Malgrado il blocco di tutte le attività causa Covid, molte biblioteche universitarie si sono impegnate per garantire a docenti, ricercatori, dottorandi e studenti la possibilità di compiere ricerche attraverso piattaforme e servizi online. A distanza di quasi un anno, però, le limitazioni continuano a gravare duramente sul mondo accademico incidendo sulla produttività di coloro che – per ricerca tesi o per la pubblicazione di articoli – hanno necessità di reperire materiali bibliografici. In alcune biblioteche della città, come ad esempio la Biblioteca di Area Umanistica (BRAU) dell’Università Federico II, dall’8 gennaio scorso è stato ripristinato parzialmente il servizio di consultazione e prestito. Se si va a perlustrare, però, la situazione nel dettaglio, permangono angoli oscuri e criticità. “I disagi sono cominciati quando il personale delle biblioteche, come tutto il comparto tecnico-amministrativo delle Università, è stato trasferito in smart working. Esiste sì per ogni Ateneo napoletano una collezione digitale del patrimonio bibliografico ma quest’ultima non compensa la ricchezza dei cataloghi contenuti in loco. Molte risorse continuano a essere dopo un anno temporaneamente non fruibili”, parla Gabriella Iannicelli, studentessa di Filologia Moderna. Inoltre, la chiusura delle biblioteche avvenuta lo scorso anno – sulla scia degli altri luoghi di cultura, come musei e archivi storici – ha reso impossibile il lavoro di consultazione in sede. “Non ci si può aspettare che uno studente possa spendere più della metà dei propri soldi per l’acquisto di libri necessari a portare a termine un saggio”, continua. Va anche sollevato, a tal proposito, il caso dei dottorandi ‘senza borsa’, “categoria che andrebbe del tutto abolita”, sottolinea Giusy de L’Orientale, “perché svolge a titolo gratuito un lavoro per cui altri – idonei come loro – vengono retribuiti”. Quanto alle risorse elettroniche, una tra tutti Academia.edu, e adesso con la Federico II lo strumento FedSearch, occorre far presente che non contengono monografie ma solo fonti secondarie e queste ultime “in nessun modo possono compensare la lettura e lo studio del libro da cui i saggi sono tratti”. È dall’inizio dell’anno che, intanto, sono ripresi in alcuni luoghi – come la Biblioteca Nazionale di Napoli – i servizi di consultazione, prestito e restituzione, i quali verranno erogati esclusivamente su appuntamento previa prenotazione tramite mail. “L’accettazione non è immediata anche perché le richieste sono moltissime, per cui si rischia di ricevere un appuntamento tardivo, che in ogni caso andrebbe assolutamente rispettato, dato che i servizi bibliotecari del territorio hanno richiesto agli utenti la massima precisione di orario per evitare code e assembramenti”, prosegue Giusy. Non sono perciò consentiti ingressi a più persone per volta e occorrono dei tempi per espletare tutta la procedura: esibire la mail in cui si dà notifica dell’appuntamento, indossare la mascherina (e guanti monouso per la consultazione di materiali antichi) e, infine, sottoporsi al controllo della temperatura. Controlli che si attengono a una solerte scrupolosità ai fini di una gestione del servizio in piena sicurezza. “Tutto deve essere motivato con un’apposita autorizzazione e in alcuni casi c’è necessità anche di una lettera del docente responsabile di un progetto di ricerca”, spiega Alessandra Cardone, laureanda in Scienze e Tecniche Psicologiche alla Federico II. Un altro danno è che “non si possa utilizzare le biblioteche come aule studio o sale lettura quindi la consultazione – che in circostanze normali richiederebbe tempi lunghi, se non la ricerca di ulteriori manuali – deve invece essere rapida per consentire il ricambio di persone. Gli ingressi sono limitati a un massimo di 30 utenti al giorno, scaglionati in orari differenziati. A volte ci si scoraggia e si preferisce restare a casa. Spaventa immaginare anche quanti studenti siano rimasti bloccati da questa situazione”.
