Un’ondata di giovani menti ha travolto, il 27 febbraio, la Sala d’Amato dell’Unione Industriali. Studenti, imprenditori e appassionati si sono accalcati per assistere alla prima delle dodici lezioni dedicate alla straordinaria visione di Adriano Olivetti, l’uomo che ha rivoluzionato l’impresa, trasformandola in un vero e proprio motore di progresso sociale ed economico. L’affluenza è stata tale che la sala non è riuscita a contenerli tutti: altre aule sono state allestite con videoriproduzioni per permettere a tutti di seguire il dibattito. Un segnale chiaro: il pensiero di Olivetti è più vivo che mai. Ad aprire l’evento è stato Guido Bourelly, presidente del Gruppo Piccola Industria dell’Unione Industriali di Napoli, che ha sottolineato il valore strategico della collaborazione tra il mondo accademico e quello imprenditoriale. L’iniziativa, nata dall’accordo tra l’Unione Industriali e il Dipartimento di Economia, Management e Istituzioni (Demi), si avvale anche della collaborazione della Fondazione Adriano Olivetti.
E questa è solo la prima tappa. Il percorso, che si snoderà in dodici appuntamenti, non sarà una semplice rievocazione storica, ma un’occasione per rielaborare e applicare la visione olivettiana alle sfide del presente. Perché l’azienda, secondo Adriano, non è solo un luogo di produzione, ma una comunità che può e deve contribuire al benessere collettivo. E il tutto parte da qui, da Napoli, con una risposta di pubblico che lascia pochi dubbi: c’è fame di innovazione, di idee e di futuro.
“Studiare, sacrificarsi, sognare, sorridere”
Se c’è una parola che ha risuonato con forza nella Sala d’Amato, è stata questa: responsabilità sociale. Un concetto chiave, ripetuto più volte da relatori e docenti, un filo conduttore che ha unito passato e presente, teoria e prassi, visione e realtà imprenditoriale. Anna del Sorbo, Delegata Responsabilità Sociale Unione Industriali Napoli, con un tocco di romanticismo, ha riportato la platea indietro nel tempo, ricordando il momento della firma della delega durante la pandemia, un atto che ha dato il via a questo percorso. “Olivetti non è solo un modello, è un modello virtuoso e visionario”, ha sottolineato, mettendo l’accento sulla necessità di un’innovazione autentica. Perché oggi non basta più parlare di progresso: se le fabbriche non sono abbastanza innovative, soprattutto in termini ambientali, chiudono e con loro spariscono posti di lavoro.
La chiave? Ispirarsi a Olivetti per creare aziende moderne, sostenibili, capaci di investire in ricerca e sviluppo. Ma il cuore del suo intervento ha battuto più forte su un altro concetto: associazione. “Associare significa creare emozione. E quando si genera emozione nel fornire servizi, si trasmettono anche valori”. Ha poi lasciato gli studenti con un monito, quasi un mantra da portare con sé, richiamando l’importanza di 4 S: Studiare, Sacrificarsi, Sognare, Sorridere. A raccogliere il testimone è stata la prof.ssa Adele Caldarelli, Direttore del Dipartimento di Economia, Management e Istituzioni (DEMI), che ha parlato di Adriano Olivetti come di un imprenditore illuminato, capace di coniugare innovazione, sperimentazione e benessere sociale. “Non a caso – ha detto – i dodici incontri previsti vedranno il coinvolgimento di altri Dipartimenti. Perché la conoscenza è ricchezza solo se condivisa, solo se diventa un luogo di collaborazione tra docenti e studenti”.
L’obiettivo? Creare laboratori, accendere idee, sperimentare. Anche il prof. Mauro Sciarelli, professore ordinario di Economia e Gestione delle imprese e Coordinatore del Corso di Laurea in Economia Aziendale, ha sottolineato l’importanza del luogo in cui si è tenuto l’incontro. “Questa sala ci accoglie per un motivo preciso. Il rapporto che celebriamo oggi nasce in un periodo difficile, il Covid-19, ma si è trasformato in un’occasione di efficacia e testimonianza di successo”, ha detto, rievocando il primo incontro con Bruno Esposito, ex dirigente Gruppo Olivetti, avvenuto oltre 16 anni fa. Ha poi ammonito gli studenti: “Le lezioni di Adriano contengono i germi della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Non lasciatevi sfuggire questa opportunità”. Aggiunge: “la fabbrica veniva vista come uno strumento di riscatto, non di sofferenza”.
