Una ricercatrice italiana, da settembre, alla direzione del Sincrotrone Cells-Alba di Barcellona, il più importante del Paese iberico. Caterina Biscari, anche se laureata in Fisica all’Università Complutense di Madrid, è nel nostro Paese che ha completato i suoi studi e iniziato la sua attività di ricerca. Proprio a Genova ha incontrato il prof. Vittorio Vaccaro, docente di Campi Elettromagnetici alla Facoltà di Ingegneria Federico II, il quale l’ha seguita durante il suo lavoro di tesi in Italia. Classe 1957, oggi la dott.ssa Biscari è considerata uno dei maggiori esperti a livello internazionale di acceleratori di particelle. Ha svolto la sua attività scientifica in diversi laboratori, soprattutto in quelli del nostro Paese, e al CERN di Ginevra. Ha lavorato anche in progetti di consulenza in diversi Paesi, tra cui va ricordato il ruolo di grande responsabilità ricoperto all’interno del comitato consultivo degli acceleratori del CERN e la creazione del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO), il primo centro ospedaliero in Italia e il quarto del mondo, dopo gli Stati Uniti, la Germania e il Giappone, espressamente dedicato al trattamento dei tumori mediante l’adroterapia. Fino al mese scorso è stata direttrice della tecnologia e vice direttrice scientifica della divisione di acceleratori del Laboratorio Nazionale di Frascati, primo acceleratore italiano progettato e costruito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare italiano (INFN).
“E’ vero che ho lavorato in tanti laboratori – commenta la dott.ssa Biscari – tra cui la mia ultima importante esperienza presso quello di Frascati, un centro con una grandissima storia, però devo dire che non ho mai diretto, prima d’oggi, un gruppo di ricerca e un laboratorio così grande come questo di Barcellona. Si tratta di un’attività completamente nuova e diversa per me. Parliamo dell’infrastruttura scientifica più grande in Spagna, con sette linee sperimentali messe in funzione solo lo scorso anno, quindi appena all’inizio del lavoro. Arrivo, dunque, in un momento molto importante per questo Centro. Si tratta di una vera e propria sfida”.
Il Sincrotrone Alba, finanziato dal Governo spagnolo, rientra tra gli acceleratori di ultima generazione. Nella struttura sono presenti diversi laboratori di ricerca sperimentale, chiamati beamlines (linee di luce), che possono utilizzare in maniera indipendente la luce generata dalla macchina per una serie di esperimenti di diversa natura. Il team di ALBA è attualmente composto da 160 persone tra ingegneri, ricercatori, staff tecnico e di supporto, ed è pronto ad ingrandirsi con esperti provenienti da tutto il mondo. Biscari è arrivata alla guida di questo importante Centro dopo aver vinto un concorso internazionale, ma quanto è difficile per un giovane ricercatore trovare spazio nei centri di ricerca oggi, in Spagna come in Italia? “Sono andata via da Madrid – spiega – perché negli anni ’80 in questo Paese era difficile fare ricerca, così sono tornata in Italia con l’idea di recuperare la mia identità – sono nata in Sicilia da madre iberica – e vi ho lavorato tanto tempo. Adesso le differenze tra questi due Paesi si sono appiattite, perché negli ultimi venti anni la Spagna ha aumentato molto gli investimenti per la ricerca portandosi in pari con le altre nazioni, nel frattempo la crisi economica ha fatto sì che i fondi scarseggiassero per tutti. Oggi un ricercatore italiano trova molto più facilmente un inserimento in Germania o in Inghilterra”. E in riferimento alla necessità espressa dal Governo italiano di contaminare i giovani delle università meridionali con ricercatori provenienti dall’estero, Biscari commenta: “non credo vada presa come un insulto verso chi ogni giorno lavora nelle università del Sud Italia, lottando contro tagli e burocrazia. Credo che, se si riesce a richiamare qualcuno, anche se solo per un breve periodo, e se questo può portare un contatto con il mondo esterno per i nostri giovani, non va che considerato in modo positivo. Che poi sia focalizzato sulle università del Mezzogiorno, che producono tante eccellenze, non credo vada inteso in senso discriminatorio, perché resta comunque un dato di fatto che proprio qui è più alta la difficoltà di inserimento dei giovani, e lo dico da donna meridionale”. “Non riusciamo a mantenere i giovani al Sud – conferma il prof. Vaccaro – per mancanza di finanziamenti e per troppa burocrazia. I bandi di dottorato di ricerca, ad esempio, che dovrebbero uscire ad inizio anno accademico, vengono pubblicati, invece, mesi dopo e questo appesantisce tutto il sistema. In altri Paesi un giovane può sostenere un colloquio e dopo due settimane ottenere la borsa”. Ma il problema sta anche nella mentalità: “Non c’è un codice di comportamento morale, che in altri Stati, anche se non scritto, viene invece rispettato. Questo significa che se io sono un docente in una data università, mio figlio andrà a frequentare il dottorato almeno a 1000 chilometri di distanza. In Italia non è così. Questi sono alcuni dei motivi che rendono le Università e i Centri di ricerca preclusi ai nostri giovani”.
