Una laurea, tante storie da raccontare

Quante strade si aprono davanti al laureato in Giurisprudenza? Avvocato, magistrato o notaio? Meglio fare il giurista di impresa? O entrare nella Pubblica Amministrazione? Insegnare nelle scuole? Teoricamente questi sbocchi sono tutti possibili, ma nei fatti il post lauream non è affatto roseo. Alcune professioni restano precluse dalle scelte che sono state fatte durante gli anni di studio, dalla scarsa qualità dell’apprendimento, dal voto di laurea (per partecipare ai concorsi in Banca d’Italia e in Consob, ad esempio, è necessario avere almeno 105), dalle condizioni economico-familiari. Ai giuristi è richiesto di studiare tanto prima della laurea e ancora di più dopo, e per continuare a studiare ci vogliono risorse. Tante strade, dunque, ma spesso davvero difficili da percorrere. E sempre molto lunghe, anche per i laureati migliori. Leggere per credere. 
Aspirante magistrato
e non solo
Riccardo Buonomo ha 24 anni ed è laureato già da un anno. Immatricolatosi con l’ordinamento 3+2, ha optato in corsa per la Magistrale a ciclo unico. Media altissima agli esami (alla laurea partiva da 104), tesi in Diritto Amministrativo con il prof.Liguori (un argomento tosto, la pregiudiziale amministrativa), giunge all’obiettivo in 5 anni e 2 sessioni. Ci riesce “attraverso la costanza nello studio, la capacità di preparare anche più di un esame contemporaneamente, l’apprendimento non mnemonico ma basato sulla comprensione degli istituti”. La sua ricetta è semplice. “La memoria conta”, dice, “ma non basta. Si deve studiare con curiosità e passione, mentre lo si fa deve sorgere il desiderio dell’approfondimento”. Un’ottima premessa per un giovane che, come lui, sogna di diventare magistrato. Ed eccoci al post lauream. “Ho concluso il primo anno della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, che mi serve anche a completare il periodo di tirocinio per abilitarmi all’esercizio della professione di avvocato. Vorrei prendere comunque il titolo di avvocato, anche se sto studiando per partecipare al concorso in Magistratura. Mentre per diventare avvocato devo svolgere due anni di pratica forense, di cui uno sostituito dalla Scuola, e infine sostenere l’esame di abilitazione, per il concorso in Magistratura occorre avere conseguito la Specializzazione. Questo vuol dire che, se fosse bandito prima di giugno prossimo, io non potrei partecipare”. Riccardo, però, non si cruccia più di tanto perché, sebbene stia studiando già da un anno, non si sente ancora in grado di affrontare una prova così impegnativa. “Sto frequentando anche un corso ad hoc privato, ma la mia preparazione non è attualmente all’altezza del concorso. Le principali difficoltà si incontrano nello scrivere di diritto: l’Università non ce lo insegna, è un aspetto completamente trascurato. Si può essere anche bravissimi all’esame orale e non saper mettere penna su carta. Inoltre, la preparazione per questo concorso verte su uno scibile immenso, per cui almeno un anno di studio intenso, fatto tutti i giorni, ci vuole. E’ un investimento che non necessariamente frutterà e di conseguenza molto rischioso, ma io ci voglio provare”. Nel frattempo, non disdegna altri concorsi nella Pubblica Amministrazione, che però hanno tempi biblici. “Ho partecipato alla preselezione del concorso per Commissario di polizia. 200 quiz, precisamente 40 domande per ciascuna materia: Diritto penale, Procedura penale, Diritto costituzionale, Diritto civile, Diritto amministrativo. Erano estratte da un archivio ufficiale di 5000 quiz che ho dovuto imparare a memoria. Ci siamo presentati in centinaia per 80 posti. Ho fatto domanda per un concorso al Ministero dello Sviluppo Economico, mi interessava molto. Però sono solo 30 posti, di cui 15 riservati, e finora per la prima prova ci sono stati continui rinvii. I tempi sono lunghi e occorre essere preparatissimi per avere qualche chance”. Dopo la laurea Riccardo ha inviato anche qualche curriculum in giro ed è stato chiamato per una selezione alla BNL, a Roma, ma alla fine non se ne è fatto nulla. Fermo restando l’obiettivo della Magistratura, per quanto riguarda la prospettiva di un’autonomia personale, afferma senza esitazione: “Sono in alto mare”. E aggiunge: “Se non ci fossero i miei genitori, sarei anche sotto di qualche migliaia di euro. Tra la Scuola di Specializzazione, il corso privato e i libri, ho perso il conto di quanto hanno speso per me”. Riccardo Buonomo consiglierebbe ai neodiplomati di iscriversi a Giurisprudenza? “No, se lo fanno per ripiego. E’ una Facoltà che richiede tanto impegno. Va scelta solo se piace davvero”. 
