Vita da ricercatore

Medici e non solo. “Molti ragazzi che si sono laureati con me hanno seguito il mio esempio – racconta il prof. Lucio Nitsch, che ha dedicato la sua vita allo studio della Biologia e patologia cellulare – Medici o ricercatori, i nostri laureati sono tutti soddisfatti della propria professione. Il numero di quanti scelgono la ricerca decresce progressivamente. Quando mi sono laureato io, decidevano di diventarlo molti di coloro che si laureavano nelle materie di base”. Il professore ricorda il momento in cui ha abbandonato l’idea di esercitare la professione medica: “A spingermi è stata la curiosità. L’ho sperimentata quando ho cominciato ad avvicinarmi all’attività biomedica. Appena ho messo piede in laboratorio mi sono ‘convertito’. La sperimentazione è estremamente affascinante. Ideare gli esperimenti è la parte del mio lavoro che ancora oggi ritengo più stimolante”.
La ricerca è fatta di attività intellettuale, ma anche di routine, di pratiche collaudate da ripetere finché non si ottengono dei risultati: “Occorre una forte determinazione. Ciò che rinnova la voglia di andare avanti è sempre il piacere di ricercare. Chi imbocca questa strada ha la fortuna di avere quasi una ‘vocazione’ e la sfortuna di avviarsi verso una professione molto impegnativa e spesso poco remunerativa”.
Sbaglia lo studente, se immagina il ricercatore che lavora da solo chiuso nella sua stanza. Ma il professore sostiene che lo spirito di squadra necessario per operare nella ricerca non sia superiore a quello richiesto per svolgere altre professioni: “Lavorare assieme agli altri è ormai indispensabile in tutte le discipline”. Ciò di cui non si può fare a meno è lo spirito di sacrificio. Per questo motivo il professore consiglia ai neo-diplomati di “scegliere il Corso di Laurea per cui ci si sente davvero portati. Se si ha qualche dubbio, forse è meglio soprassedere”.
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