La passione rosa per il pallone

“Per me Maradona è un’autorità morale e religiosa”. Parola di donna. Ha avuto la sua guest star il secondo appuntamento del seminario “Kick Off. Introduzione allo studio del calcio da una prospettiva sociologica”, tenutosi il 10 aprile e incentrato sul tema “Che genere di sport. Il calcio al femminile a Napoli”. A catalizzare l’attenzione degli studenti presenti nell’aula T-3 del Dipartimento di Scienze Sociali, infatti, è stata una tifosissima della squadra napoletana di calcio, blogger, giornalista (scrive, tra l’altro, per la testata sportiva “Il Napolista”): Anna Trieste. È toccato a lei il compito di parlare “del tifo e dell’invasione femminile degli stadi”. Così, con toni degni dei suoi “TopOmmWeek” – commenti goliardici su partite e calciatori – ha raccontato le novità del calcio in rosa. “Perché, perché la domenica mi lasci sempre sola?”. Il celebre motivetto intonato dalla cantante Rita Pavone negli anni ‘60 è stato il punto di partenza della sua argomentazione: “oggi, tra anticipi e posticipi, si gioca tutti i giorni. Per le donne, andare a vedere la partita di pallone è diventato un fatto di necessità per stare con il proprio partner”. Con buona pace, quindi, dell’ostracismo condotto dal mondo maschile, sempre pronto a sfoderare l’arma “fuorigioco” – una delle regole di questo sport – per mettere in discussione le capacità cognitive delle donne di fronte a un rettangolo verde. Pregiudizi nel cassetto. Oggi allo stadio vanno tre tipi di signore. C’è chi si “comporta esattamente come i maschi”, chi “va sugli spalti per spogliarsi” e chi “come me, ci va perché crede che il calcio sia lo sport più bello del mondo”. Insomma, “se i maschi vogliono stare da soli, devono affidarsi a Masterchef, perché lì cucinano solo uomini. Per il calcio ci siamo anche noi”. Questo oggi. Non era così, però, qualche anno fa, quando la prof.ssa Enrica Morlicchio, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro, da giovanissima, ha visto presto infrangersi i suoi sogni di emulare l’allora attaccante del Cagliari Gigi Riva. Riferimenti biografici a parte, l’altra relatrice della giornata si è soffermata sulle dimensioni sociologiche delle relazioni di genere e dello sport. Occhi puntati su “interessi economici nel calcio”, su “sport come strumento di politica sociale e come stimolo per mantenere uno stile di vita sano” .Ma perché tanta attenzione al calcio vissuto dal gentil sesso? A spiegarlo è stato il curatore del progetto, il professore di Sociologia generale Luca Bifulco: “stiamo portando avanti iniziative di studio sul calcio come indicatore per comprendere fenomeni e trasformazioni sociali più ampie. Oggi ne parliamo al femminile non solo per capire come si struttura questo sport con le donne, ma anche per comprendere come questa passione abbia raggiunto il pubblico in rosa”. Ad affiancarlo in questo studio, il suo collega Francesco Pirone, che ha aggiunto: “il governo ha aperto il calcio alle donne, ma lo ha fatto attraverso un meccanismo di assimilazione, cercando di incorporare in una istituzione maschilistica la pratica di uno sport al femminile, senza tener conto delle differenze di genere”. Non sono mancati esempi di chi vive quotidianamente il mondo del pallone. Tra i relatori, infatti, c’erano anche Antonio Piccolo e Patrizia Palumbo, che hanno portato la testimonianza del Dream Team Arci Scampia, squadra al femminile che si allena e gioca nella periferia nord di Napoli: “il nostro è un progetto di vita. Il calcio è uno strumento per far capire a molte ragazze in situazioni problematiche che c’è anche un altro modo di vivere”. Un modo non privo di difficoltà. Proprio su queste si è soffermato Carlo Zazzera, addetto stampa del Napoli Calcio Carpisa Yamamay: “nel calcio femminile ci sono seri problemi comunicativi. È quasi impossibile…
 
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 6/2015)
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