparatistico ad alcune rielaborazioni del mito, anche cinematografi che, tenendo presente tre delle sue declinazioni costanti: Medea straniera, maga e madre. In quest’occasione, ho riscontrato un particolare interesse da parte degli studenti. Ci sembrava, dunque, ancor più affascinante approfondire le costellazioni di questa figura mitologica risalendo, però, prima di tutto alle fonti originarie. Da qui è nato il confronto con il collega, docente di Civiltà Letterarie Classiche”. A partire dall’Ottocento, Medea ricorre a più riprese nella letteratura di lingua tedesca e nelle opere di autori come Franz Grillparzer, Heiner Müller e Christa Wolf. Perché questo ritorno costante nell’immaginario occidentale? Galvan: “Perché il mito condensa nella sua vicenda problematiche psicologiche, modelli familiari, aspetti culturali e implicazioni di natura sociologica a cui corrispondono altrettante interpretazioni. È archetipo di diverse condizioni: moglie e madre, una donna che per amore ha lasciato la propria casa, abbandonato e tradito la famiglia, arrivando addirittura ad uccidere suo fratello. Ci parla di identità e alterità, perché Medea è una straniera condannata a errare senza sosta, lontana dalla sua patria con un biglietto di sola andata”. È vero, dunque, che a volte i miti diventano un simbolo per riferirsi alla situazione storica coeva? Palmisciano: “Assolutamente. Farò un esempio: recentemente, i media hanno tirato in ballo il nome di Antigone per riferirsi alla capitana della Sea Watch, Carola Rackete, e di nuovo in riferimento alla volontà di giustizia di Ilaria Cucchi. Molti classicisti avranno naturalmente storto il naso. In verità, questo processo attiene al bisogno umano di ricorrere alle sintesi applicate in epoca antica per inquadrare gli eventi moderni e nell’era della globalizzazione attraversare il presente senza paura, confortati dalla dimensione della memoria nel confronto con culture diverse”. Oltre allo straniero e alla questione dell’ospitalità, tema così attuale, al telegiornale per i casi di figlicidio si parla spesso di “madri Medea”. È uno degli esempi che rendono sempre più evidente lo stretto legame che intercorre tra letteratura e psicanalisi. A cosa si deve questo connubio? Galvan: “I poeti tragici dell’Atene del V secolo hanno dato vita a personaggi, come Edipo, Elettra o Oreste, la cui complessità corrisponderà in seguito alle domande esistenziali che si pone lo studio della psiche umana a partire da Freud. Nei casi di depressione post parto gli psicologi parlano ormai di sindrome Medea, un comportamento secondo il quale la madre prova ostilità nei confronti della creatura che ha partorito. In questo caso, la letteratura racconta ciò che l’analisi indaga”. Per concludere, quali particolari caratteristiche del mito lo trasformano in un vero e proprio classico? Palmisciano: “Alcune tragedie sono sopravvissute ad altre perché i Greci selezionarono già all’interno del patrimonio mitico le opere da tramandare. Il mito non è mai una storia come le altre. Certo, cosa fosse Medea nel 431 a.C. non lo sapremo mai, ma ciò che sappiamo è invece che la tragedia in sé narra di situazioni impossibili e conflitti insolubili tra personaggi che compiono scelte irreversibili. È questa sua componente irriducibile a spiegare in parte il perché della sua fortuna. È vero anche che questo è uno di quei casi in cui la persistenza della domanda è più interessante della risposta. E forse il mito continua ancora ad affascinarci perché non si è ancora riusciti a trovarla”.
Sabrina Sabatino