Si è conclusa la prima parte del Seminario permanente 2025 Pensiero e Poesia, promosso dal Dipartimento e curato dalla prof.ssa Simona Venezia, Coordinatrice del Corso di Laurea Triennale in Filosofia. Un progetto interdisciplinare che, nello scorso maggio, ha accolto due tra i massimi filosofi italiani, Roberto Esposito e Carlo Sini, insieme a poeti del Terzo millennio.
“Incontri molto diversi – racconta la prof.ssa Venezia – ma uniti da una stessa urgenza: interrogare la responsabilità del linguaggio”. Esposito ha riflettuto sul concetto di istituzione, inteso non solo in senso giuridico o sociale, ma come atto linguistico e fondamento della convivenza umana. “La parola – ha detto – è la prima istituzione” e ha invitato ad una cura attenta del linguaggio come gesto politico, soprattutto nell’epoca dell’intelligenza artificiale. Su un altro piano, ma in sintonia ideale, l’intervento di Carlo Sini – “Maestro indiscusso” – ha riportato la filosofia al suo carattere originario: “non astrazione, ma forma di vita e di discorso che tiene vivo il legame tra pensiero, istituzioni e generazioni”.
Il seminario si è arricchito anche con una nuova sezione, Poesia dei Vent’anni. Inventarsi una generazione, inaugurata con la partecipazione di Giorgiomaria Cornelio e Mattia Tarantino: “Poeti con una cultura profonda e una rara capacità di toccare corde autentiche. Hanno mostrato quanto sia forte il bisogno di parola fra i ventenni”. Un incontro che ha segnato anche una presa di posizione: “L’università è abitata perlopiù da ventenni: parlano per sostenere esami o per ottenere crediti formativi, ma raramente sono davvero ascoltati. Invece sono il cuore pulsante della vita accademica.
Non ho concesso loro la parola: se la sono presa, con forza e visione. Ed è stato meraviglioso”. Parola, nome, senso: questi i nuclei tematici che attraversano l’intero seminario. “I poeti danno i nomi. Un nome è un atto relazionale, ma altrettanto importante è ciò che resta senza nome”. Un’idea che trova eco anche in un verso dello stesso Cornelio: ‘Il nome è la revoca del nome’. “La parola – prosegue la docente – è ciò che nomina e ciò che manca. La poesia intercetta proprio questa mancanza come domanda di senso”.
Filosofi e poeti, dunque, sono accomunati dalla cura del linguaggio, intesa come gesto etico e politico. “Si tratta di un atto di responsabilità, una difesa del senso contro l’uniformità, soprattutto in un’epoca come la nostra. Heidegger scriveva che l’etica è la cura della parola: un’attenzione che tiene viva la pluralità e la libertà del pensiero”.
Il ciclo riprenderà dopo l’estate, con nuovi appuntamenti da ottobre a dicembre. “Due giovani poetesse saranno protagoniste del prossimo incontro – anticipa Venezia – Ci teniamo molto: i loro nomi saranno presto svelati. Invito tutti a restare aggiornati attraverso i canali ufficiali dell’Ateneo”.
Giovanna Forino
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Ateneapoli – n. 10 – 2025 – Pagina 21