Moglie, mamma
e avvocato
Secondo Melania De Martino, 33 anni, laureata nel 2005 con 110 e lode, si può, ma a prezzo di grandi sacrifici. Lei, che ha un marito e un figlio di 6 anni, ne sa qualcosa. Dopo un percorso universitario brillante, si ritrova a fare i salti mortali per conciliare le esigenze della famiglia con quelle della professione. Durante gli anni di Università ha studiato molto seriamente, ma con lentezza. Una scelta di cui si è pentita, insieme a quella di mantenersi facendo lavoretti saltuari che hanno sottratto tempo alla preparazione degli esami. “Ho sempre fatto attenzione ai voti, non sono mai riuscita a studiare per più esami contemporaneamente. Era il vecchio ordinamento, i programmi erano diversi da quelli di oggi, ma il principio di fare presto vale sempre. Se potessi tornare indietro, cercherei di essere più veloce, meglio un 30 in meno ma un esame in più. Alla fine la laurea con il massimo dei voti non mi è servita per l’inserimento nel mondo del lavoro. Ho inviato curricula a grandi aziende, tipo Telecom ed Enel, ma non mi ha risposto mai nessuno. Non so se perché sono donna e mamma. Di sicuro, conta l’età. Essendomi laureata tardi, non ho potuto usufruire di forme contrattuali agevolate e stage riservati ai giovani”. De Martino si iscrisse a Giurisprudenza perché sembrava offrire una grande pluralità di sbocchi, oggi si è totalmente ricreduta. “Il mio desiderio era insegnare. Non sapevo che per farlo avrei dovuto inserire nel piano di studi degli esami particolari che non ho sostenuto. Anche la Pubblica Amministrazione mi sarebbe piaciuta, ma è tutto bloccato, i concorsi sono pochi e per pochissimi posti. In più dovrei ricominciare a studiare materie nuove daccapo, e a 33 anni è davvero dura”. La professione forense è stata un po’ l’ultima spiaggia. Due anni di praticantato e poi l’esame, che ha superato al primo tentativo (negli ultimi anni le percentuali di superamento degli scritti sono diventate molto basse). “Chi vuole intraprendere la strada dell’avvocatura deve sapere che economicamente non paga prima di diversi anni. Il praticantato arricchisce molto umanamente e professionalmente, ma gratificazioni economiche non ce ne sono. Dopo che si è conquistato il titolo di avvocato, le possibilità sono due: o ci si crea un proprio giro di clienti, o si va a lavorare presso uno studio già avviato. In quest’ultima ipotesi, almeno a Napoli, è richiesto un impegno a tempo pieno per stipendi inferiori a quelli che percepisce una commessa di negozio. Una mia amica prendeva 500 euro al mese come praticante abilitata (dopo un anno di pratica si può sostenere un colloquio all’Ordine degli Avvocati per l’abilitazione al patrocinio delle cause entro un certo valore, ndr), e dopo che è diventata avvocato il titolare dello studio le ha aumentato lo stipendio di 50 euro”. Lo svantaggio di optare per la seconda soluzione consiste anche nell’impossibilità di crescere professionalmente. “Se lavori tutto il giorno per un altro avvocato, non hai il tempo di curare eventuali clienti tuoi”. L’avv. De Martino non consiglierebbe di iscriversi a Giurisprudenza. “Meglio un Corso di studi che formi una figura definita. La genericità di Giurisprudenza solo apparentemente offre più possibilità, in realtà non è così”. 
