Smartphone e “il terrore di rimanere senza connessione”

Smartphone e “il terrore di rimanere senza connessione”

Due filoni di studi a Psicologia Dinamica

Nell’ambito della cattedra di Psicologia dinamica del prof. Massimiliano Sommantico, sono stati lanciati due filoni di ricerca su temi di cogente attualità. Il primo sull’utilizzo dello smartphone e dei social media nei giovani adulti (18 – 35 anni); il secondo sull’omogenitorialità nella popolazione LGBTQ+. Una raccolta dati aperta – al momento alla sua fase preliminare, con 350 soggetti raggiunti a proposito del device e circa 150 sull’altro fronte – che non si fermerà fin quando la massa di informazioni non sarà sufficiente per analisi ed interpretazioni. Tuttavia, c’è già qualche spunto interessante. “Finora, in base ai dati disponibili – spiega Sommantico, alla testa del team di ricerca che comprende la dottoranda Marina La Catena e il tirocinante Ferdinando Ramagliaabbiamo verificato che gli studenti universitari di molti Paesi subiscono ansia, stress e depressione quando c’è un utilizzo eccessivo, tanto dello smartphone quanto dei social. Il vero nodo, però, pare essere un altro: il terrore di rimanere senza connessione.

Un’assenza che assumerebbe i contorni di una crisi di astinenza; un sentirsi tagliati fuori da una presunta comunità – solo virtuale – e quindi “senza alcun contatto”. E infatti alcuni dati più o meno recenti sembrerebbero dare manforte a questa prima avvisaglia. Secondo il Global Digital Report del maggio 2022, a cura dell’agenzia We Are Social, per 60 milioni e 320 italiani, infatti, ci sono ben 78 milioni e 220 mila telefonini. Cioè più di uno a testa. Ancora: nel 2022 gli italiani connessi a internet sono aumentati di quasi un milione, arrivando a toccare quota 50 milioni e 850 mila, cioè l’84,3% del totale. Ultimo dato interessante, quello sugli iscritti ai social network: 43 milioni e 200 mila, il 71,6% del totale, con un aumento consistente di ben 2 milioni e 200 mila rispetto all’anno precedente. Sommantico, a tal proposito, è pessimista su una possibile regolamentazione dell’utilizzo di questi device: “Difficile da immaginare, perché si dovrebbe cambiare il modo di rapportarsi, essendo passato sul social e sul virtuale. Ho tanti amici o contatti, quanti più like e messaggi riesco a incamerare”. Tutt’altro che di minore portata l’altro filone di ricerca sull’omogenitorialità. Qui, l’obiettivo del docente ècomprendere come giochino alcune variabili rispetto al desiderio di genitorialità, con particolare riferimento a gay e lesbiche”. Nessuna discriminazione rispetto agli altri membri della comunità LGBTQ+, ma una conseguenza materiale dello stato di avanzamento culturale del nostro Paese: “Se c’è la vaga possibilità di diventare genitori per gay e lesbiche, per tutti gli altri, purtroppo, al momento è quasi impensabile”. Dunque, i fattori che attirano l’attenzione del team sono “la soddisfazione di coppia e l’attaccamento, in senso positivo, e lo stigma sessuale internalizzato che ha invece un effetto negativo rispetto al diventare genitori. Tutti elementi poco esplorati dalla ricerca in Italia”. I primi risultati – anche in questo caso solo preliminari – fanno emergere “una cosa strana, sulla quale riflettere”. Cioè, persone che vivono una situazione di coppia soddisfacente sono meno motivati ad avere figli. Per questo filone di ricerca, come per tutti gli altri del resto, Sommantico ribadisce una convinzione. “Sono del parere che tutte le forme di diritto possibili e immaginabili debbano essere portate avanti”. Tuttavia, e conclude, “sgomberando il campo da elementi eccessivamente ideologici”.

Claudio Tranchino

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