Valentina Orellana
“E’ vero che ho lavorato in tanti laboratori – commenta la dott.ssa Biscari – tra cui la mia ultima importante esperienza presso quello di Frascati, un centro con una grandissima storia, però devo dire che non ho mai diretto, prima d’oggi, un gruppo di ricerca e un laboratorio così grande come questo di Barcellona. Si tratta di un’attività completamente nuova e diversa per me. Parliamo dell’infrastruttura scientifica più grande in Spagna, con sette linee sperimentali messe in funzione solo lo scorso anno, quindi appena all’inizio del lavoro. Arrivo, dunque, in un momento molto importante per questo Centro. Si tratta di una vera e propria sfida”.
Il Sincrotrone Alba, finanziato dal Governo spagnolo, rientra tra gli acceleratori di ultima generazione. Nella struttura sono presenti diversi laboratori di ricerca sperimentale, chiamati beamlines (linee di luce), che possono utilizzare in maniera indipendente la luce generata dalla macchina per una serie di esperimenti di diversa natura. Il team di ALBA è attualmente composto da 160 persone tra ingegneri, ricercatori, staff tecnico e di supporto, ed è pronto ad ingrandirsi con esperti provenienti da tutto il mondo. Biscari è arrivata alla guida di questo importante Centro dopo aver vinto un concorso internazionale, ma quanto è difficile per un giovane ricercatore trovare spazio nei centri di ricerca oggi, in Spagna come in Italia? “Sono andata via da Madrid – spiega – perché negli anni ’80 in questo Paese era difficile fare ricerca, così sono tornata in Italia con l’idea di recuperare la mia identità – sono nata in Sicilia da madre iberica – e vi ho lavorato tanto tempo. Adesso le differenze tra questi due Paesi si sono appiattite, perché negli ultimi venti anni la Spagna ha aumentato molto gli investimenti per la ricerca portandosi in pari con le altre nazioni, nel frattempo la crisi economica ha fatto sì che i fondi scarseggiassero per tutti. Oggi un ricercatore italiano trova molto più facilmente un inserimento in Germania o in Inghilterra”. E in riferimento alla necessità espressa dal Governo italiano di contaminare i giovani delle università meridionali con ricercatori provenienti dall’estero, Biscari commenta: “non credo vada presa come un insulto verso chi ogni giorno lavora nelle università del Sud Italia, lottando contro tagli e burocrazia. Credo che, se si riesce a richiamare qualcuno, anche se solo per un breve periodo, e se questo può portare un contatto con il mondo esterno per i nostri giovani, non va che considerato in modo positivo. Che poi sia focalizzato sulle università del Mezzogiorno, che producono tante eccellenze, non credo vada inteso in senso discriminatorio, perché resta comunque un dato di fatto che proprio qui è più alta la difficoltà di inserimento dei giovani, e lo dico da donna meridionale”. “Non riusciamo a mantenere i giovani al Sud – conferma il prof. Vaccaro – per mancanza di finanziamenti e per troppa burocrazia. I bandi di dottorato di ricerca, ad esempio, che dovrebbero uscire ad inizio anno accademico, vengono pubblicati, invece, mesi dopo e questo appesantisce tutto il sistema. In altri Paesi un giovane può sostenere un colloquio e dopo due settimane ottenere la borsa”. Ma il problema sta anche nella mentalità: “Non c’è un codice di comportamento morale, che in altri Stati, anche se non scritto, viene invece rispettato. Questo significa che se io sono un docente in una data università, mio figlio andrà a frequentare il dottorato almeno a 1000 chilometri di distanza. In Italia non è così. Questi sono alcuni dei motivi che rendono le Università e i Centri di ricerca preclusi ai nostri giovani”.
Valentina Orellana