Green Farm “una iniziativa che è nata a scuola e poi è andata all’Università”

Ha più di settanta anni di storia ed al suo interno si svolgono ricerche e studi nell’ambito dell’agricoltura. È il Centro di Sperimentazione, azienda pilota di Castelvolturno. Dal 2001 ha come responsabile Vincenzo Di Meo, laurea in Agraria e dottorato di ricerca in Chimica agraria proprio sull’azienda del casertano. Si estende per circa 43 ettari suddivisi tra Centro Aziendale, Podere Fiorillo e Vecchio Campo. Il Centro è ora protagonista di un progetto finalizzato a garantirne l’autosufficienza tramite l’applicazione di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili. Prevede l’installazione di un impianto fotovoltaico da 45 pannelli (già posizionato), di un piccolo solare termico, di un pirogassificatore di piccole dimensioni per bruciare le biomasse. Il tutto, insieme all’impianto di compostaggio già attivo, per dare vita ad un modello di economia circolare che valorizzi anche gli scarti. Il progetto si chiama Green Farm e nasce da una intesa tra varie realtà. C’è il Dipartimento di Agraria, ovviamente, che è diretto dal prof. Matteo Lorito. C’è poi Graded spa, la società che ha come amministratore Vito Grassi ed opera nell’ambito della realizzazione e progettazione di soluzioni energetiche. Ancora, fa parte della squadra un’altra azienda, che si chiama Cmd ed è in provincia di Caserta. Graded fornisce l’impianto fotovoltaico ed il solare termico, Cmd il pirogassificatore. Ci sono, poi, due strutture del Cnr: l’Istituto motori e l’Istituto ricerche sulla combustione. Responsabile scientifico di Green Farm è la professoressa Stefania De Pascale, che insegna Floricoltura ed Orticoltura ad Agraria. Il responsabile tecnico è Michele Cecere, di Graded (settore delle energie rinnovabili). L’iniziativa è stata finanziata per circa 5 milioni di euro dal Ministero dello Sviluppo economico, nell’ambito di un progetto operativo nazionale (Pon). “Questa storia per Graded – racconta Cecere – parte da lontano. Alcuni anni fa partecipavamo al progetto ‘Studiare l’impresa, l’impresa di studiare’. Si accoppiavano 12 aziende e 12 scuole. Io ero uno dei docenti che andavano negli istituti a parlare di efficientamento energetico. Nel 2014 eravamo accoppiati con il Righi di Fuorigrotta e ci venne l’idea di una fattoria verde, un’azienda nella quale i ragazzi immaginarono di installare una serie di impianti di produzione energetica. La proposta fu premiata ad Expo 2015, l’esposizione universale che si svolse a Milano. Rimanemmo con gli studenti che saremmo tornati ad Expo Dubai 2020 con un progetto realizzato. Cominciò la ricerca di un’azienda che ci desse la possibilità di regalarle  impianti per tirare fuori i numeri. Conosco la prof.ssa De Pascale da anni e le raccontai questa storia. Lei ne parlò con il prof. Lorito, il quale si innamorò della iniziativa e venne fuori l’accordo tra Graded ed Agraria”. Successivamente è spuntato il bando ministeriale “che ci ha permesso di partire. Green Farm, insomma, è una iniziativa che è nata a scuola e poi è andata all’Università. L’idea è semplice: ti faccio produrre tanta energia in più rispetto al fabbisogno, in modo che tu sia stimolato ad una diversa produzione agricola più sostenibile, per esempio, con serre riscaldate da fonti rinnovabili”. 
L’obiettivo di mettere a disposizione del Centro Sperimentale della Federico II energia pulita, peraltro, non esaurisce il progetto. “L’azienda di Castelvolturno – sottolinea la prof.ssa De Pascale – diventerà un esempio di applicazione dei principi della economia circolare attraverso la trasformazione dei rifiuti in risorse. In questo svolgeranno un ruolo significativo sia l’impianto di compostaggio che esiste già, sia il pirogassificatore che brucerà biomasse. In particolare quelle che arriveranno dai terreni abbandonati nei dintorni delle aziende e scarti organici. La nostra idea è che il Centro sperimentale diventi per le realtà agricole circostanti la dimostrazione che si possono applicare tecnologie virtuose in agricoltura aumentando la efficienza del processo e trasformando gli scarti in risorse. Il residuo del pirogassificatore, per esempio, sarà  impiegato a sua volta come biostimolante, ammendante e fertilizzante. L’impianto brucerà biomasse di varia natura: erbacee, arbustive e legnose provenienti dagli scarti di potatura. La sua caratteristica sarà proprio di essere di piccole dimensioni – per questo può essere spostato e messo al servizio di serre piuttosto che di processi di essiccamento – e di potere utilizzare tipologia di biomasse differenti”. Castelvolturno, territorio per certi aspetti piuttosto maltrattato, “può diventare anche un posto per trasferire innovazioni relativamente all’utilizzo di fonti energetiche per l’agricoltura. Vogliamo dimostrare che è possibile una agricoltura sostenibile anche in un contesto difficile e che questi cicli virtuosi possono essere facilmente applicati in agricoltura. Comportano efficienza e vanno a beneficio degli imprenditori agricoli in termini economici. Il fotovoltaico applicato su alcuni edifici bene esposti, per esempio, ha già portato grossi vantaggi”. 
È una storia lunga, si diceva, quella del Centro di Castelvolturno. “Nacque – racconta il responsabile Di Meo – negli anni del secondo dopoguerra. È un’azienda essenzialmente coltivata a foraggere e nell’ambito della quale si svolgono varie attività di ricerca. Ci sono campi, per esempio, nei quali coltiviamo sempre le stesse specie da oltre venti anni per verificare quali siano gli effetti sulla sostanza organica. In questa ottica di sperimentazione è stato attivato anche l’impianto pilota di compostaggio nel quale il prof. Piccolo porta avanti tutti gli esperimenti relativi alla caratteristica dei vari tipi di compost provenienti da diverse matrici organiche. Il prodotto, un ammendante, è utilizzato in azienda e non venduto”. Nell’azienda lavorano stabilmente solo due persone: Di Meo ed un operaio. C’è poi uno stagionale che presta servizio per circa sei mesi. “Adesso – dice  Di Meo – verrà dal 15 giugno e resterà con noi fino alla fine di dicembre. Portiamo avanti le attività non senza difficoltà, per i problemi di organico. Facciamo i salti mortali. L’Azienda, però, è in attivo, riusciamo a coprire tutte le spese. Fino agli anni Settanta, qui a Castelvolturno c’erano anche bovini, campionesse di bovini da latte. La presenza di animali, però, richiedeva troppa manodopera rispetto a quella che era disponibile e, per questo, ormai da alcuni decenni non ce ne sono più”. 
 
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