Avvocato al top
Raimondo Nocerino, 32 anni, è passato dall’altro lato della barricata. Da praticante a dominus. Laureato a 24 anni con 110 e lode, si è tuffato immediatamente nel mondo dell’avvocatura, dedicandosi al ramo del Diritto amministrativo, e oggi, assieme a dei giovani colleghi, è titolare dell’associazione professionale Juris Consulting, che conta 3 avvocati e 4 praticanti. Diritto internazionale e Diritto societario sono le branche principalmente trattate dall’associazione. Per arrivare a questo traguardo l’avv. Nocerino ha fatto una dura gavetta. “Il mio approccio è stato semplice nella misura in cui mi interessava fare l’avvocato”, racconta, “avevo interesse, curiosità. E’ una professione che oggi più che mai va scelta per passione”. Come tutti i praticanti, per due anni ha lavorato sodo senza percepire un euro. “Ritmi durissimi, dalle 8 del mattino alle 10 di sera. Senza disdegnare di lavorare il sabato e la domenica, all’occorrenza. Dopo i due anni di praticantato, però, ho incominciato a guadagnare qualcosina, quanto bastava a mantenermi in modo dignitoso. Ci vuole caparbietà, consapevolezza dei propri mezzi, aggiornamento continuo in funzione delle esigenze del mercato”. Secondo Nocerino, per avere successo si devono ottimizzare tutte le proprie esperienze di vita. Lui durante l’Università è stato in Spagna con l’Erasmus, dove ha acquisito nuove competenze linguistiche e preso contatti che gli sono poi serviti durante il percorso professionale, mentre dopo la laurea ha conseguito un Dottorato in Filosofia del diritto. Ha fatto parte dell’associazione studentesca internazionale Elsa, dove ha conosciuto i suoi soci Andrea Torino, Jacopo Martire e Amedeo Arena, con i quali ha realizzato la prima traduzione integrale italiana del Codice dell’organizzazione mondiale del commercio. Tante attività in contemporanea. Riuscirci, come ha fatto lui, si può? “Si deve. Per catturare la clientela bisogna essere superdisponibili e superpreparati, in modo che per il rapporto qualità-prezzo convenga puntare sul giovane. E’ importante conoscere le lingue”. I risultati positivi cancellano il ricordo dei tanti sacrifici sopportati. “Quando vinci una causa la soddisfazione è tale da farti dimenticare la fatica”. L’avv. Nocerino consiglia Giurisprudenza a coloro che hanno voglia di studiare e sono creativi. “A dispetto di quello che si potrebbe credere, il diritto è molto creativo. Mi raccomando, per riuscire nel post lauream ci vogliono velocità e voti alti”. 
Una strada alternativa
da inventare
…sempre tenendo conto delle proprie attitudini e competenze. Tiziana Persico, 33 anni, laureata a 26 con la votazione di 98, non è mai stata interessata alle classiche professioni forensi. Da sempre impegnata nel volontariato, si è inserita nel settore della promozione e della tutela dei diritti umani. “Dopo la laurea ho frequentato un corso di formazione per Esperto di promozione tecnologica per la piccola  e media impresa. Attraverso lo stage sono entrata in contatto con l’associazione Senza Confine e da lì sono poi approdata all’Archivio Pace, un Ufficio istituito nell’ambito dell’Assessorato all’Istruzione della Regione Campania, che si occupa di cultura della pace e promozione dei diritti umani. Ci ho lavorato per 3 anni, elaborando ricerche e materiali didattici. Dopodiché il contratto non mi è più stato rinnovato e attualmente sto seguendo un altro corso, stavolta per la creazione di una piattaforma per l’integrazione di eventi culturali. Diciamo che ho preso alla lettera il concetto di flessibilità”. Sulla precarietà che caratterizza queste occupazioni la risposta: “Mi sembra precario anche tutto il resto. Farsi sfruttare per anni da uno studio legale non è precariato? Io ho preferito incominciare a guadagnare qualcosa da subito, piuttosto che aspettare per poi rimanere precaria comunque”. La laurea in Giurisprudenza può essere ancora valida, se si costruisce bene il proprio percorso formativo. “E’ trasversale e dà una forma mentis aperta. Anche se, per quanto riguarda gli sbocchi, rientra tra le lauree deboli, la sceglierei ancora. Offre una sorta di cornice da riempire in base alle proprie inclinazioni. Io ho seguito il piano di studi statutario; se tornassi indietro, invece, lo tarerei in base ai miei interessi. Il percorso va indirizzato”. 
