“Ho girato il mondo. Agli inizi della mia carriera sono stato post-doc alla Carnegie-Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania. Poi Francia, Russia, Germania, Finlandia, Inghilterra, Giappone, Sud Africa. In questi paesi ho sostenuto attività di ricerca di molti dottorandi e studenti di Master e ho fatto parte di commissioni di dottorato”. È un giramondo il prof. Emanuele Vardaci, nuovo docente di Fisica applicata e principi di Informatica al Corso di Laurea in Biotecnologie per la salute: “la Fisica è un mondo aperto dove non esistono barriere, ma ponti. Ho collaborazioni con l’India e il Sud Africa e sono il supervisore di un dottorando venuto dal Bangladesh”. Il suo ultimo viaggio è breve nelle distanze, ma significativo. Parte da via Cinthia, sede del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dove è stato docente dal 2002, e approda a via De Amicis. Ci arriva da professore associato, ruolo che riveste “per la prima volta in assoluto a Biotecnologie”. Trova: “colleghi molto in gamba e attivi, motivati nel
tenere corsi di alto livello e nel soddisfare le esigenze degli studenti”. Porta in dote: “esperienza di insegnamento
a ragazzi di tutte le età, dai giovanissimi del primo anno a quelli più maturi. Al Corso di Laurea in Fisica ho acquisito la capacità di cercare con gli studenti una relazione che fosse utile a rendere la lezione interessante e accattivante, trovando rapidamente un linguaggio comune. È importante entrare in sintonia con i ragazzi”. Imprescindibile, quindi, è: “frequentare il corso e apprendere i concetti di base a lezione. Studiare da soli a casa non sempre basta. Il docente fa vivere le parole scritte. Molti aspetti affrontati a lezione non sono esplicitamente deducibili dal testo”. A conoscerlo, qualche settimana fa, sono stati gli aspiranti biotecnologi del primo anno, alle prese con una disciplina con la quale hanno già familiarità: “accompagnare i ragazzi nel passaggio dal Liceo all’Università non è un compito facilissimo”. Sbaglia chi crede di potersi affidare esclusivamente a quanto imparato
al Liceo: “a scuola spesso la Fisica è vista come un insieme di formulette da imparare a memoria. L’elemento fondamentale, invece, è comprendere le leggi alla base dei fenomeni naturali, attraverso il metodo sperimentale. Bisogna rendere oggettivo ciò che è soggettivo”. Folto il gruppo di allievi: “la classe, molto variegata, è composta da circa 250 studenti. A breve terrò una lezione pratica, con esercizi che mi aiuteranno a mettere a fuoco i differenti livelli di preparazione”. Il programma dei lavori prevede anche verifiche in itinere che permetteranno di testare il grado di preparazione dei frequentanti: “io e la collega – la prof.ssa Maria Cristina Montesi – prevediamo
due prove intercorso. Una si terrà a inizio novembre, l’altra, invece, verso la metà di dicembre. Costituiscono uno stimolo in più per seguire il corso. Inoltre, sono un modo per dare una prima valutazione allo studente”. Almeno per
ora lo studio della materia procede esclusivamente per via teorica. Non è previsto, infatti, l’uso di laboratori: “è una limitazione perché la Fisica è una scienza basata sull’osservazione sperimentale. Il laboratorio è una palestra importante”. Un consiglio per non farsi bocciare all’esame: “è importante curare il linguaggio. Quando si sostiene un esame di Fisica, serve saper utilizzare i termini appropriati”. Magari imparandoli in inglese, per vivere la scienza in un mondo aperto.
tenere corsi di alto livello e nel soddisfare le esigenze degli studenti”. Porta in dote: “esperienza di insegnamento
a ragazzi di tutte le età, dai giovanissimi del primo anno a quelli più maturi. Al Corso di Laurea in Fisica ho acquisito la capacità di cercare con gli studenti una relazione che fosse utile a rendere la lezione interessante e accattivante, trovando rapidamente un linguaggio comune. È importante entrare in sintonia con i ragazzi”. Imprescindibile, quindi, è: “frequentare il corso e apprendere i concetti di base a lezione. Studiare da soli a casa non sempre basta. Il docente fa vivere le parole scritte. Molti aspetti affrontati a lezione non sono esplicitamente deducibili dal testo”. A conoscerlo, qualche settimana fa, sono stati gli aspiranti biotecnologi del primo anno, alle prese con una disciplina con la quale hanno già familiarità: “accompagnare i ragazzi nel passaggio dal Liceo all’Università non è un compito facilissimo”. Sbaglia chi crede di potersi affidare esclusivamente a quanto imparato
al Liceo: “a scuola spesso la Fisica è vista come un insieme di formulette da imparare a memoria. L’elemento fondamentale, invece, è comprendere le leggi alla base dei fenomeni naturali, attraverso il metodo sperimentale. Bisogna rendere oggettivo ciò che è soggettivo”. Folto il gruppo di allievi: “la classe, molto variegata, è composta da circa 250 studenti. A breve terrò una lezione pratica, con esercizi che mi aiuteranno a mettere a fuoco i differenti livelli di preparazione”. Il programma dei lavori prevede anche verifiche in itinere che permetteranno di testare il grado di preparazione dei frequentanti: “io e la collega – la prof.ssa Maria Cristina Montesi – prevediamo
due prove intercorso. Una si terrà a inizio novembre, l’altra, invece, verso la metà di dicembre. Costituiscono uno stimolo in più per seguire il corso. Inoltre, sono un modo per dare una prima valutazione allo studente”. Almeno per
ora lo studio della materia procede esclusivamente per via teorica. Non è previsto, infatti, l’uso di laboratori: “è una limitazione perché la Fisica è una scienza basata sull’osservazione sperimentale. Il laboratorio è una palestra importante”. Un consiglio per non farsi bocciare all’esame: “è importante curare il linguaggio. Quando si sostiene un esame di Fisica, serve saper utilizzare i termini appropriati”. Magari imparandoli in inglese, per vivere la scienza in un mondo aperto.