Anche i libri vanno in quarantena
Intervengono alcuni studenti de L’Orientale. “Da ottobre con le biblioteche chiuse abbiamo perso molto tempo a cercare di reperire i testi per la tesi. Per la consultazione di un atlante linguistico continuo a ricevere appuntamento ‘a data da stabilirsi’. L’Ateneo potrebbe intervenire con una proroga dell’anno accademico e la rispettiva dilazione delle sessioni di laurea, visti i vari impedimenti, ma la decisione sulle Università pubbliche dipende dai vertici del governo”, insiste Nunzia Santomassimo, studentessa di Mediazione Linguistica e Culturale. La ricerca, peraltro, può attenersi ai soli documenti prenotati: “Non è possibile consultare materiale librario per cui prima non si sia inoltrata una specifica richiesta, motivando il proprio piano di studi e in alcuni casi anche lo stato dell’arte della stessa ricerca”. Nelle mail d’accordo con il personale, inoltre, “dal momento che il materiale bibliografico in alcuni casi non può essere oggetto di prestito – come ad esempio accade per manoscritti rari o vocabolari storici (che hanno diverse edizioni, un valore pregiato e anche un certo peso) – l’utente deve concordare in anticipo il tempo di permanenza nei locali entro il quale deve avvenire la consultazione e che, ribadisco, non è perfettamente programmabile”. Per i materiali che invece è possibile prendere a prestito, “anche qui bisogna concordare il periodo di restituzione di ciascun volume, conoscendo in anticipo la nuova regola: ossia che anche i libri vanno in quarantena con un isolamento preventivo di quattro giorni, prima di ritornare disponibili per il prestito. E ci è stato detto che nessuno può toccarli prima di questa scadenza”, riprende Gabriella. Quanto al prestito mensile, “sta diventando sempre più una chimera, poiché in genere è più facilmente concesso ai docenti anziché agli studenti, a meno che questi non appartengano a categorie protette o esplicitino gravi difficoltà negli spostamenti”. Infine, anche la possibilità del prestito bibliotecario rimane sospesa in attesa di conoscere le nuove disposizioni ministeriali. “È davvero triste pensare che lì dove i libri sono gratuiti il primo atteggiamento del Governo sia chiudere, mentre le librerie, dove appunto i libri si pagano, sono state tra le prime attività a riaprire per scongiurare una crisi del settore editoriale”. Per ora rimane attiva la piattaforma ‘Universities SHARE’ (Scholarly Heritage and Access to Research) che mette in collegamento i servizi bibliotecari forniti dalle cinque università partenopee – L’Orientale, Federico II, Parthenope, Vanvitelli, Suor Orsola Benincasa – con in aggiunta gli Atenei del Sannio, della Basilicata e del Salento. Nel caso della Biblioteca Nazionale, lì dove si dovesse presentare la necessità di una consulenza bibliografica, occorre prenotare un incontro virtuale con il personale oppure contattarlo via chat. Gli stessi impiegati si sono attivati con tutorial video o con iniziative di prestito a domicilio in forma di delivery service. Tuttavia, “continuiamo a chiederci finché si potrà andare avanti con i servizi depotenziati che hanno messo in evidenza oltre che la disfunzione di molte strutture – le biblioteche comunali, ad esempio – anche l’agonia della professione del ricercatore di discipline umanistiche, il più penalizzato, che a volte è costretto a spendere per lavorare, dello studente quasi ‘superfluo’ e talvolta di condizioni di lavoro precarie o gravi carenze di organico”, ribadisce Giusy. E conclude: “Se le grandi strutture riusciranno a restare in piedi, bisognerà accendere i riflettori sui posti che hanno chiuso (per esempio, associazioni che disponevano di biblioteche fornite al loro interno) perché non potevano più pagare il personale né disporre di risorse per la sanificazione degli spazi”. La conclusione resta questa: l’accesso alla cultura deve essere un servizio essenziale, soprattutto per persone economicamente svantaggiate. “Insieme alla scuola andranno gradualmente riaperte ma in sicurezza anche Università, teatri, musei e biblioteche: dovrebbero essere le priorità della politica di questo governo che sembra però in questo momento avere altro a cui pensare”.
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