Una strana storia
… purtroppo, ordinaria per chi vuole diventare notaio. Clementina Piscopo ha 30 anni, si è laureata 6 anni fa con 110 e lode e da subito si è attivata per partecipare al concorso notarile. Allora servivano due anni di praticantato presso uno studio notarile per poter accedere al concorso (oggi sono 18 mesi). “Mi ero laureata nel 2003, ma avrei dovuto aspettare fino al 2005 per presentare domanda. Il bando, invece, fu pubblicato a luglio 2006. Tra la pubblicazione del bando e la prima prova, i famosi quiz da superare con 0 errori, è trascorso un altro anno. Andai a fare i quiz nella primavera del 2007, ero molto emozionata. Aspettavo quel momento da 4 anni, avevo frequentato ben 5 corsi di preparazione al concorso, tra cui quello del Consiglio Notarile, e avevo speso una barca di soldi. Sapevo che potevo giocarmi tutto con un errore e così è stato. Feci un errore di distrazione e mi è crollato il mondo addosso”. Nel frattempo, Clementina aveva svolto anche la pratica forense ed era diventata avvocato. Aveva presentato domanda per altri concorsi (pochi) banditi nel Pubblico Impiego, senza però mai partecipare. “Non avevo il coraggio di mettermi a studiare per altri obiettivi, dovevo concentrare tutte le energie sul concorso notarile. Ma, dopo quell’insuccesso, andai a sostenere la preselezione del concorso per Segretario Comunale, una figura che svolge anche una funzione notarile per cui poteva interessarmi. In realtà, lo feci soltanto perché sentivo il bisogno di un riscatto, volevo mettermi alla prova su qualcosa di diverso per dimostrare che potevo farcela”. I quiz di Segretario Comunale si sono svolti a luglio 2007, a fine settembre sono usciti i risultati e Clementina ce l’ha fatta. A gennaio 2008 ci sono state le prove scritte, 3 temi. A luglio 2008 i risultati: Clementina ha superato anche gli scritti. Convocata agli orali per i primi di novembre. E qui c’è il colpo di scena. “Dopo tutta questa odissea, agli orali non ci sono andata. Ho rinunciato perché a distanza di circa un mese si sarebbero tenuti di nuovo i quiz notarili, quelli del nuovo concorso bandito agli inizi del 2008. Stavolta li ho superati e sono andata a fare gli scritti. Per i risultati bisognerà attendere. Pensare che a luglio 2009 sono usciti quelli degli scritti del concorso bandito nel 2006 fa venire i brividi”. Oggi Clementina recupera qualche spesa grazie al lavoro di avvocato. “Così almeno posso pagarmi un altro corso per l’anno prossimo. Il concorso notarile, per me, non è una strada professionale, è un sogno. E c’è una sola cosa che ti fa continuare a sognare: la passione. Resto sempre perplessa quando sento qualcuno dire che si sceglie la carriera notarile per i guadagni. E’ impossibile. Quella del guadagno non è una motivazione sufficiente a farti sopportare tutto questo, ci vuole la passione per il diritto civile. Solo il concorso per notaio permette di studiare il diritto civile in maniera così approfondita”. Nessun pentimento, dunque. Clementina persevera, lamentandosi solo di una cosa: “La mia vita è appesa alle continue riforme che riguardano il concorso. Ho fatto tanto per superare i quiz e pare che prossimamente non serviranno più. Mi sono preparata per anni sulla Volontaria giurisdizione, materia della terza prova scritta, ed è stata sostituita con Diritto commerciale. E’ tutto questo a logorare, non lo studio”. 
Sara Pepe
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