I lavoratori non erano numeri, ma persone
Ed è proprio questa la rivoluzione olivettiana: prima che qualcuno chiedesse la risoluzione di una questione, Adriano Olivetti aveva già trovato la soluzione. Il suo sguardo andava oltre la semplice produttività: i lavoratori non erano numeri, ma persone. Emblematica la sua lungimiranza nel garantire tutela alla maternità in un’epoca in cui il concetto stesso di welfare aziendale era un miraggio. Beniamino De Liguori, segretario generale Fondazione Adriano Olivetti, ha poi accompagnato la platea in un viaggio nella storia del grande imprenditore, svelando un insegnamento lasciato dal padre stesso di Adriano, che risuona ancora oggi come un monito: “Farai qualunque cosa per introdurre nuovi metodi, ma non licenziare nessuno”.
Un’idea che ha permeato l’intero modello Olivetti: il valore della persona è inscindibile dal valore dell’azienda stessa. E non è solo questione di etica: è anche estetica. Attraverso slide e immagini, gli studenti hanno scoperto come gli edifici olivettiani siano ancora oggi straordinariamente moderni, frutto di un pensiero che ha intrecciato architettura, design e innovazione. Persino la comunicazione aziendale era rivoluzionaria: le pubblicità Olivetti non mostravano il prodotto, perché il vero protagonista era l’idea dietro di esso. Ma c’è di più. Olivetti ha portato il suo modello oltre i confini del Nord, aprendo uno stabilimento a Pozzuoli, una scelta tutt’altro che scontata per l’epoca. Non esclusione, ma inclusione.
Non divisione, ma unione. Certo, non mancarono le critiche. Troppo avanti, troppo ambizioso, troppo visionario. Qualcuno sosteneva che voleva sostituirsi allo Stato, ma la sua era un’idea di impresa moderna, dove architettura, strumenti e benessere umano si fondevano in un’unica realtà.
La ricercatrice in Economia e gestione delle imprese Anna Prisco ha chiuso il cerchio, richiamando il concetto di responsabilità economica e benessere collettivo. Olivetti non è solo una figura storica, è un pioniere. Un uomo che, con la sua visione, ha tracciato una strada che oggi più che mai vale la pena percorrere.
L’emozione di una storia che non deve andare perduta
L’ultimo intervento ha avuto un impatto potente sulla platea. Non più solo teoria, non più solo modelli imprenditoriali: gli studenti hanno avuto la possibilità di ascoltare la testimonianza diretta di chi ha vissuto l’esperienza olivettiana in prima persona. A chiudere l’incontro è stato Bruno Esposito, che ha esordito con una domanda provocatoria: “Ma io perché sono qui?”, la risposta è arrivata subito dopo, tra la voce rotta dall’emozione e gli occhi lucidi: “Io ho respirato quell’aria, so di cosa stiamo parlando”.
Esposito ha vissuto la fase di transizione dell’impresa olivettiana, ha visto con i propri occhi il cambiamento, il progressivo allontanarsi da quella visione di impresa come comunità. “Piano piano sono arrivate nuove persone, i vecchi dipendenti con la mentalità olivettiana sono andati via, e con loro si è persa una storia italiana tanto importante”. Un racconto toccante, un monito per il futuro. E ancora una volta, il concetto chiave della giornata torna protagonista: responsabilità sociale. Un messaggio forte, rivolto ai giovani: “Voi siete i protagonisti della società, il vostro bagaglio di valori e di studio è fondamentale”. Lo studio, dice, è la chiave per guardare sempre oltre: “Anche io continuo a studiare, perché solo così si cresce davvero”.
Ma, oltre alla conoscenza, c’è un altro elemento imprescindibile: la stima reciproca. A questo proposito, Esposito racconta un aneddoto che ha lasciato il pubblico senza parole: “All’aeroporto riconoscevo subito un gruppo di dipendenti Olivetti da uno della Fiat. Noi olivettiani eravamo legati, parlavamo tra noi, c’era una relazione vera. Gli altri, invece, restavano distanti”. Un dettaglio che dice tutto su cosa significasse lavorare in Olivetti: essere parte di una comunità, non solo di un’impresa. E proprio questo è il punto su cui ha insistito di più: l’attualità delle lezioni di Adriano.
Non sono solo ricordi del passato, ma strumenti per costruire un’industria e una società migliori. “Rileggere oggi le parole di Olivetti ci permette di comprendere quanto fosse avanti, quanto i suoi valori siano ancora oggi fondamentali”. Esposito ha poi lanciato una sfida agli studenti: “Siate coerenti, assertivi e determinati per creare qualcosa di nuovo”. Un invito a non fermarsi, a prendere in mano il testimone di un’idea imprenditoriale che metteva le persone al centro. E, infine, il valore più grande: l’emozione. “Se sono qui e vi parlo, è perché sto ricevendo tanto da voi. Questa non è solo una lezione: è un’occasione per fare comunità, per crescere insieme”.
Un lungo applauso ha chiuso la giornata. Perché, forse, il sogno di Olivetti non è mai svanito davvero.
Lucia Esposito
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Ateneapoli – n. 4 – 2025 – Pagina 18-19